I grandi risarcimenti collettivi imposti alle società minerarie coinvolte nei due peggiori disastri ambientali della storia del Brasile rischiano di mascherare l’impunità per i responsabili della morte di quasi 300 persone e del danno irreparabile alla salute pubblica e all’ambiente in un’ampia regione del Paese. Per questo la notizia della condanna per le società minerarie Vale, Bhp e Samarco a pagare 47,6 miliardi di real (circa nove miliardi di euro) per i danni collettivi causati dalla rottura della diga di Fundão a Mariana non è stata accolta con favore.
“Le istituzioni cercano di creare un’immagine positiva di qualcosa che non esiste. La riparazione totale non è arrivata. Si tratta di un accordo che si limita solo alla riparazione dei danni collettivi e resta lontano dall’aspetto penale e dalle responsabilità individuali”, ha detto la presidente del Movimento delle persone colpite dalle dighe (Mab), Joceli Andrioli. Per le associazioni delle vittime di Mariana e Brumadinho – municipi dello stato di Minas Gerais che sorgono a pochi chilometri di distanza sul terreno più ricco di ferro al mondo – mentre le imprese promettono risarcimenti miliardari, gli imputati affrontano infatti processi lentissimi che potrebbero concludersi con la maggior parte delle accuse prescritte.
A causa del cedimento di un bacino di decantazione della miniera oltre 39 milioni di metri cubi di fango contaminato travolsero intere comunità lungo il bacino del fiume Doce, raggiungendo la sua foce nello stato di Espírito Santo. Nella catastrofe morirono 19 persone e centinaia rimasero senzatetto. Per la tragedia nessuno dei 26 accusati è stato punito, 15 imputati sono già stati assolti e 11 ancora a processo. Destino simile quello di Brumadinho.
“La riparazione per noi è il riconoscimento della responsabilità penale e il cambiamento dell’attuale sistema minerario predatorio”, ha detto la presidente dell’Associazione delle famiglie delle vittime (Avabro) Andresa Rodrigues nel corso della manifestazione organizzata a 5 anni dalla tragedia. Il 25 gennaio del 2019 una vasca di laminazione nella miniera di ferro crollò causando complessivamente 270 vittime. Circa 12 milioni di metri cubi di fango di scarto ricchi di metalli pesanti e altri inquinanti si riversarono nella valle sottostante. A febbraio del 2021 la Vale ha firmato un accordo per un risarcimento collettivo del valore di 37,6 miliardi di real (5,8 miliardi di euro), mentre i responsabili della compagnia, quelli della società di consulenza tedesca Tuv Sud – che certificò la sicurezza delle strutture – e altre 16 persone indagate per il disastro sono stati rinviati a giudizio a gennaio 2023. Il processo non è stato fissato.