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Economia

Accordo fatto dall’Abi per il contratto dei bancari, aumenti da 435 euro per 280 mila dipendenti

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L’iter per il rinnovo del contratto nazionale dei bancari, scaduto alla fine dello scorso anno, è oramai alle battute finali. Abi e sindacati hanno infatti trovato un accordo anche sulla parte economica grazie al quale i 280mila dipendenti delle banche italiane vedranno i propri stipendi aumentare in media di 435 euro al mese. In queste ore sono in corso le ultime verifiche dei testi e l’esame di eventuali emendamenti alla bozza e domani alle 17 l’Abi convocherà una riunione plenaria per illustrare ai sindacati il pacchetto definitivo contenente le nuove norme del contratto.

Successivamente i segretari generali di Fabi, First Cisl, Uilca e Unisin dovranno dare la loro approvazione, mentre Fisac Cgil dovrà fare un passaggio in più sottoponendo il testo dell’intesa al via libera da parte del consiglio generale. Una volta compiuto questo passaggio, la firma dell’accordo tra mondo bancario e sindacati potrebbe già avvenire tra giovedì e venerdì. La vertenza è stata sbloccata questa mattina dal Comitato affari sindacali e del lavoro dell’Associazione bancaria riunito in forma urgente e presieduto da Ilaria Dalla Riva che, dopo la riunione del Casl, ha incontrato “in ristretta” i segretari generali di Fabi, Lando Maria Sileoni, First Cisl, Riccardo Colombani, Fisac Cgil, Susy Esposito, Uilca, Fulvio Furlan, Unisin, Emilio Contrasto, comunicando la posizione del fronte bancario. Gli aumenti di stipendio decorreranno dall’1 dicembre con una parte di arretrati a decorrere dal 2023 (punto, questo, ancora in via di definizione).

Tra gli altri elementi salienti del nuovo contratto, la base di calcolo sul Tfr viene ripristinata in formula piena, al 100%, dopo che era stata ridotta nel 2012 e poi parzialmente ripristinata nel 2019. Ci saranno inoltre delle modifiche sulla mobilità e sui trasferimenti del personale, con un aumento sia dei chilometri sia dell’età oltre i quali la banca non può trasferire un dipendente. E’ previsto poi che l’attuale fondo per l’occupazione destinato all’assunzione dei giovani under 35 possa essere utilizzato anche per pagare una parte degli stipendi (il 25%) ai lavoratori senior che vanno in part time, in cambio dell’ingresso di nuovi giovani. Dal 2010 ad oggi grazie al fondo per l’occupazione sono entrati 40.000 giovani. Infine, si rafforza il comitato bilaterale nazionale che si occupa di pressioni commerciali sulla rete vendite, poiché viene recepito interamente nel contratto nazionale.

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Economia

Boom d’entrate. Manovra, ripescati Tfr e salario minimo

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Balzano le entrate fiscali e contributive nei primi nove mesi dell’anno e si allenta la pressione sul governo in vista della sessione di bilancio che sta per entrare nel vivo alla Camera. Dopo le inammissibilità degli emendamenti si passa ai ripescaggi e rientrano in pista due temi caldi: uno di maggioranza, cioè la riapertura del semestre di silenzio-assenso per conferire il Tfr e uno delle opposizioni, ovvero il salario minimo. La buona notizia, che per ora non dice molto di più sulle coperture per le modifiche alla manovra, viene dalla Ragioneria dello Stato. L’erario fa il pieno di entrate e incassa 33,5 miliardi in più nei primi nove mesi dell’anno.

Imposte e contributi portano un +5,6% di gettito. Solo il fisco fa incassare 27,9 miliardi, con una crescita del 6,5% rispetto all’anno scorso, mentre il gettito contributivo frutta 5,5 miliardi in più crescendo del 2,9%. Influiscono positivamente gli incassi dell’Irpef, molto probabilmente legati alla maggiore occupazione, ma anche le imposte pagate sul reddito e sugli utili delle società. Segnano poi una crescita del 29%, con un aumento che vale 2,4 miliardi, gli incassi relativi all’attività di accertamento e controllo, nei quali vengono contati anche i versamenti della rottamazione quater. Il buon andamento delle entrate fa brindare la maggioranza, in particolare il partito della premier.

