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Salute

Nel mondo oltre un miliardo di obesi, è un’epidemia

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Oltre un miliardo di persone nel mondo soffrono di obesità e i numeri sono quelli di un’epidemia. Secondo l’analisi globale pubblicata sulla rivista The Lancet in vista della Giornata mondiale dell’obesità del 4 marzo, riferita a dati del 2022, sono 159 milioni i bambini e gli adolescenti obesi e 879 milioni gli adulti. I numeri, rilevno gli autori della ricerca, sono in costante aumento. “E’ importante prevenire e gestire l’obesità dalla prima infanzia all’età adulta, attraverso dieta, attività fisica e cure adeguate, se necessario”, osserva Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Per affrontare il fenomeno, aggiunge, “è necessario il lavoro di governi e comunità, supportati dall’Oms e delle agenzie nazionali di sanità pubblica. Serve la collaborazione del settore privato, che deve essere responsabile degli impatti sulla salute dei loro prodotti”.

La diffusione dell’obesità nei bambini è un problema particolarmente sentito in Italia, che l’ultimo rapporto dell’Ufficio Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità su obesità e infanzia colloca al quarto posto in Europa per prevalenza di sovrappeso e obesità. L’attenzione è alta anche perchè all’obesità si somma facilmente il rischio del diabete. “Un bambino obeso ha il 75%-80%di probabilità di diventare un adulto obeso ad alto rischio di diabete”, osserva Angelo Avogaro, presidente della Società Italiana di Diabetologia. Obesità e diabete, prosegue, sono “due parole ormai strettamente correlate, al punto da esser definite con il solo termine di ‘diabesità’. Il primo autore della ricerca pubblicata su The Lancet, Majid Ezzati dell’Imperial College di Londra, rileva che “è molto preoccupante che l’epidemia di obesità abbia colpito anche i bambini in età scolare e gli adolescenti, mentre centinaia di milioni soffrono ancora di sottonutrizione. E’ vitale – aggiunge – migliorare significativamente la disponibilità di cibi sani e nutrienti e renderli accessibili”.

I dati riportati sulla rivista indicano che dal 1990 al 2022 la percentuale dei bambini e gli adolescenti obesi nel mondo è più che quadruplicata tra le ragazze (dall’1,7% al 6,9%) e tra i ragazzi (dal 2,1% al 9,3%). E’ un aumento, osservano gli autori della ricerca, che si riscontra in quasi tutti i Paesi. Bambini e adolescenti colpiti da obesità sono passati dai 31 milioni del 1990 a quasi di 160 milioni nel 2022. Di questi, le ragazze sono 65 milioni e i ragazzi 94 milioni. Nello stesso periodo l’obesità è aumentata anche negli adulti: passando da 195 milioni (128 milioni di donne e 67 milioni di uomini) a quasi 880 milioni (504 milioni di donne e 374 milioni di uomini). Sempre dal 1990 al 2022 la popolazione sottopeso è diminuita di circa un quinto tra le ragazze (dal 10,3% all’8,2%), e di oltre un terzo tra i ragazzi (dal 16,7% al 10,8%) ed è più che dimezzata negli adulti, passando dal 14,5% al 7% nelle donne; e dal 13,7% al 6,2% negli uomini.

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Economia

Con farmaci no brand 6 miliardi di risparmi alla sanità dal 2012

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Grazie ai farmaci senza brevetto il Servizio Sanitario nazionale ha risparmiato oltre 6 miliardi in 12 anni. Solo per i farmaci di classe A, ovvero quelli interamente rimborsati, ipotizzando che tutte le confezioni di equivalenti dispensate nel 2023 fossero state vendute ai prezzi dei brand, la spesa farmaceutica sarebbe aumentata di 460 milioni di euro. E dal 2012 ad oggi la cifra avrebbe raggiunto i 6,25 miliardi. Il ruolo dei farmaci equivalenti per la sanità pubblica emerge dall’Osservatorio Nomisma 2024 sul “Sistema dei farmaci equivalenti in Italia” presentato a Roma, in un evento che ha visto la partecipazione delle istituzioni, dell’industria e degli operatori del mondo sanitario. Il rapporto mette in guardia dal rischio di ‘take for granted’, ovvero di dare per scontato questo comparto, che è oggi in sofferenza per l’impennata dei costi di produzione e gli oneri che pesano sulle imprese che producono i cosiddetti ‘generici’.

