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Economia

Panetta: tassi così più a lungo ma senza altri rialzi

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“Persistenza”. Fabio Panetta, componente del board Bce e prossimo governatore della Banca d’Italia, usa questo concetto per invitare ancora una volta la banca centrale alla prudenza e a stabilire una sorta di ‘lunga tregua’ nel rialzo dei tassi in modo da osservare se la stretta anti inflazione stia funzionando. Aumenti che Francoforte ha intrapreso decisamente con effetti oramai evidenti sul credito e l’economia e che anche la Bank of England sta proseguendo, con un nuovo rialzo dal 5 al 5,25%. Intervenendo a un evento online organizzato dall’Università Bocconi, Panetta prende tempo sulla prossima riunione di settembre dopo la pausa estiva: “è ancora presto per capire” se ci sarà un nuovo aumento.

Ma soprattutto esprime l’idea di ristabilire, sebbene in altra maniera, una sorta di forward guidance, cancellata dalla Bce a favore della strada di ‘decisione in base ai dati’ a ogni riunione. “La politica monetaria può operare non solo alzando i tassi ma anche mantenendoli agli attuali livelli per un periodo più lungo” scandisce. Una pausa quindi, è l’opinione di osservatori e analisti, che lascerebbe intatta per i ‘falchi’ del consiglio la politica restrittiva di Francoforte per un lasso di tempo maggiore ma, dall’altro canto, sarebbe una mano tesa alle richieste (e spesso aperte critiche) del mondo imprenditoriale e politico, specie della maggioranza che esprime il governo Meloni, di uno stop alla crescita dei tassi.

Per il banchiere italiano infatti la politica monetaria dovrebbe, per conservare la flessibilità e avere efficacia, dare peso alla “persistenza del livello dei tassi” almeno quanto al loro rialzo. La stretta operata nei mesi scorsi, sottolinea con l’ausilio di dati, sta avendo un impatto su diversi fronti. Le condizioni di credito si sono inasprite e la domanda è in decisa frenata e anzi la stretta, suggerisce, “potrebbe esser più forte delle stime” visto che è amplificata dalle misure prese a livello internazionale. L’equilibrio quindi fra lotta all’inflazione e preservare l’economia è delicato e, ripete, occorre “calibrare” le politiche monetarie per “per evitare danni non necessari”. In questo senso, “enfatizzare la persistenza può essere particolarmente utile nella situazione attuale”. E’ vero che l’inflazione sembra aver passato la fiammata più forte.

La rilevazione Ocse a giugno la fissa in calo al 5,7% con l’Italia al 6,4%. E in Gran Bretagna dove è al 7,9% il governo si è impegnato a portarla al 3% entro un anno anche per via della stretta della banca centrale. E tuttavia le dinamiche dei prezzi nell’eurozona mostrano ancora una inflazione core persistente e anzi un incremento di quella dei servizi. Anche per questo si vedrà se la posizione di Panetta troverà consenso in un board dove la presidente Christine Lagarde deve trovare una difficile sintesi, ben rappresentata da quel ‘maybe’ da lei pronunciato nell’ultima conferenza stampa a chi gli chiedeva se a settembre ci sarà un nuovo aumento o una pausa dei tassi.

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Economia

Mercato libero spinge bollette, +12,5% in 6 mesi per gas

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Effetti del mercato libero. Chiunque si aspettava che la fine del mercato tutelato portasse ad una riduzione dei prezzi per le bollette di luce e gas, è rimasto deluso. Ed ora, alle soglie della stagione invernale, gli aumenti già avvenuti nei mesi scorsi si fanno sentire di più. Parecchio di più. Tanto che per i nuovi contratti per il gas, ad esempio, un contratto a prezzo variabile stipulato oggi nelle grandi città è più caro in media del 12,5% di 6 mesi fa.

A fare i conti sulla base delle offerte attive a partire da novembre nelle città italiane e pubblicate sull’apposito Portale gestito da Arera e Acquirente Unico, è l’Assium, l’associazione che riunisce gli utility manager. Se si considera solo la migliore offerta oggi disponibile sul mercato libero per una famiglia tipo con un consumo medio di 1.400 metri cubi annui, la bolletta media per un contratto a prezzo fisso varia da un minimo di 1.618 euro annui di Milano, Trento e Trieste ai 1.825 euro di Roma: il rincaro medio nelle città monitorate si attesta al +6,17% rispetto al mese di maggio.