“Questi risultati testimoniano una solida azione fiscale e smentiscono le accuse infondate di una fantomatica tolleranza verso l’evasione”, sottolinea il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti. E il collega Saverio Congedo, capogruppo in Commissione Finanze, spiega come i dati della Ragioneria smentiscano “la solita narrazione della sinistra”. Intanto, le opposizioni segnano un primo risultato nella Manovra: l’emendamento unitario presentato da Pd, M5S, Avs, Az e Iv, che punta a introdurre una disciplina sul salario minimo legale, è stato riammesso nella lista di quelli che verranno esaminati dalla Commissione Bilancio della Camera. Dopo essere stato dichiarato inammissibile per materia, oggi è rientrato dopo il ricorso presentato dai partiti e accolto dalla Commissione.

Il salario minimo è uno dei 5 temi sui quali l’opposizione prova a muoversi compatta in risposta alla legge di bilancio del centrodestra. Gli altri sono la sanità pubblica, anche con la richiesta di abolire il tetto alle assunzioni, l’estensione dei congedi paritari, l’automotive, la ricostruzione dell’Emilia Romagna. Il Pd al Senato denuncia anche il “totale disimpegno nel contrasto a mafie e corruzione” nella legge di bilancio, visto che sono stati quasi azzerati il fondo di sostegno alle P.A che subiscono minacce e quello per il sostegno ai Comuni commissariati per mafia, mentre in un provvedimento collegato viene abrogato il rating di legalità promosso da Anac, lo strumento per garantire trasparenza negli appalti. Tra gli emendamenti riammessi – circa 70 sui 1300 cassati – c’è anche quello caro a Lega e FdI che punta al rafforzamento dei fondi pensione. Propone l’apertura di un nuovo semestre per la scelta da parte del lavoratore di spostare il trattamento di fine rapporto dall’azienda alla previdenza complementare con la regola del silenzio-assenso.

In assenza di un’indicazione da parte del lavoratore, passati i 6 mesi, il datore di lavoro trasferisce il Tfr ai fondi pensione. Anche l’emendamento di Noi Moderati sullo stesso tema è stato riammesso, perché gli interventi sono “coerenti rispetto alle misure in materia di previdenza complementare” contenute nella legge di bilancio. Con tutta probabilità gli emendamenti salvati finiranno nella lista dei segnalati, cioè quelli su cui puntano i partiti, attesa per mercoledì alle 12. Una prima tranche dei 600 attesi arriverà già nella giornata di martedì. Probabilmente servirà un’ulteriore scrematura prima di arrivare al numero definitivo di quelli che verranno messi in votazione.

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Cgia, in Italia 118mila imprese sono a rischio usura

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Sono quasi 118mila le imprese italiane che si trovano a rischio usura, in crescita rispetto all’anno scorso di oltre 2.600 unità, dopo anni in cui erano in calo. Lo denuncia oggi l’Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia). Si tratta prevalentemente di artigiani, esercenti, commercianti o piccoli imprenditori che sono “scivolati” nell’area dell’insolvenza e di conseguenza segnalati dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, il che preclude a queste attività di accedere a un nuovo prestito. A livello provinciale, il numero più elevato di imprese insolventi si concentra nelle grandi aree metropolitane. Al 30 giugno scorso, Roma era al primo posto con 10.827 aziende: segue Milano con 6.834, Napoli con 6.003, Torino con 4.605 e Firenze con 2.433.

In termini percentuali, il peggioramento ha interessato innanzitutto Benevento con il +17,3% di imprese sofferenti (+97 in valore assoluto), poi Chieti con +13,9% (+101), Savona con +12,4% (+62), Rieti con +11,8% (+25) e Lecce con +11,4% (+179). L’area più “a rischio” è il Sud, dove si contano 39.538 aziende in sofferenza (pari al 33,6% del totale), il Nordovest con 29.471 (25%), il Centro con 29.027 (24,7%) e infine il Nordest con 19.677 (16,7%). Ad eccezione degli anni caratterizzati dalla crisi pandemica, dal 2011 ad oggi i prestiti bancari alle imprese italiane sono crollati. A fronte dei 1.017 miliardi di euro erogati verso la fine del 2011, nota la Cgia, siamo scesi ai 711,6 del febbraio 2020. Dopo l’incremento durante il periodo Covid, che ad agosto 2022 aveva innalzato lo stock erogato a 757,6 miliardi, è ripresa la riduzione, e a settembre di quest’anno si è attestato a 667 miliardi. In 12 anni, rispetto al picco massimo erogato nel 2011, le imprese hanno perso 350 miliardi di prestiti bancari, pari al -52,4%.

