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Lavoro

Scattano aumenti ai medici, ora si guarda a nuovo status

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Aumenti e percorsi di carriera scatteranno a breve per i medici del Servizio sanitario nazionale. Il 23 gennaio, infatti all’Aran si procederà alla firma definitiva del contratto di lavoro 2019-2021 della Dirigenza medica e sanitaria, ma già si guarda alla prossima tornata contrattuale 2022-24 con i sindacati dei camici bianchi che chiedono anche un ripensamento sullo status della professione: “Chiediamo una sorta di Dirigenza speciale, come per i magistrati”, spiega Pierino Di Silverio, segretario del maggiore sindacato dei medici ospedalieri, l’Anaao Assomed. Con il nuovo contratto, in busta paga ci sarà un aumento medio di circa 250-290 euro lordi al mese e gli arretrati ammontano a circa 11mila euro lordi. Tra le novità, sono previsti percorsi di carriera ed un netto miglioramento delle condizioni di lavoro, con l’introduzione di un diritto che riconosce le ore lavorate in più e l’obbligo al loro recupero.

È stata introdotta per la prima volta una nuova indennità di specificità sanitaria per i profili diversi da quello medico e veterinario, e nel testo ha trovato spazio anche la disciplina del lavoro agile e del lavoro da remoto nonché l’assunzione dei dirigenti specializzandi a tempo determinato. Inoltre sono state introdotte le nuove indennità di pronto soccorso e di specificità sanitaria, in precedenza non previste. Sono state poi ampliate alcune tutele, ad esempio quelle concernenti le gravi patologie che necessitano di terapie salvavita, le misure in favore delle donne vittime di violenza, le diverse tipologie di assenze. Il contratto riguarda in totale 135mila camici bianchi del Ssn: 120.063 medici e 14.573 dirigenti sanitari non medici, e le risorse ammontano a 618 milioni di euro. La firma definitiva “segna un importante traguardo per Aran e sindacati – afferma il presidente dell’Aran, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, Antonio Naddeo -. Oltre ai significativi incrementi stipendiali, vi sono infatti una serie di previsioni normative innovative su orario di lavoro, pronte disponibilità e guardie, che permetteranno una migliore qualità della vita per i medici. Ora, guardiamo alla nuova tornata contrattuale 2022-2024, dove il settore sanità rappresenta una priorità per gli obiettivi fissati dal Governo”. Soddisfatto per la firma definitiva Di Silverio, che parla di un contratto “sicuramente migliorativo”.

“Ci sono luci ed ombre ma questo è senza dubbio un contratto positivo per vari aspetti. Infatti, abbiamo risolto il problema annoso dell’orario lavorativo eccedente, facilitato l’accesso alle carriere, ridotto la possibilità di utilizzare i medici come globetrotter costretti a spostarsi tra sedi lontane e introdotto e contrattualizzato gli specializzandi”. Insomma, “tante novità positive, anche se c’è ancora molto da lavorare per rendere questa professioni più attrattiva”. A partire dalla nuova tornata per il contratto 2022-24, per il quale le convocazioni non sono ancora partite. E su questo fronte Di Silverio è critico: “In Finanziaria sono stati stanziati circa 2,4 miliardi che dovranno però servire a coprire il nuovo contratto della dirigenza medica, quello del comparto Sanità ed anche i medici di medicina generale, benchè questi non facciano parte della Pubblica amministrazione (PA). Ovviamente queste risorse sono insufficienti, anche se comprendiamo come gli aumenti vadano spalmati su tutta la PA”.

Da qui una ‘proposta-provocazione’ da parte dell’Anaao: “Proponiamo che la Dirigenza medica diventi una sorta di ‘Dirigenza speciale’ sempre nell’ambito della PA, con uno status a sè, come ad esempio già accade per i magistrati”. Questo, chiarisce il leader sindacale, “implicherebbe che i per i dirigenti medici possano essere previste azioni diverse rispetto al resto della PA. Una Dirigenza speciale che consenta cioè un percorso distinto anche in relazione ad aumenti contrattuali e carriere, rendendo di fatto il contratto più libero”. “Abbiamo già contattato dei legali e ne stiamo discutendo. L’obiettivo è presentare al governo una nostra proposta per un modello – conclude Di Silverio – di professione più attuale”.

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In 6 mesi 28mila in pensione con meno di 60 anni

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Circa la metà delle persone che vanno in pensione anticipata lo fa prima di aver compiuto 62 anni, mentre circa il 28% va a riposo prima di averne compiuti 60: gli assegni di pensione anticipata con decorrenza prima dei 60 anni, emerge dal Monitoraggio sui flussi di pensionamento riferito al primo semestre 2024, sono stati 27.962 su 99.707 pensioni anticipate complessive decorrenti nel periodo. Il dato è legato al lavoro precoce e al canale di uscita che consente il pensionamento una volta raggiunti i 42 anni e 10 mesi di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica e attesi i tre mesi di finestra mobile previsti.

Il numero più consistente è quello dei lavoratori dipendenti del settore privato con 17.074 pensioni anticipate erogate prima dei 60 anni con il 33% del totale. Le pensioni anticipate erogate prima dei 62 anni, età soglia per potere accedere a Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi oltre a 7 mesi di finestra mobile nel privato e 9 nel pubblico) sono circa la metà delle anticipate e il peso si può intuire dall’età media delle pensioni anticipate.

Ad eccezione di quelle della gestione dei commercianti che hanno un’età media alla decorrenza di 62 anni, emerge sempre dal Monitoraggio sui primo semestre 2024, le altre pensioni anticipate restano ampiamente al di sotto dei 62 anni con i dipendenti del settore privato a 61,2 anni, i coltivatori diretti a 61,1, gli artigiani a 61,3 e i pubblici a 61,7. Se si guarda all’intero 2023, a fronte di 228.570 pensioni anticipate con decorrenza nell’intero anno ce ne sono state 62.267 erogate prima dei 60 anni (27,2% del totale) mentre circa la metà nel complesso (oltre 100mila) hanno riguardato persone con meno di 62 anni.

