Il terzo giorno di tregua fra Israele e Hamas, dopo le tensioni di sabato che avevano fatto temere la ripresa delle ostilità, si è concluso senza intoppi: 14 israeliani e 3 thailandesi sono stati rilasciati e in cambio sono usciti dal carcere 39 detenuti palestinesi. Adesso l’obiettivo dei mediatori internazionali, a partire dagli Stati Uniti, è prolungare il cessate il fuoco oltre la scadenza di domani. Lo ha detto chiaramente Joe Biden, mentre la Casa Bianca ha annunciato una sua telefonata a Benyamin Netanyahu. Quanto ai due contendenti, anche Hamas si è detta disponibile ad un’estensione fino a 4 giorni. Il premier israeliano, invece, ha tenuto a sottolineare che i piani generali non cambiano.
Anzi, visitando le truppe nella Striscia, ha avvertito che si andrà avanti “fino alla vittoria”. La giornata è iniziata con i migliori auspici, perché Hamas ha consegnato a Israele la nuova lista di ostaggi da rilasciare. Nelle ore successive 14 israeliani e 3 cittadini thailandesi sono stati consegnati alla Croce Rossa, per poi essere trasferiti in territorio israeliano. Tra i nomi spicca quello di Avigail Idan, bimba israelo-americana di 4 anni rimasta orfana dopo l’attacco del 7 ottobre. Gli altri sono Elma Avraham (84), Aviva Adrian Siegal (62), Hagar Brodetz (40), Ofri Brodetz (10), Yuval Brodetz (8), Uriah Brodetz (4), Hen Goldstein-Almog (48), Agam Goldstein-Almog (17), Gal Goldstein-Almog (11), Tal Goldstein-Almog (8), Dafna Elyakim (15), Ela Elyakim (8). E c’è anche un 25enne con doppia nazionalità russa, Ron Kriboy: un “omaggio” a Vladimir Putin per la posizione russa nella questione palestinese, ha tenuto a sottolineare Hamas, decisa a puntellare la sua rete di protezione.
Stanno tutti bene tranne la donna più anziana, Elma, che è stata ricoverata in ospedale ma non rischia la vita. Stavolta Hamas non ha separato i nuclei familiari come era accaduto il giorno prima, ed anche questo è stato un segnale di non voler creare ostacoli. Quanto a Israele, ha rispettato la sua parte dell’accordo liberando 39 palestinesi, tutti minorenni. Nel frattempo 237 camion di aiuti e 7 cisterne di carburante sono entrati a Gaza dall’Egitto. Il numero più alto finora. Tre giorni senza combattimenti e raid hanno dato un po’ di sollievo agli oltre 2 milioni di abitanti di Gaza, la maggior parte dei quali sono stati costretti a lasciare le proprie case. Per questo motivo gli sforzi per un prolungamento della tregua sono più vivi che mai. Egitto e Qatar hanno continuato a parlare con Hamas e secondo una fonte vicina al movimento palestinese ci sarebbe la disponibilità ad un’ulteriore pausa da “due a quattro” giorni per “garantire il rilascio dai 20 ai 40 prigionieri israeliani”.
Il pressing su Israele è portato avanti soprattutto dagli Stati Uniti. Biden ha sottolineato che “l’accordo” tra le parti “sta funzionando” ed ha spiegato che il suo obiettivo è “estendere la pausa dei combattimenti oltre domani”. E dopo un nuovo colloquio tra il presidente e Netanyahu, il prossimo passo della diplomazia americana sarà una missione del segretario di Stato Antony Blinken in Israele. La quarta nel giro di un mese e mezzo, dall’inizio della guerra.
La posizione di Netanyahu, a prescindere da un prolungamento o meno della tregua, rimane comunque improntata alla linea dura nei confronti di Hamas. L’immagine mostrata al mondo, non a caso, è stata quella di un leader con elmetto e giubbotto antiproiettile mentre incontra le forze armate dislocate nel nord di Gaza. Ancora più chiaro il suo messaggio: “Noi andremo fino in fondo”. Che vuol dire non soltanto la liberazione di tutti gli ostaggi, ma anche “la distruzione di Hamas” e ottenere “la garanzia che Gaza non possa più rappresentare una minaccia per Israele”. Una minaccia ancora forte, secondo l’esercito. Alti funzionari militari ritengono che i miliziani della Striscia stiano sfruttando questa tregua per rinnovare le proprie forze e migliorare i piani per la prossima fase della guerra. La tensione d’altra parte resta alta anche in Cisgiordania: 6 palestinesi sono stati uccisi tra la notte e l’alba, secondo il ministero della Sanità palestinese.