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Meloni a Chigi, lunedì il Cdm con la grana caro-benzina

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Dopo un paio di settimane di vacanza trascorse fra Puglia e Albania, Giorgia Meloni è tornata a Palazzo Chigi. Un’ora circa nel suo studio, nel pomeriggio, per un aggiornamento su alcuni dossier e preparare la ripartenza. “Ci tengo a ringraziare gli abitanti di Ceglie Messapica e tutti gli amici pugliesi per l’ospitalità di questi giorni nella loro meravigliosa terra. Al lavoro per costruire un’Italia che torni a pensare in grande, a essere consapevole del suo valore e delle sue potenzialità ancora inespresse”, il messaggio lanciato sui social, assieme a una foto in cui è ritratta mentre prende appunti su un blocchetto di post-it, alla vigilia dell’ultimo fine settimana di agosto che arriva con la benzina a quota 2,8 al servito sulla A21 Torino-Piacenza.

Il caro-carburanti è ai primi posti delle situazioni da affrontare per il governo. Dalle opposizioni viene sollecitato il taglio delle accise, un’ipotesi su cui da tempo si fanno valutazioni su benefici e costi. Il sottosegretario leghista Claudio Durigon nei giorni scorsi ha prospettato la possibilità di “una prima limatina” usando il maggior gettito dell’Iva. Ma non tutti nel centrodestra sono d’accordo su questo intervento. “Ridurre le accise adesso è da irresponsabili. Costa 1 miliardo di euro ed è un taglio orizzontale che vale per chi ha l’auto di grossa cilindrata e per chi guadagna 1.200 euro e ha una macchina piccola – ha avvertito il leader di Noi moderati, Maurizio Lupi, con un ragionamento simile a quello proposto nei giorni scorsi dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida -. È meglio concentrare quel miliardo aiutando le persone che hanno bisogno. O capiamo questo o le bandierine non sventolano più”. Al momento non risulta un provvedimento del genere in preparazione per il primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva. C’è riserbo sul possibile ordine del giorno. Sono al lavoro il ministero dell’Economia e quello del Made in Italy, secondo quanto spiegano alcune fonti di governo, secondo altre sarà una riunione “light”.

Qualsiasi scelta va inserita nel quadro più grande delle linee guida della seconda manovra del governo Meloni. Dopo aver serrato le fila nel suo partito, con gli incarichi alla sorella Arianna e al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, la premier si prepara a compattare la sua coalizione in vista di una legge di bilancio in cui qualcuno può essere tentato di piazzare bandierine a ridosso delle elezioni europee. Lunedì 4 settembre è previsto un vertice di maggioranza. Finora ci sono 6-7 miliardi di euro disponibili, complessivamente dovrebbero servirne circa 30.

Da Palazzo Chigi in giù, nel governo si tende a predicare prudenza. I ministeri hanno inviato i propri desiderata ma ovviamente non tutti potranno essere esauditi. Per l’istruzione il ministro Giuseppe Valditara è ottimista: “Attendo certamente che buona parte delle nostre richieste vengano, in qualche misura, accolte”. I margini di manovra del governo sono anche legati all’esito delle trattative nell’Unione europea sul Patto di stabilità. Dal fronte italiano si vuole evitare in ogni modo il ritorno dei parametri pre-Covid, e in caso di mancata intesa a fine anno si spera in un periodo di proroga ‘cuscinetto’. Il negoziato è aperto, e sarà fra gli argomenti dell’incontro di martedì ad Atene fra Meloni e il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis: per la premier è un pontiere fra Ppe e il gruppo dei conservatori, per l’Italia un alleato visto che su tanti temi i due Paesi hanno interessi allineati. Anche sulla gestione dei migranti. Roma e Atene insistono perché sia concretamente affrontata dall’Unione europea a livello comunitario. La presidente del Consiglio è stata poi invitata al Forum Ambrosetti a Cernobbio, ma il suo intervento sabato, come si vede nel programma, è ancora in attesa di conferma.

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L’omicidio di Santo: liberiamo Napoli dalle armi

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Basta armi in mano a giovani e giovanissimi. Dopo l’omicidio di Santo, 19 anni, e qualche giorno prima di Emanuele, appena 15, entrambi per mano di giovanissimi, Napoli si mobilita per cercare di mettere un freno all’escalation di violenza che sempre più spesso vede dei ragazzi nei panni sia di vittime che di carnefici. Associazioni, sindacati e altre realtà impegnate nel sociale – 75 sigle hanno aderito finora – scenderanno in piazza: lo faranno sabato, nel corso di un’assemblea pubblica promossa da Libera Campania, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Napoli, che si terrà alle 10 in piazza Cavour. Gli omicidi di Salvo ed Emanuele, spiegano i promotori della mobilitazione, sono “ferite che colpiscono e interrogano Napoli”. “Pistole, esplosivi, armi di medio e piccolo taglio circolano tra le strade, le piazze, i vicoli e le scuole della nostra Napoli e feriscono, ammazzano, provocando dolore e morte.

