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Politica

Quasi un medico su due pensa alla pensione anticipata

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Quasi la metà dei medici pensa di appendere in anticipo il camice bianco al chiodo soprattutto per evitare presenti e futuri tagli alle loro pensioni, ma anche a causa dei carichi di lavoro eccessivi. Più di un terzo, se tornasse indietro, non si iscriverebbe a medicina e oltre il 12% oggi pensa proprio di cambiare mestiere. Inoltre solo uno su 10 crede che gli straordinari meglio retribuiti possano risolvere il problema delle liste di attesa, che per il 41% si affronta assumendo personale.

A sondare l’umore dei medici, sempre più tentati di dire addio al servizio pubblico, è l’indagine condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione di camici bianchi di tutte le regioni italiane. Nella maggior parte dei casi si tratta di medici con molti anni di carriera alle spalle, mentre il 30% del campione lavora da meno di 10 anni nel Servizio sanitario nazionale. All’idea di ritirarsi in pensione prima del previsto pensa il 46%, una percentuale tale che se divenisse realtà anche solo nel 10% dei casi significherebbe l’uscita anticipata dagli ospedali di decine di migliaia di professionisti. La motivazione maggiore al pensionamento anticipato (57%) è la paura di un taglio all’assegno pensionistico, magari con misure retroattive, mentre il 30% indica gli eccessivi carichi di lavoro; la bassa retribuzione motiva invece poco più del 2% e la voglia di chiudere la carriera all’estero il 9%.

Ma anche chi non è in età da pensione, nel 38% dei casi valuta di lasciare il servizio pubblico: il 21% per andare nel privato, il 4% all’estero e un 12% di scoraggiati pensa di cambiare del tutto attività. Il 36% di intervistati poi alle condizioni attuali, potendo tornare indietro nel tempo, non farebbe più il medico. Restano tuttavia forti le motivazioni di chi si sente ancora legato al servizio pubblico, con il 59% che motiva la sua scelta con la coscienza di voler garantire a tutti il diritto alla salute, seguito dal 17% che percepisce ancora come un valore la sicurezza del posto di lavoro, mentre per il 13% a non sciogliere il legame con il Ssn è il fatto che le esigenze assistenziali nel pubblico vengano prima delle ragioni economiche. “L’indagine rivela, forse a sorpresa per chi non conosce a fondo la realtà medica, che per continuare a tenere legati i medici al servizio pubblico non sono tanto le più alte retribuzioni, che pur andrebbero almeno avvicinate a quelle europee, quanto piuttosto il miglioramento delle condizioni di lavoro e di carriera, oltre che la garanzia del rispetto dei diritti pensionistici acquisiti”, afferma il presidente di Fadoi, Francesco Dentali.

“Preoccupa quel 40% che pensa di lasciare il servizio pubblico, ma sono gli stessi medici nelle loro risposte a indicare la via della rinascita: un Ssn che torni a garantire a tutti il diritto alla salute, apponendo le esigenze assistenziali davanti a quelle economiche, indicate da oltre il 70% dei medici come elemento che ancora li lega al pubblico”. Il report analizza anche le criticità nei reparti di medicina interna, quelli che in media assorbono circa il 50% di tutti i ricoveri ospedalieri. Per la metà degli intervistati il problema numero uno resta la carenza di personale medico e infermieristico, soprattutto se rapportato alla intensità di cura medio-alta dei reparti di medicina interna, ancora classificati come reparti a bassa intensità di cura. La scarsa valorizzazione del medico di medicina interna nell’organizzazione del lavoro ospedaliero è invece segnalata da uno su tre. Quanto all’utilizzo degli specializzandi per coprire le carenze di organico, solo due su 10 pensano possano mettere a rischio la qualità dell’assistenza, per il 56% è utile purché svolgano le attività affiancati da un tutor.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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Trasporti, De Luca: investito un miliardo per rinnovo parco bus

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Millequattrocento autobus nuovi sui 1.800 programmati, per un investimento di quasi un miliardo di euro, sono già in esercizio sulle tratte coperte da Air Campania. Il dato lo fornisce il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, che oggi ha inaugurato ad Avellino la nuova sede dell’azienda interamente partecipata dalla Regione, con la consegna di cinque bus elettrici. “Un impegno enorme – ha sottolineato De Luca-: stiamo sostituendo l’intero parco dei mezzi pubblici, non soltanto per il trasporto su gomma, ma anche per quello ferroviario”. Su questo specifico settore, De Luca ha rimarcato lo “sforzo gigantesco” della regione: “Ora – ha aggiunto – attendiamo l’omologazione per la linea Circumvesuviana che collega Napoli a Sorrento per mettere in esercizio il nuovo treno che ci è stato appena consegnato. Su un altro fronte, abbiamo indetto un altro concorso e presto assumeremo 150 giovani”.

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