“Il quadro è più allarmante rispetto al passato – ha spiegato Lucio Poma, chief economist di Nomisma (nella foto Imagoeconomica in evidenza) – . Ci siamo chiesti cosa accadrebbe se i medicinali fuori brevetto scomparissero del tutto. La questione chiave è che gli equivalenti rappresentano un pilastro insostituibile del servizio sanitario del Paese, i cui benefici sono però sottostimati o ignorati”. E un indebolimento del sistema, ha proseguito Poma, “si tradurrebbe nell’aumento esponenziale del fenomeno delle carenze di farmaci, nella mancata accessibilità ai medicinali da parte delle classi meno abbienti e nell’impossibilità di sostenere le cure di alcune malattie croniche”. Per le aziende la prima vera sfida è quella della sostenibilità industriale. “In quest’ottica – ha commentato il presidente di Egualia, Stefano Collatina – è indispensabile che venga ripreso il confronto sulla governance farmaceutica, che è prioritaria e chiediamo che in questo ragionamento sia considerata centrale la sostenibilità di tutti i farmaci a basso costo di uso consolidato”.

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Da inizio anno 17 epidemie potenzialmente pericolose

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Dal virus di Marburg al vaiolo delle scimmie, dall’influenza aviaria alla dengue, nel 2024 si sono già verificati 17 focolai di epidemie pericolose, che ci ricordano “la vulnerabilità del mondo alle pandemie”. Lo scrive l’Organizzazione mondiale della Sanità in un rapporto presentato al Summit mondiale della Salute a Berlino. Mentre il direttore generale dell’Oms Tedros Ghebreyesus punta il dito contro la disinformazione: “durante la pandemia di Covid-19 le falsità su mascherine, vaccini e lockdown si sono diffuse rapidamente quanto il virus e sono state quasi altrettanto mortali”. E ora stanno “rallentando l’adesione al nuovo Piano pandemico dell’Oms”. Il rapporto, realizzato del Global Preparedness Monitoring Board, delinea 15 fattori chiave del rischio di pandemia, classificati in cinque gruppi: sociale, tecnologico, ambientale, economico e politico.

Un grande ruolo lo svolge la crescente probabilità di contagio tra esseri umani in un mondo sempre più interconnesso: basti pensare che nel 2023 sono stati registrati 36,8 milioni di voli aerei, con oltre quattro miliardi di passeggeri. Questo fattore, unito al surriscaldamento globale, ha facilitato la diffusione di malattie come la dengue o il virus Zika, trasmesse dalle zanzare Aedes aegypti, anche alle nostre latitudini, come dimostra il recente focolaio a Fano, nelle Marche, e i casi di infezione da virus del Nilo occidentale segnalati da 14 paesi europei, inclusa l’Italia. Tra le principali minacce identificate dall’Oms, la mancanza di fiducia negli operatori sanitari, che ha pesato molto nella diffusione del virus Ebola in Africa occidentale. Ma anche l’aumentare degli allevamenti intensivi, che favoriscono il diffondersi di patogeni come quello dell’aviaria H5n1, che ha fatto il salto di specie dagli uccelli alle mucche ed è stato individuato anche in alcuni casi nell’uomo. Mentre a maggio un’epidemia di tubercolosi ha portato a un’emergenza sanitaria a Long Beach, California. Una minaccia sono poi i conflitti violenti, “che registrano il livello più critico dalla fine della seconda guerra mondiale”: “colpiscono circa 2 miliardi di persone, con oltre 117 milioni di sfollati dalle loro case nel 2023” e hanno un impatto diretto sulla diffusione di malattie infettive.

