L’ultimo abbraccio a Toto Cutugno è una folla che, spontaneamente, in coro, intona le sue canzoni più famose ‘Gli amori’ e soprattutto ‘L’italiano’. Non sono mancati, certo, anche tanti volti noti della musica e dello spettacolo, da Gianni Morandi a Pupo, Mario Lavezzi, Peppe Vessicchio e Ivana Spagna, Fausto Leali, Matia Bazar, Piero Cassano e Davide De Marinis. Ma al funerale dell’artista, morto lunedì scorso a 80 anni, dopo una lunga malattia, c’è stata soprattutto l’emozionata e commossa partecipazione dei suoi ammiratori, dei vicini di casa, di chi lo ha amato incondizionatamente In centinaia occupano ogni angolo, fino a ridosso dell’altare, della splendida basilica dei Santi Nereo e Achilleo, in viale Argonne, il quartiere dove Cutugno abitava. E molti devono restare sul sagrato. “Siamo più di quanti ci aspettavamo” ammette il parroco don Gianluigi Panzeri. Anche questo un segno dell’affetto per Toto Cutugno, come le centinaia di messaggi arrivati al sacerdote, alcuni letti durante la celebrazione,. Già un’ora prima il piazzale si riempie di persone in attesa, sotto il sole, ad una temperatura che a Milano da giorni oscilla tra i 35 e i 40 gradi. Un musicista con la sua fisarmonica si sistema davanti al portone di ingresso, una signora stringe tra le mani un vecchio 45 giri del cantautore, non lontana da un anziano con il cartello ‘Sono vivo grazie a lui’. Tra le corone, quella di Gigi D’Alessio.
In rappresentanza del Comune di Milano l’assessore Marco Granelli. Decine i giornalisti, fotografi, operatori a seguire il funerale anche per testate estere, come El Diario de Hoy di El Salvador. D’altronde, il successo di Cutugno è andato oltre i confini dell’Italia. Alle 11 quando il feretro entra nel cortile parte un applauso e subito dopo spontaneamente il coro ‘.. sono un italiano’. La moglie Carla e il figlio Nicola si stringono in un abbraccio. Don Gianluigi ricorda soprattutto il parrocchiano Cutugno che proprio in questa basilica si sposò nel 1971 e dove tornava quando poteva “perché aveva tanti impegni che lo portavano in giro per il mondo”. Un “uomo umile, di fede, semplice che alla fine degli anni ’70 aveva chiesto di poter suonare l’organo della basilica, lo stesso che sentite suonare adesso”. “Tutto questo conferma che ha lasciato il segno nel mondo, il segno della bellezza con le sue canzoni, e il segno della bontà, con le sue scelte non sempre comprese a tutti” sottolinea.
La bara esce al suono di ‘Gli amori’ e poi ancora di ‘Un italiano’, mentre in cielo volano i palloncini con i disegni delle note musicali, e la folla si mette a cantare di nuovo in coro. “Il ricordo che ancora mi sconvolge è quando lo incontrai 10 anni fa e mi raccontò della sua malattia, non volevo crederci” dice lasciando la chiesa Mario Lavezzi. Gianni Morandi sottolinea il “rispetto” per l’interprete e per l’autore “che ha scritto una delle tre, quattro canzoni italiane più famose al mondo, e non solo questo”. “C’è sempre stato un rispetto reciproco e un’amicizia che si è cementata negli anni in cui abbiamo fatto Sanremo insieme – aggiunge -, anche se eravamo in competizione”. “Era una persona speciale” aggiunge Pupo che provocatorio gli chiede: “ma non ti sembra che sono mancati un po’ di vip? Ci siamo solo noi due”. “Io non mi sento un vip”, si limita a dire Morandi. E’ un attimo, poi si torna a parlare di Cutugno. Bistrattato come artista in Italia? “Sì, io credo di sì” dice Pupo mentre Morandi è più diplomatico. “Credo di no, qualcuno diceva che era un cantautore troppo popolare, invece io dico che è stato un cantautore al livello di tutti gli altri e soprattutto un grande interprete che alla gente piaceva e non solo in Italia, anche all’estero”. Parlano dei brani di Toto, di Gli amori e Pupo “per sdrammatizzare” chiede a Gianni: “che canzoni vuoi che canti al tuo funerale?”. “Fatti mandare dalla mamma naturalmente’, risponde Morandi, con un ultimo affettuoso cenno di saluto al feretro di Cutugno che lascia la basilica.