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Politica

Sulle identificazioni a Milano scontro Pd-Piantedosi

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Essere identificati “non è un dato che comprime una qualche libertà personale”. Diventa un caso politico l’identificazione delle persone che ieri si sono trovate a Milano nei giardini dedicati ad Anna Politkovskaya per commemorare Alexei Navalny. E la risposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non ha placato la protesta del parlamentare Dem Filippo Sensi che ha annunciato il deposito di un’interpellanza “per capire le ragioni” dopo che anche oggi un’altra donna è stata identificata per un motivo simile davanti al consolato russo di Genova: “È capitato pure a me nella vita di essere identificato – ha spiegato Piantedosi – è una operazione che si fa normalmente nei dispositivi di sicurezza per il controllo del territorio. Mi è stato riferito che il personale non avesse piena consapevolezza”. La Lega, con il senatore Gianluca Cantalamessa e il deputato Luca Toccalini, difende l’operato del ministro e rivela che tra gli identificati c’è l’ex brigatista Alberto Franceschini.

“Per noi al primo posto c’è la sicurezza del Paese, per altri evidentemente gli insulti” dice Cantalamessa, capogruppo leghista in commissione Antimafia a Palazzo Madama. Anche il Coisp, sindacato di polizia, si schiera al fianco del ministro sottolineando che le identificazioni di Milano “non sono procedure anomale”, semmai “procedure standard che rappresentano una garanza per tutti i cittadini”. E in serata dalla Questura è arrivata la precisazione che gli agenti erano sul posto perché l’iniziativa era stata segnalata con una mail senza l’indicazione dell’orario o del documento di chi ha fatto la segnalazione. “L’intervento della pattuglia, che si è trovata di fronte ad un gruppo di persone, a fronte delle tre preannunciate, era finalizzato semplicemente a verificare con esattezza l’identità del promotore; la contemporanea identificazione di tutti i presenti, effettuata d’iniziativa dagli operanti per un eccesso di zelo – hanno assicurato da via Fatebenefratelli -, non aveva alcuna finalità di impedire l’esercizio delle libertà dei partecipanti all’iniziativa. “Magari non c’è stata compressione di libertà, ma c’è stata un’incomprensione. Qui dove siamo, a Mosca o a Milano?”, la replica di Marina Davydova, portavoce dell’associazione Annaviva, identificata ieri ” e oggi tornata con altri nello stesso luogo a deporre dei fiori per Navalny.

“Al nostro arrivo siamo rimasti ammutoliti e basiti dalla presenza di tre agenti della Digos – hanno spiegato dall’associazione – che si sono presentati chiedendoci i documenti e l’indirizzo di residenza. Non abbiamo fatto nulla di male e siamo rimasti stupefatti”. “Mi risulta che i manifestanti, una decina, abbiano trovato già in loco degli agenti Digos – ha chiesto Sensi -. Perché? Avevano avuto istruzioni in tal senso? Erano persone che portavano un fiore. Il nostro è uno Stato di diritto, non di polizia”. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha invitato tutti a “non strumentalizzare normali operazioni di controllo”, difendendo Piantedosi e l’operato delle forze dell’ordine. “Mi pare che il ministro abbia dato una spiegazione che ha la sua logica – ha osservato il sindaco Giuseppe Sala -, dopodiché è chiaro che in questo momento sarebbe bene togliere tensione al tutto ed evitare che nascano fraintendimenti” A Milano in serata il consiglio comunale è stato interrotto per permettere ai consiglieri di partecipare a un presidio in piazza Scala, mentre a Torino si è svolto un flashmob sotto il comune. Bipartisan l’imponente manifestazione di Roma con presenze bipartisan. i Radicali hanno spiegato che la loro petizione per cambiare il nome della via dell’ambasciata della Federazione russa a Roma da via Gaeta a via Aleksej Navalny ha già raccolto oltre mille firme. Una proposta analoga è stata presentata anche dai consiglieri comunali di Italia Viva chiedendo “a tutte le forze politiche di sottoscriverla”.