A parte i dipendenti pubblici e i commercianti che avevano con un’età media alla decorrenza delle anticipate rispettivamente di 62,2 anni e di 62,1 anni per gli altri l’età media è sotto i 62 con i dipendenti del settore privato a 61,1. Se si intervenisse sulla finestra mobile per chi va in pensione indipendentemente dall’età, una delle ipotesi all’esame dei tecnici in vista della legge di Bilancio, la platea delle persone colpite in un anno dal prolungamento sarebbe di almeno 100mila unità, ma potrebbe sfiorare le 200mila se il canale di uscita prevalente a fronte della stretta sulle altre misure a partire da Quota 103 fosse i 42 anni e 10 mesi di contributi.

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Economia

Più posti al bando per infermieri e fisioterapisti, quasi 36.000

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Futuri infermieri, ostetriche, fisioterapisti e, per la prima volta, anche osteopati. I bandi per i corsi di Laurea delle professioni sanitarie quest’anno prevedono circa 35.900 posti, in aumento del 3.9% rispetto ai 34.450 dello scorso anno. In vista dell’esame di ammissione (che per i 41 atenei statali sarà il 5 settembre) nelle università italiane agosto è il mese in cui scade il termine per la presentazione delle domande. Se finora è scaduto il termine di accettazione per 22 atenei (tra cui La Sapienza), la prossima scadenza è domani, martedì 27 agosto, e riguarda le Università di Milano Bicocca, Brescia, Padova, Genova, Parma, Chieti, Napoli Campania, Napoli Federico II, Napoli Parthenope e Sassari. Mercoledì 28 è la volta delle Università di Firenze, Roma Tor Vergata, Bari e Lecce. Giovedì 29 per l’Università di Campobasso e venerdì 30 per quella di Cagliari; infine sabato 31 ultima a chiudere, è l’Università di Foggia.

“A queste – spiega Angelo Mastrillo, docente in Organizzazione delle Professioni Sanitarie all’Università di Bologna – si aggiungono le università private, fra cui la Cattolica, che ha il maggior numero di posti a bando fra le private: ben 845 su 12 Corsi, distribuiti fra le Regioni Piemonte, Lombardia, Bolzano, Lazio e Basilicata”. Negli anni passati il rapporto era di quasi due domande per un posto a bando, considerando la media delle 22 professioni, ma con ampie differenze. “In dettaglio nel 2023 – aggiunge Mastrillo – il rapporto più alto era stato per fisioterapista con 6,8, logopedista 4,7, ostetrica 4,3 e dietista 3,7. A seguire tutte le altre 18, fra cui infermiere con 20 mila posti a bando e rapporto di 1,1 differenziato fra 0,9 nelle Università del Centro-Nord e quasi 2 nelle Università del Sud”. In generale per tutte le professioni sanitarie, gli sbocchi occupazionali sono relativamente certi e in tempi brevi. “Come evidenziato dai dati di AlmaLaurea, il tasso occupazionale è del 77% per le Professioni sanitarie, pari al doppio del 39% della media di tutte le aree disciplinari”, conclude Mastrillo.

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Economia

Da ingegnere a estetista, tutti i lavoratori che non si trovano

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Tanto lavoro ma pochi lavoratori: ad agosto le imprese cercano 315 mila dipendenti, il 7,5% in più rispetto all’anno scorso, ma nella metà dei casi faticano a trovarli. È questa la fotografia scattata dal bollettino del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali, che elabora le previsioni occupazionali di questo mese. Il report, in particolare, segnala come alcune figure professionali non si riescano proprio a trovare. Le aziende lo lamentano nel 48,9% dei casi, confermando che i motivi principali sono l’assenza di candidati e la loro preparazione inadeguata.

A mancare sono soprattutto gli ingegneri, a cui si aggiungono gli insegnanti di scuola primaria e pre-primaria. In difficoltà anche le professioni tecniche, dove scarseggia personale nel campo ingegneristico e tecnici della salute. Estetisti, addetti della ristorazione, operai specializzati nelle rifiniture delle costruzioni, e poi fonditori, saldatori, lattonieri, calderai e montatori di carpenteria metallica sono altre figure professionali di cui c’è disperato bisogno.

A fronte di queste lacune la domanda di lavoratori aumenta, non solo per il mese di agosto, ma anche sul lungo termine: da qui a ottobre se ne cercheranno il 2,3% in più rispetto al periodo analogo del 2023. Le opportunità sono tante e arrivano soprattutto dai settori del turismo e del commercio, oltre che dai comparti delle costruzioni e delle industrie alimentari, di bevande e di tabacco.

“Questa situazione è causata da un disallineamento tra percorsi formativi e bisogni del sistema produttivo”, ha spiegato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, “per risolverla bisogna agire sulla formazione e l’informazione dei giovani perché sappiano dove è più facile che verranno soddisfatte le loro giuste aspirazioni”.

A pesare su questo mismatch è anche il problema della denatalità e, ha aggiunto Prete, “nel breve periodo uno sforzo importante di programmazione dei flussi migratori potrà certamente aiutare”. Le imprese, infatti, sono alla ricerca di lavoratori immigrati per coprire il 21,8% dei contratti programmati nel mese di agosto. La manodopera straniera è richiesta soprattutto nei servizi a imprese e persone, nel trasporto, nella logistica, nel magazzinaggio, nella metallurgia, nell’alimentare e nella ristorazione.

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