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Cronache

Beni sequestrati: Turi, azione degli amministratori determinante

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“Il ruolo del commercialista come amministratore giudiziario nelle aziende sequestrate è fondamentale perché ha le competenze tecniche e professionali affinché le stesse si possano salvare. Se l’azienda sequestrata ha una penetrazione importante da parte della malavita è più difficile che abbia in futuro. Se la malavita è entrata marginalmente, il compito dell’amministratore sarà molto più semplice. Con l’iniziativa odierna mettiamo in risalto questo ruolo in una regione come la Campania che, insieme a Lazio e Sicilia, detiene il 50% delle aziende sequestrate in Italia”.

Sono le parole di Eraldo Turi, presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di NAPOLI, che ha aperto i lavori del convegno “Problematiche gestionali di beni e aziende sequestrate. La realtà della Campania” promosso dall’Odcec di NAPOLI. Sul futuro delle aziende a rischio è intervenuto il senatore Francesco Silvestro (presidente della commissione Bicamerale per gli Affari regionali): “La Campania è al primo posto in Italia per strutture sequestrate. Solo in provincia di NAPOLI se ne contano oltre 1500. Il compito è quello di cercare di mantenerle attiva salvaguardando l’occupazione. Su questo punto molto devono fare gli enti locali lavorando in sinergia. A Ottaviano e Casalnuovo abbiamo molti esempi virtuosi in questo senso. L’indirizzo deve essere questo, vendere un bene confiscato alla mafia sarebbe una sconfitta dello Stato”.

Secondo Domenico Posca (Managing Partner Amministratori Giudiziari Network): “In Campania tra le aziende sequestrate, come risulta dai dati di Infocamere e AGN, abbiamo 600 imprese pienamente operative che sviluppano un fatturato di circa 1 miliardo di euro. I settori principalmente interessati sono il commercio e l’edilizia. Gestendo queste aziende si tende a tutelare questi posti di lavoro e, dove possibile, incrementarli. Per questo il ruolo degli amministratori è di fondamentale importanza per non depauperare ulteriormente i territori”. Sulle criticità del sistema di monitoraggio si è soffermato Domenico Tarantino (Infocamere): “Il quadro che emerge è di migliaia di aziende sequestrate, cifre in costante aumento. Le informazioni non sono ben strutturate e quindi scontiamo un ritardo nell’aggiornamento e nell’analisi dei dati con il rischio per alcune di queste aziende di non essere intercettate e costrette a cessare le attività”.

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Cronache

Abusi edilizi sanati, sei misure per corruzione a Roma

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Avrebbero perfezionato atti finalizzati al cambio di destinazione d’uso di alcuni immobili e a sanare abusi edilizi; realizzato certificazioni di collaudi e perizie su edifici, mai effettuati, utilizzando timbri d’ufficio e effettuando accessi abusivi a sistemi informatici catastali. Per questo il gip del tribunale di Roma, su richiesta della procura ha emesso un’ordinanza nei confronti di sei persone, tutte gravemente indiziate, a vario titolo, di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio, istigazione alla corruzione, falsa attestazione e certificazione, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico e soppressione, distruzione e occultamento di atti veri.

A eseguire i provvedimenti i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Eur. Due persone sono finite agli arresti domiciliari, per tre è scattato il divieto di esercitare una professione , accompagnato per una delle tre dall’obbligo di presentazione alla pg e contestuale mentre per l’ultimo indagato la misura è la sospensione dall’esercizio del pubblico servizio. Tra gli indagati anche una dipendente di una società di Roma Capitale, gravemente indiziata di avere effettuato vari accessi abusivi ai sistemi informatici.

Le indagini sono state avviate nel mese di settembre del 2020, a seguito della denuncia presentata ai Carabinieri dell’Eur da un dirigente della società “Risorse per Roma Spa”, in servizio presso l’Ufficio Condono Edilizio, che segnalava delle irregolarità riguardanti una pratica di condono relativa ad alcuni abusi edilizi realizzati su un immobile ubicato nel comune di Roma. In concomitanza, l’indagine riceveva impulso dagli sviluppi conseguenti all’analisi di un appunto manoscritto, sequestrato ad una incaricata di pubblico servizio, in cui erano riportati riferimenti a numeri di pratiche di condono con annotati, a fianco, alcuni importi che – anche in virtù dell’acquisizione documentale e delle dichiarazioni auto-eteroaccusatorie di un altro incaricato di pubblico servizio – sono stati ricondotti a somme di denaro riscosse o da riscuotere.

Tra i destinatari del provvedimento figurano, oltre alla dipendente di una società di Roma Capitale, una donna, all’epoca dei fatti impiegata di una società di Roma Capitale, gravemente indiziata di aver seguito le pratiche di condono e un’altra una donna gravemente indiziata di avere avuto la funzione di collegamento tra i privati, i liberi professionisti e i pubblici ufficiali per la risoluzione delle pratiche. Ci sono anche un ex dipendente dell’Ufficio Condono Edilizio, attualmente libero professionista, gravemente indiziato di essere l’autore della falsificazione di atti, al fine di far ottenere le sanatorie edilizie e due liberi professionisti, i quali, per conto di privati, sono gravemente indiziati di avere elargito somme in denaro ai pubblici ufficiali allo scopo di velocizzare le istruttorie.

