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Londra anticipa Usa e Ue: i mercenari della Wagner sono terroristi

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Un’organizzazione “terroristica internazionale”, bollata con la medesima etichetta riservata ai più sinistri sodalizi del jihadismo globale come Al Qaida prima o l’Isis poi. E’ ciò che il governo britannico di Rishi Sunak intende fare nei confronti dei mercenari russi del gruppo Wagner, con un atto formale già evocato a parole anche da altri in Occidente sullo sfondo della sanguinosa guerra in Ucraina, ma inedito finora in questi termini fra i principali alleati del fronte Nato. Ad annunciarlo è stata Suella Braverman, falco dell’esecutivo conservatore, decisa a rivendicare ancora una volta un’immagine da battistrada al Regno Unito nell’escalation di questi mesi della sfida con la Russia di Vladimir Putin. In veste di ministra dell’Interno, Braverman ha il potere d’imporre d’autorità questo marchio, in base alla legge del Terrorism Act, con una semplice comunicazione al Parlamento di Westminster. Parlamento dove peraltro la linea dura anti Mosca sul conflitto ucraino gode di consensi trasversali pressoché unanimi.

Dalle colonne del Daily Mail, Braverman ha additato il gruppo fondato da Evgenij Prigozhin – ex oligarca putiniano entrato alla fine in rotta di collisione col Cremlino e morto fra mille sospetti in un incidente il mese scorso dopo aver tentato la spallata della presunta ‘marcia su Mosca’ di giugno (sospetti che secondo l’intelligence di Kiev potrebbero riguardare perfino la certezza della sua dipartita) – come uno strumento “violento e distruttivo” usato da anni all’estero dal potere russo: in Ucraina, a sostegno dell’intervento militare avviato nel febbraio del 2022; in Siria o in diversi Paesi africani. Da un provvedimento del genere discenderà l’entrata in vigore del divieto per legge di far parte di questa organizzazione per chiunque venga a trovarsi sotto la giurisdizione britannica. E consentirà di sequestrare qualunque asset ad esso riconducibile alla stregua di “proprietà terroristica”. I mercenari Wagner “sono terroristi punto e basta”, ha quindi rincarato Braverman in un rapporto diffuso dall’Home Office. Non senza imputare loro “saccheggi, torture e massacri barbari” commessi fra Ucraina, Medio Oriente e Africa.

“Per questo intendiamo bandirli come organizzazione terroristica, mentre continuiamo ad aiutare Kiev in ogni modo possibile nella lotta contro la Russia”, ha concluso la pasionaria del governo Sunak in toni riecheggiati da un’intervista concessa stamane a Sky dal collega Grant Shapps, appena subentrato al ministro-soldato Ben Wallace nel ruolo chiave di titolare della Difesa. La misura preannunciata a Londra va ben oltre le sanzioni imposte tempo addietro dal Regno (nonché da Usa, Ue e altri alleati) sia contro Prigozhin e il suo stato maggiore dell’epoca, sia in seguito contro comandanti locali accusati di efferatezze non solo in Ucraina o Siria, ma pure in Mali, Sudan, Centrafrica. E anticipa le mosse di Washington e Bruxelles, limitatesi sinora a iniziative più circoscritte. Negli Stati Unti il gruppo è stato infatti equiparato de iure dalla Casa Bianca ad una “organizzazione criminale internazionale”, ma attende ad oggi di entrare nella lista nera d’Isis e compagnia. Mentre a livello europeo risale a maggio la mozione ad hoc approvata dal Parlamento francese in cui lo si definisce “terrorista” e si chiede all’Ue un atto legalmente vincolante per tutti i 27 al riguardo: richiesta al momento pendente.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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