Sono già stati disposti dalla procura di Roma gli accertamenti per chiarire le cause della morte di Andrea Purgatori: non solo l’autopsia ma anche una tac e eventuali ulteriori approfondimenti. Dopo la denuncia dei familiari del giornalista -che chiedono di sapere se la diagnosi e la terapia approntata siano state corrette ed appropriate- l’indagine ha subito un’accelerazione. I due medici indagati, il professor Gianfranco Gualdi, responsabile della radiologia della clinica Pio XI, e il dottor Claudio di Biasi, membro della sua équipe, sottolineano, attraverso il loro legale, che il loro operato “è stato corretto”. Al giornalista, morto il 19 luglio, era stato diagnosticato ai primi di maggio un tumore al polmone con metastasi al cervello, da qui la scelta di sottoporlo ad una radioterapia ad alto dosaggio all’encefalo.
Una diagnosi e una terapia, è il sospetto dei familiari, non corrette alla luce di successivi accertamenti che avrebbero mostrato l’assenza di metastasi al cervello e rilevato, invece, forme ischemiche. In questo quadro prenderebbe forma anche l’ipotesi che a causare la morte di Purgatori, debilitato anche dalla radioterapia, possa essere stata un’infezione, una pericardite settica. Per far luce su tutto questo la Procura ha già fissato la tabella di marcia: martedì sarà svolta la tac, anche per accertare la presenza o meno di metastasi o tracce di eventi ischemici al cervello. Mercoledì invece sarà effettuata l’autopsia. L’incarico per svolgere l’esame è stato dato all’istituto di medicina legale del Policlinico di Tor Vergata.
Tra i quesiti degli accertamenti la verifica della presenza di metastasi, dove e a che stadio, e possibili tracce di un’ischemia e il suo livello di gravità. Inoltre si verificherà l’esatta causa della morte. Centrale è la necessità di verificare la correttezza della diagnosi di tumore metastatico emersa dagli accertamenti effettuati nella clinica Pio XI. I pm, coordinati dall’aggiunto Sergio Colaiocco, contestano ai due sanitari indagati, Gualdi e di Biasi, il reato di omicidio colposo. “Rispettiamo il dolore della famiglia e ci sottraiamo dal processo mediatico. Speriamo che il clamore si attenui e siamo sicuri che gli accertamenti tecnici dimostreranno la correttezza del loro operato” afferma l’avvocato Fabio Lattanzi, difensore dei due medici. La diagnosi di metastasi cerebrali arriva ai primi di maggio dal professor Gualdi, un luminare, conosciuto anche come il radiologo dei Papi.
Dal 1981 è consulente radiologo del Vaticano ed è stato tra l’altro responsabile del servizio di Radiodiagnostica per la Roma Calcio dal 1977 al 2000, come si legge nel lunghissimo curriculum. La sua diagnosi, come riferiscono i familiari del giornalista nella denuncia, non coincide con quella successiva fatta a giugno da Alessandro Bozzao, professore di neuroradiologia a La Sapienza e responsabile dell’unità relativa al Sant’Andrea. La Tac approntata presso la clinica Villa Margherita non rileva infatti la presenza di metastasi al cervello, ma solo tracce di ischemie cerebrali. Un quadro confermato anche da un’ulteriore risonanza effettuata in un’altra struttura. Tra Gualdi e Bozzao ci sarebbe stata anche una lite, sempre secondo quanto risulta ai familiari.
Lite che il professor Bozzao però smentisce. Quanto alla diversa diagnosi Bozzao in un’intervista al Messaggero chiarisce: “In genere queste diagnosi sono piuttosto facili. Ma ci sono casi, come questo, in cui possono essere difficili” perché le metastasi “potrebbero confondersi con qualcos’altro. Gli esami che ha fatto il paziente sono stati corretti, è l’interpretazione che può essere variabile. Dipende dall’esperienza e dalla professionalità di chi legge l’immagine”. La verità la scriveranno i giudici.
Il 23 novembre 1980 è una data incisa nella memoria dell’Italia. Alle ore 19:35, una scossa di terremoto di magnitudo 6,8, seguita da un’altra di magnitudo 5, devastò le province di Avellino, Salerno e Potenza, colpendo anche altre zone della Campania e della Basilicata. Una tragedia che causò migliaia di vittime e distrusse interi paesi, lasciando ferite profonde nel cuore delle comunità.
A 44 anni di distanza, i Vigili del Fuoco di Avellino, insieme alle istituzioni e ai cittadini, vogliono rendere omaggio alle vittime e ai feriti di quella catastrofe, ricordando anche il sacrificio di chi, con coraggio e abnegazione, si mobilitò per portare soccorso.
Il ricordo dei soccorritori
I Vigili del Fuoco furono tra i protagonisti della risposta all’emergenza. Nonostante le difficoltà rappresentate da un territorio montagnoso, dalle condizioni meteorologiche avverse e dalle vie di comunicazione interrotte, operarono senza sosta per mesi. Ragazzi che, con il loro spirito di adattamento, riuscirono a superare ogni ostacolo, guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione della popolazione colpita.
