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Vittorie e carattere, Spalletti da Certaldo è il nuovo ct della Nazionale: resta la clausola con De Laurentiis

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– E’ fatta, Luciano Spalletti  è il nuovo commissario tecnico della nazionale di calcio

Determinato, tecnicamente molto all’avanguardia e spesso innovativo. Ma anche fumantino, e dunque a volte polemico . Quello di Luciano Spalletti – approdato alla nazionale al culmine della sua carriera da allenatore – non è un carattere semplice, e questo sicuramente lo ha aiutato a diventare un vincente. Il nuovo ct della Nazionale è nato 64 anni fa a Certaldo, il borgo alle porte di Firenze che diede i natali a Boccaccio, in quella zona della Toscana di cui – pur girovagando per lavoro da anni su e giù tutta l’Italia – ha conservato la forte cadenza e quella sorta di irriverenza verso i “potenti” che lo ha portato nella vita a non sottrarsi alle sfide più impensabili e anche a vincerne molte.

La più importante è sicuramente lo scudetto a Napoli, 33 anni dopo quello conquistato da Diego Armando Maradona; ma la sua carriera, come lui stesso ama spesso dichiarare, è fatta di tanta gavetta e sacrificio. In tal senso una frase, pronunciata dopo la vittoria per 1-0 dei partenopei contro la Juventus a Torino, riassume al meglio la sua “filosofia di vita e di gioco”: “Sono sempre andato in giro in autostop e vincere questo scudetto mi ripaga di tutti i sacrifici fatti. Ogni tanto mi prendono per il culo perché metto le scarpe da calcio a bordo campo, ma quel che ho sofferto per avere quelle scarpe lo so io, perchè da piccolo non avevo i soldi per comprarle”

Da “piccolo” Spalletti ha mosso i suoi primi passi da calciatore nelle giovanili di Fiorentina e Cuoiocapelli per poi debuttare in C2 nel 1985 nll’Entella Bacezza dove l’allenatore era quel Giampiero Ventura che 30 anni dopo avrebbe diretto la nazionale italiana. Ed è in Liguria che Luciano ha conosciuto la sua futura moglie Tamara (“un corteggiamento lunghissimo”) che da allora è sempre rimasta al suo fianco nel corso di una carriera che lo ha portato ovunque. L’allenatore ha sempre protetto la privacy della consorte e dei figli Federico, Samuele e Matilde; e quella del fratello Marcello, morto nel 2019. Con lui aveva messo su una tenuta agricola nel Chianti, il “buen retiro” che ora gestisce la moglie, ma che rappresenta una delle sua passioni private piu’ vive e più riservate. Spalletti ha appeso gli scarpini al chiodo a 33 anni, indossando la maglia dell’Empoli ma, dopo soltanto un anno, ne era già l’allenatore. Con i toscani ha ottenuto una promozione in B, la vittoria della Coppa Italia di serie C e l’immediata ascesa in A. Poi l’esperienza sulle panchine di Sampdoria, Venezia, Udinese e Ancona anche con qualche passaggio a vuoto.

Fino alla consacrazione: il ritorno ad Udine, dove non era stato confermato, è la storica qualificazione dei friulani in Champions League. Un exploit che gli è valso la prima chiamata di una big: la Roma, tra 2005 e 2009. Con lui in panchina – negli anni migliori di Totti, ‘inventato’ centravanti – i giallorossi hanno conquistato tre secondi posti di fila in campionato; un quarto di finale e un ottavo di finale in Champions; due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana. Ma all’inizio della quarta stagione sono arrivate anche le clamorose dimissioni per “dissidi” con la società. Ed è stato questo il momento in cui Spalletti ha mostrato coraggio; dopo pochi mesi di inattività, è volato in Russia ad allenare lo Zenit San Pietroburgo con il quale dal 2009 al 2014 ha conquistato due campionati ed un secondo posto, una Coppa nazionale ed una Supercoppa di Russia. Nel 2015, dopo due sole sconfitte, un nuovo esonero. Così nel 2016 è accaduto quello che nessuno si aspettava: Spalletti è tornato alla Roma al posto di Rudi Garcia, l’allenatore che quest’anno ha preso il suo posto a Napoli.