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Politica

M5S: Verso una rivoluzione interna, in discussione il ruolo di Grillo come garante

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Il Movimento 5 Stelle si prepara a una fase di profonda riflessione interna. Nel dibattito che precede l’assemblea costituente prevista per il 23 e 24 novembre a Roma, emergono temi cruciali che potrebbero cambiare radicalmente la struttura e l’identità del partito. Al centro del confronto c’è la possibile riduzione o eliminazione del ruolo del garante, carica attualmente ricoperta da Beppe Grillo, storico fondatore del Movimento.

La questione del garante

Il documento preparatorio, elaborato dalla società Avventura urbana, pone al centro del dibattito la possibilità di ridurre i poteri del garante o eliminarlo del tutto. Questo cambiamento potrebbe modificare l’architettura decisionale del M5S, concentrandosi su processi più collegiali e sulla redistribuzione del potere all’interno del partito. Non solo il ruolo di Grillo è in bilico, ma anche la possibilità di cambiare il nome e il simbolo del Movimento, per riflettere nuove priorità ideologiche.

Le dinamiche interne e il ruolo di Conte

Mentre il ruolo di Grillo è oggetto di discussione, il potere del presidente, attualmente ricoperto da Giuseppe Conte, non sembra in pericolo. Il dibattito, però, si focalizza anche su un’eventuale riduzione dei poteri del presidente per favorire decisioni più condivise. Questo aspetto è delicato, soprattutto considerando l’importanza di Conte nel guidare il M5S in una nuova fase politica.

Le modifiche statutarie

A complicare ulteriormente il quadro, vi sono le modifiche allo Statuto e al Codice etico suggerite dal costituzionalista Michele Ainis. Il principio cardine è che le decisioni dell’assemblea degli iscritti dovrebbero prevalere su qualsiasi intervento del garante o del comitato di garanzia. In pratica, questo potrebbe limitare ulteriormente il potere di Grillo e del suo entourage.

Il futuro del M5S

Con l’assemblea costituente alle porte, i 330 delegati sorteggiati affronteranno una serie di questioni decisive per il futuro del M5S. L’esito delle votazioni potrebbe segnare una svolta epocale per il partito, con la rimozione del garante come uno degli scenari più significativi. Resta da vedere se Grillo deciderà di intervenire o se lascerà che il processo democratico interno faccia il suo corso.

 

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Economia

Allarme Mattarella, preoccupano precariato e salari bassi

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“I dati dell’occupazione in Italia segnano una crescita che conforta”. Con questa premessa il presidente della Repubblica riconosce i dati dell’Istat ma va più a fondo di quanto da giorni si limita a sottolineare la maggioranza. Ci sono nel Paese reale, sottolinea Sergio Mattarella, parlando al Quirinale davanti alla ministra del Lavoro Elvira Calderone, evidenti segni di disagio determinati dal precariato diffuso e dalla piaga dei salari troppo bassi che portano milioni di cittadini ad entrare nella categoria del “lavoro povero”.

Infatti il capo dello Stato, ricevendo al Quirinale i premiati con “le Stelle del lavoro”, si concentra su un’analisi cruda della situazione: “l’occupazione si sta frammentando, tra una fascia alta, in cui a qualità e professionalità corrispondono buone retribuzioni, mentre in basso si creano sacche di salari insufficienti, alimentati anche da part-time involontario, e da precarietà. Si tratta di un elemento di preoccupante lacerazione della coesione sociale”.

Una preoccupazione tira l’altra e il presidente parla anche di discriminazioni territoriali e così facendo, pur senza nominarla, fa capire che il warning è diretto alla riforma dell’Autonomia: “le Regioni – in base all’art. 120 – non possono adottare provvedimenti che ostacolino, in qualsiasi modo, la libera circolazione delle persone e delle cose; e – aggiunge – neppure limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale”. Sono Sanità pubblica e lavoro quindi i crucci di Mattarella che proprio in questi giorni sta battendo sull’importanza di mantenere quel modello sociale di “Welfare universalistico” che affonda le sue radici nella costituzione repubblicana.

