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Lavoro

Occupati al top, ma 1.041 morti sul lavoro nel 2023

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Cresce ancora il fronte degli occupati, che a dicembre toccano un nuovo record: sono 23 milioni 754mila le persone con un posto nell’ultimo mese del 2023, un numero che non si era mai visto nelle relative serie storiche Istat e che il governo rivendica. Un anno, dunque, che vede una serie di rialzi, ma che sul fronte degli infortuni conta ancora oltre mille morti sul lavoro. In tutto 1.041 le denunce arrivate all’Inail in dodici mesi, in calo rispetto al 2022 e agli anni precedenti fino al pre-Covid. Ma ancora troppi, come denunciano da più parti. Per l’occupazione quello di dicembre è il quinto aumento consecutivo: il tasso sale al 61,9%. Allo stesso tempo, come fotografano i dati Istat, la disoccupazione scende al 7,2% (il livello più basso da dicembre 2008), quella giovanile al 20,1% (ai minimi da luglio 2007).

Un andamento positivo su cui però influisce in parte anche l’aumento degli inattivi, ovvero delle persone che non hanno un impiego e neppure lo cercano. La platea dei senza lavoro così si riduce. Il bilancio in dodici mesi vede così 456mila occupati in più, trainati per la quasi totalità dai dipendenti a tempo indeterminato, mentre calano quelli a termine. Un risultato su cui si sofferma la ministra del Lavoro, Marina Calderone: sta crescendo “la tendenza alla stabilizzazione”. Resta il tema dell’occupazione giovanile e delle donne, che – rimarca – è “una necessità” aumentare.

“Avanti” così, commenta il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, “Siamo sulla strada giusta”, dice anche il ministro delle Imprese e made in Italy, Adolfo Urso. L’incremento dell’occupazione contribuisce “alla tenuta dei redditi e dei consumi”, sottolinea Confesercenti. Confcommercio evidenzia la dinamica positiva ma anche le criticità dall’aumento degli inattivi, soprattutto donne. E resta aperto il tema dei rinnovi dei contratti e del recupero pieno del potere d’acquisto. Perché, di fatto, le retribuzioni vanno più lente dell’inflazione. Nella media del 2023 sono cresciute del 3,1% rispetto all’anno precedente. Contro una dinamica annua dei prezzi (Ipca) al +5,9%. Quasi il doppio. Comunque, sottolinea l’Istat, la distanza si riduce a circa tre punti percentuali, meno della metà di quella osservata nel 2022.

Questo gap, sottolineano dall’altra parte i sindacati e i consumatori, va a braccetto con i ritardi nei rinnovi contrattuali. I contratti in attesa di essere rinnovati a fine dicembre sono 29, dalla Pa ai servizi privati, e coinvolgono circa 6,5 milioni di dipendenti (il 52,4%), indica ancora l’Istat. E sale l’attesa: il tempo medio è aumentato dai 20,5 mesi di gennaio 2023 ai 32,2 mesi di dicembre 2023. Rinnovi su cui spingono i sindacati, che tornano anche sulla questione della salute e sicurezza sul lavoro. Tante le vite perse nelle fabbriche, nei cantieri, nei campi, per strada. “Troppe, inaccettabili per un Paese che si definisce civile”, attacca la Uil con la segretaria confederale Ivana Veronese.

Le denunce di infortunio presentate all’Inail tra gennaio e dicembre scorsi sono state oltre 585mila (-16,1% rispetto al 2022), di cui 1.041 mortali (-4,5%), invece risultano ancora in aumento le malattie professionali, quasi 73mila (+19,7%). Il calo degli infortuni è dovuto quasi esclusivamente al minor impatto dei casi Covid. E tra gli incidenti mortali, diminuiscono quelli in itinere, ovvero quelli avvenuti nel tragitto casa-lavoro (scesi da 300 a 242), mentre aumentano quelli avvenuti in occasione di lavoro (da 790 a 799). I dati restano “allarmanti”, afferma la Cisl con il segretario confederale della Cisl, Mattia Pirulli. Calderone rimarca “l’impegno” di governo e ministero per ridurre gli infortuni, puntando sulla prevenzione e formazione, sull’aumento dei controlli e sugli investimenti. I dati Istat segnalano infine il calo del fatturato dell’industria a novembre (-1% nel confronto mensile, -3,4% sull’anno).

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Economia

In 6 mesi 28mila in pensione con meno di 60 anni

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Circa la metà delle persone che vanno in pensione anticipata lo fa prima di aver compiuto 62 anni, mentre circa il 28% va a riposo prima di averne compiuti 60: gli assegni di pensione anticipata con decorrenza prima dei 60 anni, emerge dal Monitoraggio sui flussi di pensionamento riferito al primo semestre 2024, sono stati 27.962 su 99.707 pensioni anticipate complessive decorrenti nel periodo. Il dato è legato al lavoro precoce e al canale di uscita che consente il pensionamento una volta raggiunti i 42 anni e 10 mesi di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica e attesi i tre mesi di finestra mobile previsti.

Il numero più consistente è quello dei lavoratori dipendenti del settore privato con 17.074 pensioni anticipate erogate prima dei 60 anni con il 33% del totale. Le pensioni anticipate erogate prima dei 62 anni, età soglia per potere accedere a Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi oltre a 7 mesi di finestra mobile nel privato e 9 nel pubblico) sono circa la metà delle anticipate e il peso si può intuire dall’età media delle pensioni anticipate.