Armi e droghe, troppo facili da acquistare e che finiscono nelle mani di giovani, adolescenti, bambini. Armi che vengono utilizzate senza controllo di giorno come di notte, quando gran parte della città spesso è lasciata in balia di bande e criminalità”. L’obiettivo della mobilitazione è di “liberare Napoli dall’uso e dalla cultura delle armi”. Per il sindaco Gaetano Manfredi, “a Napoli abbiamo una reale emergenza, quella delle armi in mano a ragazzini. Ci sono giovani che hanno cominciato a commettere reati con le armi in pugno già a 14 o 15 anni e questo ci deve far molto riflettere. E agire”. Secondo il sindaco, “bisogna intervenire nella direzione della vigilanza, con attività di controllo del territorio, soprattutto di notte, quando questi eventi nella maggior parte dei casi avvengono”.

Dunque, “più videosorveglianza e più vigili in strada la sera”, ma serve anche “un’attività di monitoraggio, di controllo ed anche di recupero e inclusione di questi ragazzi, che vanno seguiti, sapendo che spesso vengono da contesti familiari molto difficili”. “Mi ha colpito molto – ha aggiunto Manfredi – il fatto che l’ultima vittima è stata uccisa da un minore che era uscito da poco dal carcere e che aveva dei comportamenti non gestibili. Ragazzi come lui vanno seguiti con procedure specifiche; senza un’attenzione particolare da parte di chi ha competenze, ci possono essere altri casi del genere”. “È un momento particolare per Napoli ma sono certo che la città saprà superarlo”, assicura il prefetto Michele di Bari: “le istituzioni stanno lavorando all’inverosimile”.

Intanto, domani alle 11 si terrà l’udienza di convalida del fermo del minorenne accusato dell’omicidio di Santo Romano, morto dopo essere stato raggiunto al petto da un colpo di arma da fuoco a San Sebastiano al Vesuvio. Il ragazzo ha confessato di avere fatto fuoco con una pistola (che al momento però non è stata trovata), ma di aver sparato per difesa dall’aggressione di un gruppo di 4-5 ragazzi.

“L’indagato – dice il suo legale, Luca Raviele – racconta di avere reagito ad un’aggressione, durante la quale avrebbe ricevuto un calcio e nel corso della quale, mentre qualcuno lo teneva per un braccio e un altro gli mostrava un coltello, avrebbe estratto la pistola e, voltandosi dall’altra parte, avrebbe sparato con la sola intenzione di difendersi”. “Parliamo di un ragazzino con problemi di natura psichiatrica – aggiunge l’avvocato – come accertato da una precedente perizia eseguita due anni fa durante un procedimento per l’aggressione subita in casa dalla madre. Questa perizia sarà fornita al giudice e fungerà da base alla mia richiesta per accertare se il ragazzo avesse la capacità di intendere al momento della sparatoria e se abbia le capacità per partecipare al giudizio”. Sempre domani sarà conferito l’incarico al medico legale che dovrà eseguire l’autopsia sul corpo di Santo Romano.

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Lega vuole tagliare il canone Rai, scontro con FI

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E’ braccio di ferro nella maggioranza sul canone Rai. La Lega annuncia, infatti, che presenterà un emendamento alla manovra per ripristinare il taglio da 90 a 70 euro del contributo. Una misura che, ribatte immediatamente Forza Italia, “non è nell’accordo di governo”. Sullo sfondo del botta e risposta tra alleati anche la partita per la presidenza nel servizio pubblico sulla quale, però, al momento si registra uno stallo in commissione di Vigilanza. L’uscita della Lega, che si dice anche pronta a proseguire in prospettiva la battaglia per l’abolizione totale del canone, irrita gli azzurri che però al momento, off the records, la inquadrano come una boutade visto che una misura del genere costerebbe almeno 400 milioni ed è dunque poco realizzabile. “Se si abbassa il canone – ragiona il capogruppo di FI al Senato Maurizio Gasparri – allora vanno aumentati i trasferimenti”. Lo stesso meccanismo previsto nella legge di bilancio dello scorso anno.

“La Rai non può essere indebolita – dice il portavoce nazionale di Forza Italia Raffaele Nevi – abbiamo bisogno di un servizio pubblico forte. L’anno scorso è stato ridotto il canone ma poi abbiamo dovuto garantire alla Rai un contributo straordinario”. Nella manovra di quest’anno, invece, al momento è prevista invece solo una decisa spending review per il servizio pubblico. La Rai, infatti, nel 2025 non potrà aumentare le spese per il personale e per gli incarichi di consulenza, che non potranno superare il livello del 2023. E nel 2026 dovrà ridurre la spesa per personale e consulenza di almeno il 2% rispetto alla media delle spese nel triennio 2021-2023. Un taglio che raddoppia nel 2027. Per le opposizioni la proposta di una nuova stretta sul canone è un “atto ostile” contro la Rai. “L’Italia – evidenzia da Avs Peppe De Cristofaro – ha bisogno di una grande azienda radiotelevisiva sottratta alle grinfie della maggioranza di turno. E’ urgente cambiare la legge sul servizio pubblico”. Sulla riforma della governance, tra l’altro, da mercoledì si apriranno gli Stati Generali convocati dalla presidente della Vigilanza, Barbara Floridia. Mentre domani proprio Forza Italia con Maurizio Gasparri farà la propria proposta. La questione della riforma della governance si intreccia, tra l’altro, con quella della nomina della presidenza, sulla quale per il momento non si registrano però, passi in avanti. La maggioranza richiesta impone un accordo con le opposizioni che al momento non sembra alle viste. Il Pd – con Ouidad Bakkali – chiede una convocazione urgente della Vigilanza.