“Con il lavoro, con l’apporto decisivo delle organizzazioni dei lavoratori, si è costruito – sottolinea – il welfare italiano, elemento basilare dei diritti di cittadinanza”. L’obiettivo della classe politica deve essere, per il presidente, sempre quello di raggiungere “la massima occupazione possibile” ma senza dimenticare la qualità del lavoro e soprattutto la sicurezza la cui mancanza in Italia è diventata “una piaga intollerabile”: “la vita delle persone – ricorda agli imprenditori – vale immensamente più di ogni profitto, interesse o vantaggio produttivo”.

Oltre alla qualità del lavoro ed al basso livello di sicurezza purtroppo in Italia permane un ulteriore intollerabile elemento che è la condizione in cui sono tenuti gli immigrati “sovente esposti a uno sfruttamento spietato, inconciliabile con la nostra civiltà”. Un j’accuse che non poteva che chiudersi con un richiamo finale, che il presidente da anni reitera in ogni occasione, sulla questione femminile. La Costituzione “stabilisce – all’art. 37 – che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, deve avere le stesse retribuzioni che spettano ai loro colleghi di genere maschile. Sappiamo che il cammino per giungere al rispetto di questo principio è tuttora da concludere ma va ricordata questa prescrizione e il conseguente dovere delle istituzioni di operare per renderla ovunque effettiva”.

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Politica

Endorsement Vannacci per Bucci, “una decima per Marco”

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In una campagna elettorale che sembra non finire mai e che gira sempre sui temi del porto, della sanità, della legalità e del lavoro, irrompe il generale Roberto Vannacci che alla Spezia ha aperto il suo intervento con una gaffe e una provocazione: “Non sono spezzino perché alla Spezia sono solo nato. Ma se esistesse lo ius soli, come vorrebbe la sinistra – ha ironizzato -, allora lo sarei”. Il luogo di nascita, ha proseguito il generale, “potrebbe essere solo il luogo dove in quel momento uno si trova, ma non trasmette quello che invece trasmettono famiglia, sangue, tradizioni, storia. Voi siete liguri e vi riconoscete in quelle che sono le peculiarità del gruppo sociale che rappresentate. Chi si oppone al centrodestra in Liguria – ha quindi avvertito -l’identità ligure vorrebbe cancellarla, dicendo che siamo tutti uguali, vorrebbe aprire le frontiere”. Vannacci non poteva non parlare dei temi caldi di questa campagna elettorale come l’immigrazione e la microcriminalità, per poi lanciarsi nel vero e proprio appello al voto a favore di Bucci, consigliando di fare la Decima (la X, ovviamente) nel posto giusto.

“Vogliamo un’amministrazione che non ha mai cercato di favorire la costruzione di infrastrutture? – ha chiesto Vannacci – Che si è opposta alla costruzione della Gronda? Che si oppone all’ingrandimento del porto di Genova? Che ci vieti di usare le nostre auto e ci imponga di spendere per comprare auto elettriche? In Liguria dobbiamo vincere a tutti i costi. Mi raccomando la ‘decima’ fatela nel posto giusto”. Ma la giornata è lunga e non finisce con i ‘mot à dire’ di Vannacci. Andrea Orlando, tra i tanti temi discussi (e in particolare modo la sanità, sulla quale controbatte spesso il suo competitor Marco Bucci) è tornato a ventilare l’ombra lunga dell’ex governatore Giovanni Toti dietro al candidato Bucci.

“È nostro dovere ricordare ai liguri che votando Bucci voteranno il terzo mandato di Toti e il proseguimento di tutto quello che è stata la sua esperienza di governo, dal collasso della sanità pubblica in giù – ha detto Orlando -. E questo a prescindere dalla vicenda giudiziaria, anche se sinceramente dopo essere stato il ministro della Giustizia che ha firmato il 41 bis per Provenzano e Riina, ha approvato il Codice antimafia ancora vigente, reintrodotto il reato di falso in bilancio e il reato di autoriciclaggio, a fare finta di niente su certe cose non ci sto, e sono ancora convinto la gran parte dei liguri non si siano assuefatti ancora a certe pratiche”. Poi l’affondo parlando di quel ‘Modello Liguria’ che è stato spesso motivo di vanto e slogan perfetto nella campagna elettorale del centrodestra. ‘Fantomatico’ lo ha definito Orlando, un ‘modello’ che sappiamo benissimo non essere praticabile per il futuro” e che è “diventato ormai un brand negativo”.

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