Ad eccezione di quelle della gestione dei commercianti che hanno un’età media alla decorrenza di 62 anni, emerge sempre dal Monitoraggio sui primo semestre 2024, le altre pensioni anticipate restano ampiamente al di sotto dei 62 anni con i dipendenti del settore privato a 61,2 anni, i coltivatori diretti a 61,1, gli artigiani a 61,3 e i pubblici a 61,7. Se si guarda all’intero 2023, a fronte di 228.570 pensioni anticipate con decorrenza nell’intero anno ce ne sono state 62.267 erogate prima dei 60 anni (27,2% del totale) mentre circa la metà nel complesso (oltre 100mila) hanno riguardato persone con meno di 62 anni.

A parte i dipendenti pubblici e i commercianti che avevano con un’età media alla decorrenza delle anticipate rispettivamente di 62,2 anni e di 62,1 anni per gli altri l’età media è sotto i 62 con i dipendenti del settore privato a 61,1. Se si intervenisse sulla finestra mobile per chi va in pensione indipendentemente dall’età, una delle ipotesi all’esame dei tecnici in vista della legge di Bilancio, la platea delle persone colpite in un anno dal prolungamento sarebbe di almeno 100mila unità, ma potrebbe sfiorare le 200mila se il canale di uscita prevalente a fronte della stretta sulle altre misure a partire da Quota 103 fosse i 42 anni e 10 mesi di contributi.

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Economia

Più posti al bando per infermieri e fisioterapisti, quasi 36.000

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Futuri infermieri, ostetriche, fisioterapisti e, per la prima volta, anche osteopati. I bandi per i corsi di Laurea delle professioni sanitarie quest’anno prevedono circa 35.900 posti, in aumento del 3.9% rispetto ai 34.450 dello scorso anno. In vista dell’esame di ammissione (che per i 41 atenei statali sarà il 5 settembre) nelle università italiane agosto è il mese in cui scade il termine per la presentazione delle domande. Se finora è scaduto il termine di accettazione per 22 atenei (tra cui La Sapienza), la prossima scadenza è domani, martedì 27 agosto, e riguarda le Università di Milano Bicocca, Brescia, Padova, Genova, Parma, Chieti, Napoli Campania, Napoli Federico II, Napoli Parthenope e Sassari. Mercoledì 28 è la volta delle Università di Firenze, Roma Tor Vergata, Bari e Lecce. Giovedì 29 per l’Università di Campobasso e venerdì 30 per quella di Cagliari; infine sabato 31 ultima a chiudere, è l’Università di Foggia.

“A queste – spiega Angelo Mastrillo, docente in Organizzazione delle Professioni Sanitarie all’Università di Bologna – si aggiungono le università private, fra cui la Cattolica, che ha il maggior numero di posti a bando fra le private: ben 845 su 12 Corsi, distribuiti fra le Regioni Piemonte, Lombardia, Bolzano, Lazio e Basilicata”. Negli anni passati il rapporto era di quasi due domande per un posto a bando, considerando la media delle 22 professioni, ma con ampie differenze. “In dettaglio nel 2023 – aggiunge Mastrillo – il rapporto più alto era stato per fisioterapista con 6,8, logopedista 4,7, ostetrica 4,3 e dietista 3,7. A seguire tutte le altre 18, fra cui infermiere con 20 mila posti a bando e rapporto di 1,1 differenziato fra 0,9 nelle Università del Centro-Nord e quasi 2 nelle Università del Sud”. In generale per tutte le professioni sanitarie, gli sbocchi occupazionali sono relativamente certi e in tempi brevi. “Come evidenziato dai dati di AlmaLaurea, il tasso occupazionale è del 77% per le Professioni sanitarie, pari al doppio del 39% della media di tutte le aree disciplinari”, conclude Mastrillo.

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Economia

Da ingegnere a estetista, tutti i lavoratori che non si trovano

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Tanto lavoro ma pochi lavoratori: ad agosto le imprese cercano 315 mila dipendenti, il 7,5% in più rispetto all’anno scorso, ma nella metà dei casi faticano a trovarli. È questa la fotografia scattata dal bollettino del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali, che elabora le previsioni occupazionali di questo mese. Il report, in particolare, segnala come alcune figure professionali non si riescano proprio a trovare. Le aziende lo lamentano nel 48,9% dei casi, confermando che i motivi principali sono l’assenza di candidati e la loro preparazione inadeguata.

A mancare sono soprattutto gli ingegneri, a cui si aggiungono gli insegnanti di scuola primaria e pre-primaria. In difficoltà anche le professioni tecniche, dove scarseggia personale nel campo ingegneristico e tecnici della salute. Estetisti, addetti della ristorazione, operai specializzati nelle rifiniture delle costruzioni, e poi fonditori, saldatori, lattonieri, calderai e montatori di carpenteria metallica sono altre figure professionali di cui c’è disperato bisogno.

A fronte di queste lacune la domanda di lavoratori aumenta, non solo per il mese di agosto, ma anche sul lungo termine: da qui a ottobre se ne cercheranno il 2,3% in più rispetto al periodo analogo del 2023. Le opportunità sono tante e arrivano soprattutto dai settori del turismo e del commercio, oltre che dai comparti delle costruzioni e delle industrie alimentari, di bevande e di tabacco.

“Questa situazione è causata da un disallineamento tra percorsi formativi e bisogni del sistema produttivo”, ha spiegato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, “per risolverla bisogna agire sulla formazione e l’informazione dei giovani perché sappiano dove è più facile che verranno soddisfatte le loro giuste aspirazioni”.

A pesare su questo mismatch è anche il problema della denatalità e, ha aggiunto Prete, “nel breve periodo uno sforzo importante di programmazione dei flussi migratori potrà certamente aiutare”. Le imprese, infatti, sono alla ricerca di lavoratori immigrati per coprire il 21,8% dei contratti programmati nel mese di agosto. La manodopera straniera è richiesta soprattutto nei servizi a imprese e persone, nel trasporto, nella logistica, nel magazzinaggio, nella metallurgia, nell’alimentare e nella ristorazione.

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