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Cronache

Omicidio Mergellina: chiesto l’ergastolo per Francesco Pio Valda, accusato della morte di Francesco Pio Maimone

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La Corte d’Assise di Napoli è stata teatro di una requisitoria accesa e drammatica. Il pubblico ministero Antonella Fratello ha chiesto la pena dell’ergastolo per Francesco Pio Valda, ventenne di Barra, accusato di aver ucciso, la notte tra il 19 e il 20 marzo 2023, il diciottenne Francesco Pio Maimone con un colpo di pistola davanti agli chalet di Mergellina. Alla richiesta di condanna si aggiunge la proposta di due anni di isolamento carcerario per l’imputato.

Una ricostruzione drammatica

Secondo il pm, l’omicidio non sarebbe stato un atto isolato, ma un’azione deliberata per affermare il potere del clan Aprea-Valda nella zona degli chalet, area contesa da gruppi criminali. Durante la requisitoria, Fratello ha descritto Valda come un emergente boss camorrista che agiva con arroganza tanto sul territorio quanto sui social, utilizzati come mezzo per diffondere minacce e rivendicazioni.

L’imputato, collegato in videoconferenza da un carcere fuori regione, ha seguito la requisitoria in silenzio. Secondo quanto emerso dalle intercettazioni, Valda avrebbe agito con premeditazione, uscendo regolarmente armato con l’intento di creare situazioni di conflitto, come testimoniato da frasi registrate durante le indagini.

Le prove e il contesto sociale

Tra le prove presentate dal pm, sono stati ricordati:

  • Minacce diffuse sui social, comprese frasi di sfida come “brindiamo all’ergastolo” e “se va male è esperienza”.
  • Intercettazioni in cui emerge l’intenzione di uccidere, dimostrando un’assenza totale di rimorso per la morte di un innocente.
  • La continuità malavitosa del clan Aprea-Valda, con Valda che avrebbe assunto il comando dopo l’arresto del fratello Luigi.

Il magistrato ha evidenziato anche il ruolo svolto da amici e parenti dell’imputato, tutti inseriti nello stesso contesto camorristico.

Le condanne richieste per il clan

Oltre all’ergastolo per Francesco Pio Valda, il pm ha richiesto pene per altri membri del clan:

  • Giuseppina Valda (sorella di Valda) e Giuseppe Perna (zio): otto anni di carcere.
  • Giuseppina Niglio (nonna): sei anni.
  • Salvatore Mancini: tre anni.
  • Pasquale Saiz e Alessandra Clemente (cugina di Valda): otto anni e sei mesi.

Il dolore della famiglia Maimone

In aula, accanto al loro legale Sergio Pisani, erano presenti i genitori di Francesco Pio Maimone, distrutti dalla perdita del figlio. Suo padre, Antonio Maimone, ha dichiarato: “Concordiamo con la ricostruzione del pm. Crediamo nella giustizia e ci auguriamo che questa giornata rappresenti un segnale forte per tanti giovani. Speriamo sia un esempio in grado di mettere fine a tutti questi omicidi che stanno avvenendo a Napoli”.

Un segnale contro la violenza giovanile

L’omicidio di Francesco Pio Maimone non è solo una tragedia personale ma un simbolo della drammatica escalation di violenza giovanile a Napoli. La vicenda richiama l’urgenza di interventi che possano contrastare il fenomeno della criminalità organizzata e prevenire nuove tragedie.

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Giallo a Napoli, donna precipita dal 30° piano dell’hotel Ambassador: indagini in corso

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Un mistero avvolge la morte di una donna di 52 anni, precipitata dal trentesimo piano dell’hotel Ambassador in via Medina, nel cuore di Napoli. L’episodio, avvenuto ieri sera poco dopo le 20, ha lasciato sgomenti i numerosi passanti presenti nella zona, particolarmente affollata di auto e pedoni in quell’ora.

La dinamica della tragedia

La caduta si è interrotta al nono piano dell’edificio, dove la donna si è schiantata. La scena è stata notata da alcuni presenti, che hanno immediatamente allertato i soccorsi. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma non hanno potuto far altro che constatare il decesso della donna.

Non è ancora chiaro se si trattasse di un’ospite della struttura alberghiera o di una persona esterna all’hotel.

Indagini in corso per chiarire le cause

Il caso è ora al vaglio dei carabinieri di Napoli e degli agenti della Questura, che stanno cercando di risalire all’identità della vittima e ricostruire le circostanze della tragedia.

Secondo i primi rilievi, la donna avrebbe 52 anni, ma rimane ancora incerto se si tratti di un suicidio o di un’azione violenta, con la possibilità che sia stata spinta da qualcuno.

Una zona centrale sotto i riflettori

Via Medina, cuore pulsante del centro cittadino, si è trasformata in uno scenario di sgomento e tensione. Gli investigatori stanno esaminando le immagini delle telecamere di sorveglianza dell’hotel e ascoltando eventuali testimoni per ottenere maggiori dettagli sull’accaduto.

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