Lo dimostrano i casi di poliomielite a Gaza e l’epidemia di mpox, o vaiolo delle scimmie, in Congo, di cui nel 2024, sono stati segnalati in Africa oltre 34.000 casi, ma anche 1.046 casi nell’Unione Europea. A pesare è poi la diffusione di fakenews che, ha sottolineato il direttore generale dell’Oms, “ha contribuito alla sfiducia nei vaccini” e oggi continua a minare i negoziati sull’Accordo Pandemico messo a punto dall’Oms che i governi stanno sottoscrivendo. “Media, celebrità, influencer e politici – ha detto Ghebreyesus – hanno diffuso false affermazioni secondo cui l’accordo farà cedere parte della sovranità nazionale all’Oms. Queste affermazioni sono del tutto false”. Il piano punta invece a “garantire che i servizi sanitari essenziali siano disponibili per tutti”, in particolare per le fasce le più svantaggiate, e “garantire che i piani di risposta alle pandemie siano regolarmente rivisti e flessibili”. Prerequisito a tutto questo, però, ha concluso Ghebreyesus, ricordando i conflitti in Ciad, a Gaza e in Ucraina è “la pace, che resta la migliore medicina”.

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Arrivano gli infermieri prescrittori, i medici protestano

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“Prescrizione infermieristica”. Sono bastate queste due parole per far esplodere le polemiche tra medici e infermieri. La scintilla è stata l’annuncio da parte del ministro della Salute dell’istituzione di tre nuovi percorsi di specializzazione per gli infermieri. In questo ambito si concretizzerà la possibilità per l’infermiere di prescrivere alcuni trattamenti assistenziali.

La Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi) esulta: è “una svolta epocale, attesa da anni” che “finalizza un modello di assistenza infermieristica disegnato sulle reali necessità dei cittadini”, afferma in una nota. La notizia, però, non è piaciuta ai medici. “Siamo sconcertati e rammaricati per non essere stati interpellati, così come prevederebbe la legge, a tutela della salute pubblica, su questa delicata materia, che presuppone un passaggio di competenze specialistiche”, ha commentato a caldo il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli (nella foto in evidenza).

A seguire hanno rincarato la dose i sindacati medici Anaao Assomed, Cimo-Fesmed, Fimmg e Sumai: l'”ennesimo blitz perpetuato in spregio a un preliminare confronto con i medici cui, di fatto, sono attribuite inequivocabili prerogative nella diagnosi e terapia”, hanno affermato in una nota congiunta. Il Sindacato Medici Italiani (Smi) ha parlato della misura come di un modo per “traslare competenze mediche verso professioni a più basso costo, che hanno avuto una formazione che è costata di meno”.

Prova a gettare acqua sul fuoco la Fnopi: “La possibilità di prescrizione che viene riconosciuta agli infermieri riguarda presìdi e ausili e tutto quanto legato al processo di assistenza infermieristica”, chiarisce la presidente Fnopi Barbara Mangiacavalli. Dunque, non farmaci.

Nel concreto parliamo, per esempio, di che risposta dare in caso di incontinenza urinaria o di un’ulcera da decubito o di come gestire la sacca per una stomia (l’apertura sull’addome che può essere richiesta da interventi chirurgici). In questi ambiti, gli infermieri rivendicano la possibilità di fare “diagnosi infermieristica, vale a dire la definizione di un bisogno di assistenza infermieristica in capo al paziente”, spiega Mangiacavalli. Un’attività che, in parte, già oggi avviene.

“Negli ambulatori dedicati, sono gli infermieri che si prendono cura delle stomie, individuano il dispositivo più adatto al paziente e poi indicano cosa serve al paziente (e qualcun altro lo scrive)”, illustra con un esempio Mangiacavalli. Lo stesso avviene spesso sul territorio: “In questo caso il referente è il medico di famiglia”, aggiunge.

Si tratterebbe di riconoscere all’infermiere la competenza di comprendere il bisogno e decidere in autonomia in questo ambito, prescrivendo il presidio, come già avviene in molti Paesi europei. In ogni caso, “l’istituzione delle lauree magistrali non è qualcosa che si concretizzerà domani. Ci vorrà almeno un anno e mezzo per arrivare a qualcosa di concreto: tempo utile per trovare equilibri e sinergie”, conclude Mangiacavalli.

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