A Napolil’aumento più basso (+4,49%), a Milano, Trento e Trieste quello più elevato (+6,6%); la maggiore spesa per tale tipologia di contratto sfiora in media i +100 euro annui a utenza. Per chi sceglie un contratto a prezzo variabile, la migliore offerta oggi disponibile sul mercato libero risulta più alta di quasi 190 euro all’anno, in media appunto il 12,5% in più: Milano e Trento guidano gli aumenti rispettivamente con un +13,28% e 13,49%; il rincaro meno consistente, che è comunque dell’11,3%, si registra a Palermo.

Meno differenze sul territorio per il mercato libero della luce: la migliore offerta oggi disponibile sul portale Arera è infatti la stessa in tutte le città e prevede identiche condizioni sul territorio: considerata una famiglia con 3 kW di potenza e un consumo da 2.700 kWh annui, la bolletta media risulta pari a 735,08 euro se si opta per il prezzo fisso, poco di meno per il prezzo variabile, 732,51 euro, l’8,43% in più rispetto a sei mesi fa per il prezzo fisso, con un aggravio di spesa di circa 57 euro annui a utenza, e del 7,5% per il prezzo variabile (+51 euro annui). Rispetto al mercato tutelato dove sono rimasti i clienti vulnerabili, invece, la maggiore spesa con queste offerte si attesta a circa a 100 euro annui a utenza. “Come prevedibile in vista dell’inverno e della maggiore domanda di energia da parte delle famiglie durante i mesi freddi, le offerte commerciali registrano sensibili rialzi delle tariffe proposte al pubblico come effetto degli aumenti dei prezzi sui mercati – spiega il presidente Assium, Federico Bevilacqua – La conseguenza è che chi oggi passa al mercato libero o decide di cambiare fornitore va incontro a condizioni economiche meno convenienti e dovrà mettere mano al portafogli”.

“Con la tutela i prezzi della materia prima erano decisamente molto più bassi perché sappiamo che gli acquisti venivano effettuati in maniera collettiva, così come i cosiddetti costi di commercializzazione che si riferivano unicamente ai servizi di call center, all’emissione della fatturazione all’assistenza clienti e così via. Oggi invece con il venir meno del regime tutelato le aziende del libero mercato hanno capito che possono aumentare sia il prezzo della materia prima sia il prezzo dei costi accessori”, affermano i consumatori. “L’analisi conferma quanto affermato da tempo”, “sia il mercato tutelato per i vulnerabili, sia il mercato libero, non hanno dato alcun giovamento alle famiglie sul fronte dei costi in bolletta”, dice Assoutenti. “La soluzione ai continui rincari delle tariffe è un intervento di sistema del governo italiano per abbassare complessivamente il costo dell’energia al megawattora”.

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Economia

Giorgetti vede Spohr, si tratta su Ita-Lufthansa

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La trattativa Ita-Lufthansa passa direttamente nelle mani di Giancarlo Giorgetti. Il ministro dell’Economia incontrerà entro il fine settimana, probabilmente già domani, Carsten Spohr, con l’obiettivo di trovare un compromesso con l’inflessibile amministratore delegato della compagnia tedesca. Ufficialmente il Mef non commenta la notizia arrivata da fonti europee. Ma dopo le tensioni della scorsa notte, che hanno portato all’interruzione dei negoziati per un accordo che sembrava ormai alle battute finali, lo stesso Giorgetti non ha negato la possibilità di un faccia a faccia, definito anzi “opportuno”. A dominare il tavolo di confronto saranno questioni di prezzo.

Secondo le notizie trapelate finora, la sera del 4 novembre, basandosi sulle clausole contrattuali, Lufthansa avrebbe infatti chiesto al Mef uno sconto sulla cifra da sborsare per la seconda tranche per la newco tricolore a seguito del primo aumento di capitale da 325 milioni di euro, giustificandosi con il costo di alcuni investimenti fatti dopo l’accordo di alleanza del 2023. Una richiesta che il ministero dell’Economia avrebbe bollato come “inaccettabile” anche alla luce del miglioramento della posizione economica di Ita e in vista della probabile crescita del traffico aereo per il Giubileo del 2025.

Il tentativo di ricucitura è ora affidato a Giorgetti, forte del fatto che nessuna delle due parti sembra davvero intenzionata a far saltare l’accordo. Sui cieli europei intanto a preoccupare sono anche i conti di Air France-Klm. Il gruppo ha chiuso il terzo trimestre con un utile operativo in calo del 12% a 1,18 miliardi di euro, deludendo le attese degli analisti e prevedendo anche di sostenere costi più elevati di quelli precedentemente stimati per quest’anno a seguito di una revisione dell’accordo salariale e di un aumento dei costi di manutenzione.