«Vogliamo ricordare l’immane lavoro dei nostri colleghi Vigili del Fuoco, che affrontarono sacrifici personali senza precedenti per fronteggiare una situazione straordinaria», sottolineano oggi i rappresentanti del corpo.
Un messaggio dal Ministro Piantedosi
Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha partecipato alle commemorazioni a Sant’Angelo dei Lombardi, uno dei comuni più colpiti dal sisma, ricordando con commozione il sacrificio delle vittime e il moto di solidarietà che ne seguì.
«Quella tragedia rappresentò uno spartiacque per il nostro Paese, evidenziando la necessità di un Sistema nazionale di protezione civile. Oggi, la Protezione Civile italiana è un modello d’eccellenza riconosciuto a livello internazionale», ha dichiarato Piantedosi.
L’impatto storico e umano
La scossa devastò un’area di 17.000 chilometri quadrati, rendendo i soccorsi estremamente complessi. Cinque giorni dopo il sisma, tutti i corpi erano stati estratti dalle macerie, ma il lavoro di ricostruzione e assistenza durò per mesi. Allora, il presidente Sandro Pertini denunciò i gravi ritardi nei soccorsi, sollevando l’urgenza di migliorare le risposte alle emergenze.
Quella tragedia fu il punto di partenza per la nascita, nel 1982, del Dipartimento della Protezione Civile, che oggi coordina le emergenze sul territorio nazionale con rapidità ed efficacia.
Un tributo all’Italia solidale
L’anniversario del terremoto in Irpinia è un’occasione per ricordare non solo il dolore, ma anche la straordinaria solidarietà che unì il Paese. Da ogni angolo d’Italia arrivarono soccorritori e aiuti per sostenere le popolazioni colpite.
I Vigili del Fuoco di Avellino celebrano oggi il coraggio e la dedizione di chi si sacrificò per portare speranza e sollievo in un momento di disperazione, riaffermando il valore della memoria collettiva e dell’impegno civile.
Questa mattina, alle ore 8:35, è stata registrata una lieve scossa di terremoto di magnitudo 2,2 della scala Richter sul Vesuvio, precisamente sul versante di Ottaviano. La scossa, localizzata a una profondità di appena 20 metri, è stata percepita dalla popolazione locale, sebbene senza provocare danni.
Un evento di natura superficiale
La particolarità di questo evento sismico è la sua natura superficiale: essendo avvenuto a una profondità molto ridotta, il movimento del suolo è stato avvertito con maggiore intensità nelle aree circostanti l’epicentro, pur trattandosi di una magnitudo contenuta.
La rete di monitoraggio sul Vesuvio
Il Vesuvio, uno dei vulcani attivi più monitorati al mondo, è costantemente sotto osservazione dagli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Gli eventi sismici di bassa intensità e profondità, come quello di questa mattina, rientrano nelle normali attività vulcaniche e tettoniche dell’area.
Cosa significa per la popolazione
Gli esperti sottolineano che una scossa di questa entità non rappresenta un motivo di preoccupazione. Tali fenomeni sono parte della normale attività geodinamica dell’area vesuviana e non indicano necessariamente cambiamenti significativi nel comportamento del vulcano.
Consigli per la cittadinanza
È sempre utile che la popolazione residente in aree vulcaniche adotti semplici pratiche di prevenzione e segua le comunicazioni ufficiali delle autorità locali e degli enti scientifici.
L’evento odierno, pur avvertito dalla cittadinanza, rientra nella casistica di scosse leggere che non destano particolari allarmi, ma che ricordano l’importanza di vivere consapevolmente in una zona caratterizzata da fenomeni naturali unici.
Ad Avellino l’intervento congiunto dei Vigili del Fuoco e della Polizia di Stato hanno portato al salvataggio di una donna e dei suoi figli da una situazione critica.
Il delicato intervento si è svolto ad Avellino, in via Circumvallazione, dove i Vigili del Fuoco sono intervenuti su richiesta della Polizia di Stato per affrontare una grave situazione di emergenza familiare. Un uomo, armato di coltello, minacciava la sua compagna, una donna di origini senegalesi, e i loro tre figli: due bambine e un maschietto.
La donna, temendo per la propria vita e quella dei suoi figli, si era rifugiata in una stanza chiusa a chiave. In cerca di aiuto, aveva portato i bambini sul balcone, attirando così l’attenzione delle forze dell’ordine e dei soccorritori. La tempestività dei Vigili del Fuoco, intervenuti con un’autoscala, ha permesso di mettere subito in salvo le due bambine, che sono state portate in un luogo sicuro.
Mentre l’operazione di soccorso continuava per raggiungere la madre e il figlio, l’uomo è riuscito a sfondare la porta della stanza, aumentando ulteriormente il rischio per i presenti. È stato in quel momento che gli agenti della Polizia di Stato, già sul posto, sono intervenuti con prontezza, riuscendo a bloccare e neutralizzare l’aggressore prima che potesse ferire qualcuno.
Completata la messa in sicurezza dell’uomo, i Vigili del Fuoco hanno riportato le bambine al fianco della madre, concludendo con successo l’intervento. Nessuno tra i coinvolti ha riportato ferite, e la donna e i suoi figli sono stati affidati alle cure dei servizi sociali per il supporto necessario.