“Maggioranza e governo – attacca – sono in totale confusione e bloccano di fatto il servizio pubblico”. Tornando alla manovra, in vista dello scadere del termine per gli emendamenti i partiti stanno mettendo a punto le proprie proposte di modifica. Dalle cripto-valute ai controllori Mef sono diversi i fronti aperti. Certamente c’è quello del concordato con FI pronta a chiedere un bis della misura. La nostra linea – ricorda Antonio Tajani – è “favorevole alla riapertura dei termini”. Non sarà prorogato – puntualizza da FdI Marco Osnato – ma si valuterà una riapertura che “non potrà comunque essere legata alla manovra”. Intanto dal governo si ribadisce l’invito a fare emendamenti mirati puntando, per dirla con il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, “più sulla qualità che sulla quantità”. E l’auspicio è che non diventi una mission impossibile di fronte agli appetiti dei parlamentari.

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Pratica a tutela giudici. Ma la destra in Csm si spacca

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“I giudici alle prese con i provvedimenti attuali e futuri sui migranti vanno tutelati, c’è chi prova a condizionarli”. Lo scontro dei magistrati con il governo torna al punto di partenza, ma stavolta la corrente di destra del Csm è spaccata. I componenti togati del Consiglio, esclusi tre membri, hanno depositato la richiesta di apertura di una pratica urgente a tutela dell’indipendenza e dell’autonomia del collegio giudicante del tribunale di Bologna che alcuni giorni fa aveva rinviato alla Corte di giustizia europea il recente decreto del governo sui Paesi sicuri. Secondo la richiesta quel provvedimento era stato poi “oggetto di dichiarazioni fortemente polemiche di titolari di altissime cariche istituzionali” e la “situazione determina una inaccettabile pressione sui giudici” e “un obiettivo condizionamento per quelli che in futuro si dovranno occupare delle medesime questioni; essa, pertanto, vulnera l’indipendenza dell’intera magistratura”.

Parole che arrivano a meno di una settimana dalle dichiarazioni della premier Meloni, la quale aveva definito le argomentazioni dei giudici bolognesi più vicine a “un volantino propagandistico che a un atto da tribunale”. Ma su sette togati di Magistratura Indipendente, in tre non hanno aderito alla richiesta dei togati del Csm, formulandone un’altra in cui chiedono “garantire una tutela piena dell’indipendenza della giurisdizione e della intangibilità della vita privata di ciascun magistrato, al di là di qualsiasi strumentalizzazione e contrapposizione di tipo politico”. Il riferimento in questo caso è esclusivamente nei confronti del solo Marco Gattuso, presidente della sezione immigrazione del tribunale di Bologna, finito nella bufera mediatica. Lo stesso Gattuso rivolgendosi in una missiva all’Anm, la quale in queste ore ha tenuto un’assemblea straordinaria in segno di solidarietà proprio con i giudici bolognesi, ha parlato del “tentativo di trasferire l’attenzione per un provvedimento giurisdizionale, che può essere sempre oggetto di critica, ai giudici che l’hanno firmato, con un oggettivo effetto intimidatorio di condizionamento nei confronti della magistratura”.

La lettera di Gattuso, che non ha partecipato di persona all’iniziativa, ha ricevuto il tributo dell’assemblea del sindacato delle toghe con un lungo applauso e una standing ovation. Resta però un caso la spaccatura all’interno di Magistratura Indipendente, che solo qualche giorno fa invece, riguardo alla richiesta di tutela dei giudici di Roma che non avevano convalidato il trattenimento dei migranti in Albania, era stata compatta nel rifiutarsi di sottoscrivere il documento firmato da tutti gli altri togati. “È il momento dell’unità di chi esercita la giurisdizione, dei magistrati, degli avvocati, degli operatori del diritto, per testimoniare che nessuna maggioranza politica, nessun interesse nazionale può sacrificare i diritti e le garanzie fondamentali delle persone, che spetta a magistrati ed avvocati difendere, al di là di ogni consenso o mandato popolare – commenta il segretario di AreaDg Giovanni Zaccaro – Mi spiace che alcuni colleghi, seppure investiti dell’onore di presidiare l’autonomia e la indipendenza della magistratura, non abbiano aderito a quella proposta quasi unitaria”.

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