Anziché aiutare, le Olimpiadi di Parigi hanno allontanato i turisti dalla capitale, influendo negativamente sui conti. Il titolo ne ha risentito pesantemente in Borsa dove è arrivato a perdere l’11%.

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Giorgetti ottimista sul Pil apre a modifiche su manovra

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L’incertezza che domina l’economia internazionale richiede all’Italia scelte di bilancio prudenti ma non fiacca l’ottimismo sul Pil. Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (foto imagoeconomica  in evidenza) c’è ancora spazio per crescere più di quello che vedono previsori come Bankitalia o Upb, perché nell’ultima parte dell’anno il Pil dovrebbe tornare in espansione, dopo lo stallo del terzo trimestre. Bisogna comunque mantenersi cauti, perché i vincoli europei non lasciano troppi margini, però la manovra non è immutabile: fatto salvo l’impianto e i principi dietro ogni norma, su alcune si può lavorare assieme al Parlamento, accogliendo qualche richiesta di modifica.

Dal blocco del turnover per le forze dell’ordine ai revisori del Mef nelle aziende che prendono contributi pubblici, il ministro apre a modifiche, seppur limitate che comunque non soddisfano le opposizioni. “Non sarei stupito da una revisione al rialzo delle stime preliminari del Pil 2024”, ha detto Giorgetti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, chiudendo il ciclo di audizioni sulla legge di bilancio 2025. “L’Italia è forte”, ha ribadito anche la premier Giorgia Meloni parlando agli industriali di Brescia e Bergamo e invitandoli a “fare squadra”. Per il ministro dell’Economia le prospettive di crescita a breve termine sono dunque “ancora incoraggianti” e i modelli che utilizza il Tesoro per fare le previsioni vedono un Pil in espansione nel trimestre finale dell’anno, grazie al recupero della domanda estera e alla ripresa dei consumi che prosegue.

Del resto negli ultimi anni “il sistema economico italiano ha mostrato una tenuta superiore alle previsioni di molti”, e “le stime iniziali di crescita del Pil dell’Istat sono state successivamente riviste al rialzo in misura inedita”. La speranza è che accada ancora. Certo, non c’è spazio per ampliare la manovra. Tanto che risulta “ambizioso” anche il target del 2% di spesa richiesto dalla Nato, che sarà mancato per i prossimi tre anni. Nel 2025 si fermerà all’1,57%, nel 2026 all’1,58% e nel 2027 all’1,61%. La spesa va tenuta sotto controllo perché, spiega Giorgetti, è l’unico modo per affrontare “il fardello del debito” che con i suoi interessi ogni anno toglie 45 miliardi a scuola, pensionati, sanità. Dati gli spazi ridotti che richiedono prudenza, il ministro difende le scelte del governo. Ricorda che la priorità è stata data alle famiglie di reddito medio basso e ai lavoratori dipendenti, e quindi “sorprende” che le critiche “vengano proprio dai sindacati”.

Sulla sanità ribadisce che la spesa sale più del limite fissato nel Psb, e per gli enti locali non ci sono tagli ma solo accantonamenti che restano nella loro disponibilità. Anche i tagli del fondo automotive non toccano “le imprese che vogliono riconvertire”, ma rottamazioni e incentivi all’acquisto di auto elettriche prodotte in Cina o altri Paesi. Con la fine delle audizioni sulla manovra si passa alla fase delle modifiche al testo. I partiti dovranno presentare i propri emendamenti entro lunedì prossimo, da cui selezioneranno quelli irrinunciabili (o segnalati) il 18 novembre. Giorgetti indica già le strade percorribili e si dice “apertissimo”, ad esempio, a modifiche sui revisori del Mef nelle società che prendono contributi pubblici, purché si mantenga il principio che “chi riceve il contributo dello Stato deve avere un comportamento parsimonioso”.

Modifiche possibili anche sulla tassa per le crypto che dal 26% passa al 42%, contestata proprio dalla Lega: per Giorgetti si può pensare a forme di tassazione diverse rispetto alla permanenza in portafoglio degli investimenti. Sul blocco del turnover il ministro invece chiede al Parlamento di indicare i settori per i quali non è giustificato, come la sicurezza. Non chiude la porta nemmeno sui tagli alla metro C di Roma. Ma la situazione è complessa, perché “manca la progettazione definitiva” di cui il Mef ha bisogno per stanziare i fondi. Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri contesta il taglio, e spiega che non si può separare il finanziamento della progettazione da quello della realizzazione perché “implicherebbe un aumento di tempi e costi”. Giorgetti non ha preclusioni: “E’ un’opera meritoria, vediamo come organizzarci in modo che gli stanziamenti vengano fatti”. Purché “non si bruci spazio fiscale a scapito di altro”.

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