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Economia

Attesa vertenze Fedrigoni, Beko Europe ed Electrolux

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Fine 2024 all’insegna delle forti preoccupazioni a livello lavorativo ed occupazionale per Fabriano e il comprensorio. Fedrigoni, Beko Europe ed Electrolux, sono le vertenze attive che potrebbero assestare ulteriori colpi a un territorio che dal fallimento della Antonio Merloni Spa in poi continua ad avere continue emorragie occupazionali: circa 3.700 i disoccupati, ad oggi. Ad allarmare, anche per la tempistica, la vertenza Fedrigoni. L’azienda ha annunciato il 3 ottobre scorso di voler procedere alla chiusura della società Giano srl, attiva nel ramo delle carte d’ufficio, a fine 2024, con il conseguente licenziamento collettivo di 195 dipendenti diretti, a cui si aggiungerebbero circa 50 dell’indotto.

Aperta l’ultima fase di concertazione tra Fedrigoni, sindacati e Regione Marche al tavolo tecnico aperto al ministero delle Imprese e del made in italy. Se non si dovesse trovare un accordo, il 18 dicembre prossimo i licenziamenti collettivi diventerebbero effettivi. L’azienda, irremovibile sulla chiusura di Giano a fine 2024, ha proposto un piano di mitigazione dell’impatto occupazionale con prepensionamenti, ricollocazioni e creazioni di nuovi posti di lavoro a Fabriano, che abbasserebbe il numero degli esuberi di circa 130 unità. I sindacati di categoria e le Istituzioni (Regione e Comune di Fabriano) giudicano “insufficiente” e “poco sostenibile” il piano.

Il Mimit ha chiesto alla Fedrigoni di posticipare di un anno la chiusura di Giano per sondare l’interesse di acquirenti privati e del Poligrafico dello Stato. La Beko Europe e i sindacati di categoria sono invece attesi da un nuovo summit al Mimit il 20 novembre prossimo alle 15:30, dopo che nel precedente la newco, controllata al 75% dai turchi di Arcelik e al 25% dalla Whirlpool, ha evidenziato come l’attuale presenza nei settori del lavaggio e della refrigerazione sarà ulteriormente valutata per evitare altre perdite di cassa, mentre il sito di Carinaro, in provincia di Caserta, sarà mantenuto come Centro di Eccellenza per la distribuzione dei ricambi e le attività di ricondizionamento degli elettrodomestici. In Italia si punta poi a fare il centro di eccellenza per la cottura. In altre parole, per le Marche, il sito di Comunanza (Ascoli Piceno) potrebbe essere a rischio. Mentre l’hub a Melano di Fabriano, sembra al momento in una posizione più sicura. Sempre a Fabriano, però, vi è il centro impiegatizio e i colletti bianchi, invece, potrebbero essere oggetto di ulteriori scossoni. Fiom-Fim-Uilm hanno proclamato 4 ore di sciopero da svolgere in giorni diversi a livello territoriale, in attesa del summit ministeriale nel quale si attendono la presentazione del Piano industriale.

“L’azienda deve presentare il piano industriale”, dichiara Pierpaolo Pullini, della segreteria provinciale della Fiom e responsabile per il distretto economico produttivo di Fabriano. Sembra invece essere rientrata la vertenza Electrolux. Da lunedì 21 ottobre scorso sono partiti i contratti di solidarietà nel sito di Cerreto D’Esi. Coinvolti 106 lavoratori su circa 185 dipendenti complessivi. Per un anno, le tute blu oggetto dell’ammortizzatore sociale, lavoreranno 6 ore giornaliere per turno, invece delle attuali 8 con un taglio del 25% dello stipendio, nonostante l’integrazione statale. “Attraverso questo accordo si sono evitati, al momento, 18 esuberi”, conferma Pullini. “Adesso risulta fondamentale che l’azienda mantenga gli impegni degli investimenti per rilanciare la fabbrica di Cerreto D’Esi: 2,4 milioni di euro, soprattutto in nuovi prodotti come da strategia aziendale, per poter garantire di essere in grado di conquistare quote di mercato e clienti, sia in questo momento di contrazione che nella fase in cui ci sarà una ripresa delle vendite”, conclude Pullini.

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