Nel girone di ritorno con il tecnico toscano la sua Roma è stata protagonista di una rimonta impressionante: 46 punti (14 vittorie, 4 pareggi e una sconfitta). Ma la nuova esperienza giallorossa viene ricordata soprattutto per il litigio con Francesco Totti immortalato dalla serie tv “Speravo di morì prima”: due caratteri forti che si sono scontrati anche se da parte di entrambi c’è sempre stata stima professionale. Dinamiche simili anche nella successiva esperienza all’Inter dove lo scontro è con il capitano Mauro Icardi. E’ il carattere di Luciano Spalletti che non accetta imposizioni. I due anni nerazzurri sono puntellati da nervosismi e tensioni, piu’ che da risultati, e finiscono nel 2019 con un esonero. Poi – al termine di un biennio sabatico – l’avventura con il Napoli: i commentatori sono certi che il toscano e il presidente Aurelio De Laurentiis non possono convivere. Invece, avviene il miracolo. Spalletti tiene testa al patron.

Arriva lo scudetto e un innamoramento totale, reciproco, tra lui e Napoli, la squadra e la citta’. Spalletti, a marzo, ottiene il riconoscimento del premio Bearzot, e in occasione della consegna De Laurentiis ne annuncia la permanenza sulla panchina della capolista. Eppure, a sorpresa, l’allenatore decide a fine stagione di non continuare sulla panchina. “Voglio stare con mia figlia Matilde”, spiega rendendo pubblica una decisione per molti sorprendente. Poi, mentre l’Uefa lo inserisce nel terzetto finalista per il miglior allenatore della stagione passata con Guardiola e Inzaghi, l’approdo in azzurro dove c’e ancora una storia tutta da scrivere. Le prime sfide, gia’ a inizio settembre

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Americas Cup, Luna Rossa batte American Magic e sfiderà Ineos per accedere alla finale contro New Zealand

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Luna Rossa si è qualificata per la finale della Louis Vuitton Cup, dove affronterà Ineos Britannia.

L’equipaggio italiano del team Prada Pirelli ha ottenuto il punto decisivo contro American Magic nell’ottava regata della semifinale, chiudendo la serie con un punteggio di 5-3. Nonostante un iniziale vantaggio di 4-0, Luna Rossa ha visto un parziale recupero da parte degli statunitensi, che si sono portati sul 4-3, prima della reazione decisiva degli italiani. La finale contro Ineos Britannia si giocherà al meglio delle 13 regate a partire dal 26 settembre, e decreterà chi sfiderà Team New Zealand nell’America’s Cup, che si terrà dal 12 ottobre.

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Attesa per Juve-Napoli, per Conte è un ritorno a casa: nessuno potrà cancellare mia storia

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Ritorno nella sua storia, quella che ha scritto prima in campo e poi in panchina e che “nessuno potrà mai cancellare”. Antonio Conte ha presentato, in conferenza stampa, la sfida che il suo Napoli giocherà contro la Juventus all’Allianz Stadium sabato. Gli azzurri arrivano al match dopo il sorpasso in classifica della settimana scorsa, un +1 che ha caricato l’ambiente partenopeo per quella che è sempre stata e sempre sarà la partita. Prima di ogni ragionamento, però, Conte ha voluto ricordare Totò Schillaci con cui ha condiviso i suoi primi passi proprio alla Juventus: “A soli 59 anni ci viene a mancare una persona che per noi del Sud è stato un emblema, una persona che ce l’aveva fatta. Sono veramente molto rattristato e dispiaciuto – ha detto Conte -. Un pensiero alla famiglia per la perdita di un’ottima persona”.

Schillaci nel cuore, la Juventus nella testa: “La mia storia parla di 13 anni trascorsi alla Juve da calciatore dove sono stato capitano e abbiamo vinto tutto. Ho avuto la possibilità di fare l’allenatore e di aprire un ciclo che è durato 9 nove anni. Faccio parte della storia della Juventus e nessuno me la potrà cancellare”, ha affermato Conte che non ha poi nascosto che per lui “sarà una grande emozione” tornare in uno ‘Stadium’ pieno. La prima volta che il tecnico salentino, infatti era tornato a Torino da allenatore, ai tempi dell’Inter, quando arrivò con lo scudetto appena conquistato sul petto, gli spalti erano vuoti a causa delle restrizioni imposte dal Covid: “Ci saranno i tifosi”, ha aggiunto Conte, che ha poi evidenziato che la partita arriva in una “fase di assestamento per le squadre”. Non un match scudetto, al momento, ma una partita da “tre punti”. Un test da affrontare “in modo serio”.

Per quanto riguarda l’avversario Conte si è detto sicuro: “Siamo su due piani diversi, ma credo che entrambe abbiamo voglia di rivalsa. La Juve non si può accontentare del terzo posto dell’anno scorso, noi dell’anno scorso”. Poi un pensiero su Thiago Motta: “È stato un mio calciatore, è un ragazzo molto serio, bravo – ha affermato Conte -. A Bologna ha fatto benissimo, gli auguro il meglio, ma non nelle partite contro di noi. L’eredità che raccoglie è un’eredità pesante, perché Allegri ha scritto parecchie pagine di storia. Allenare la Juve non è mai banale, perché la richiesta è sempre la vittoria”. Quella vittoria che è il centro del lavoro quotidiano di Conte, un lavoro che quest’anno può proseguire liscio perché non ci sono coppe europee. Un vantaggio? Conte ha analizzato le due facce della medaglia: “Non giocare le coppe dà il vantaggio di poter lavorare di più e quando arrivi in un nuovo club hai bisogno di tempo per lavorare sulle tue idee. Se avessimo dovuto giocare tante partite eravamo fregati – ha affermato Conte -. Lo svantaggio è che la rosa non è competitiva come quella di una squadra costruita per fare le coppe”.

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Champions: l’Inter argina il City, 0-0 all’Etihad Stadium

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L’avventura dell’Inter nella nuova Champions League inizia con un pareggio in casa del Manchester City. All’Etihad Stadium finisce 0-0 tra sofferenza e qualche potenziale occasione non sfruttata da parte dei nerazzurri, autori comunque di una bella prestazione a livello caratteriale.

Una gara quasi tutta d’attesa e ripartenze da parte degli uomini di Simone Inzaghi, costretti a serrare le linee per arginare nel miglior modo possibile i citizens, stranamente poco freddi sotto porta in diverse situazioni molto interessanti. Dopo le fatiche d’Europa ora l’Inter sara’ attesa dal delicato derby contro il Milan in campionato. In avvio gli inglesi provano subito a portare grande pressione nella meta’ campo avversaria, cercando il varco per far male ai nerazzurri. Gli uomini di Inzaghi serrano le linee, restano in attesa e appena recuperano palla tentano un paio di discese in contropiede potenzialmente pericolose, ma sempre innocue. Al 24′ la prima vera chance per il City capita sul mancino di Savinho dopo un cross da sinistra, ma il brasiliano impatta male e indirizza sul fondo.

Una decina di minuti piu’ tardi, invece, e’ Haaland a sfiorare il palo alla sinistra di Sommer con un diagonale strozzato dal limite dell’area. La risposta interista e’ affidata prima a Thuram, che al 42′ sbaglia la mira con un destro di prima intenzione su una palla messa al centro da sinistra, poi allo scadere del primo tempo e’ Carlos Augusto ad impegnare Ederson con un mancino da posizione ravvicinata.

Nella ripresa la squadra di Guardiola torna a fare la partita e al 69′ crea una palla gol gigante per il vantaggio: Grealish e Gundogan liberano Foden al tiro dopo un bellissimo scambio nello stretto, il giovane inglese pero’ non riesce ad angolare il destro e viene bloccato da Sommer. L’Inter soffre ma resta viva, tornando a farsi vedere in avanti al 76′ ancora grazie ad una ripartenza conclusa dai neo entrati Dumfries e Mkhitaryan: l’olandese scappa a destra e mette al centro dove arriva l’armeno che calcia alto da posizione invitante. Nel finale gli inglesi premono a caccia del gol vittoria, ma le due ultime chances capitate sulla testa di Gundogan non vanno a buon fine.

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