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Putin vuole estromettere Prigozhin dai Wagner e metterci un suo uomo di fiducia

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Cosa ne sarà della compagnia Wagner? All’indomani della marcia armata su Mosca, il futuro del famigerato gruppo di mercenari resta incerto, e con esso quello del suo capo, Yevgeny Prigozhin. Vladimir Putin sostiene di aver incontrato ben 35 comandanti della compagnia lo scorso 29 giugno, appena cinque giorni dopo l’ammutinamento. E quello che ha raccontato al quotidiano Kommersant sembra lasciar intendere che il presidente russo non voglia più Prigozhin a capo della Wagner. Proprio nel giorno in cui l’ex oligarca è riapparso in una foto diffusa soprattutto su canali Telegram filo-Cremlino: una posa decisamente dimessa, addirittura in mutande e maglietta, in quello che viene definito un accampamento in Bielorussia. Nessuna conferma su data e luogo dello scatto, ma l’immagine sembra voler gettare discredito sull’uomo che per 24 ore aveva spaventato il Cremlino. Putin, nelle insolite rivelazioni a media sulla trattativa coi Wagner dopo la tentata rivolta, ha messo in dubbio, dal punto di vista legale, l’esistenza stessa della divisione che per anni è stata il suo braccio armato non ufficiale non solo in Ucraina, ma anche in Libia, in Siria e in Repubblica Centrafricana.

“La Wagner non esiste, non abbiamo una legge per le organizzazioni militari private”, ha detto lo zar, mentre in seguito il Cremlino ha fatto sapere che si prenderà in considerazione la possibilità di garantire uno status giuridico alla compagnia. Con l’obiettivo di portare i mercenari direttamente sotto il controllo di Putin, senza intermediazioni potenzialmente pericolose. Nell’intervista, Putin ha riferito inoltre di un tentativo di estromettere Prigozhin dalla guida dei mercenari. Proponendo un nuovo capo il cui nome di battaglia è “Sedoy”, cioè “capelli grigi”. A suo dire “la persona che è stata il loro vero comandante” negli ultimi 16 mesi (stando ad alcuni media si tratterebbe dell’ex colonnello Andrei Troshev). Secondo il leader russo, molti avrebbero annuito alle sue parole ma Prigozhin avrebbe respinto l’offerta. “No, i ragazzi non sono d’accordo”, sarebbe stata la sua risposta. E’ impossibile verificare il racconto del leader del Cremlino (che tra l’altro non compare nella trascrizione ufficiale dell’intervista fatta dalla presidenza russa), ma sembra chiaro che – dopo la più grave crisi finora vissuta dal suo regime – Putin voglia apparire all’opinione pubblica russa di nuovo come un leader forte che controlla la situazione.

E allo stesso tempo mettere in cattiva luce il suo ex alleato, screditandolo anche con attacchi mediatici. Una campagna di cui fanno parte le recenti immagini sulla ricchezza della villa del leader mercenario, e probabilmente anche l’ultima foto dalla tenda in Bielorussia. L’intento di Putin sembra invece quello di voler salvare i Wagner, che per “la maggior parte sono dei patrioti”, accusando di tradimento soltanto gli organizzatori della marcia su Mosca. Gli Stati Uniti comunque sostengono che, dopo il loro tentativo di ribaltare i vertici delle forze armate russe, i mercenari della Wagner non partecipino più “in misura significativa” agli scontri armati in Ucraina.

“In questa fase, non vediamo tali forze partecipare in modo significativo a sostegno delle operazioni di combattimento in Ucraina”, dicono dal Pentagono, precisando però che “la maggior parte” dei miliziani della compagnia sarebbe ancora nelle regioni ucraine occupate dalle truppe russe. Nulla è insomma certo sul futuro della Wagner. Il regime di Minsk ha annunciato che alcuni mercenari sarebbero già in Bielorussia per fare da istruttori alle forze armate locali “in alcune discipline militari”. Secondo un filmato pubblicato dal ministero della Difesa, sarebbero in un campo di addestramento vicino a Osipovichi, circa 100 chilometri a sud-est di Minsk. La notizia però non è confermabile e in ogni caso non c’è nessuna indicazione di quanti sarebbero, eventualmente, i mercenari nel Paese. Il misterioso accordo per mettere fine all’ammutinamento però – stando al Cremlino – prevedeva che Prigozhin e i mercenari che lo avessero voluto si sarebbero trasferiti in esilio proprio in Bielorussia.

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Giudice sospende caso contro Trump per assalto al Capitol

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Tanya Chutkan, la giudice che supervisiona il caso contro Donald Trump per l’assalto al Capitol, ha accolto la richiesta del procuratore speciale Jack Smith di sospendere le procedure in corso e ha annullato tutte le scadenze pendenti nella fase pre-processuale. Un passo legato alla consolidata prassi del Dipartimento di Giustizia secondo cui un presidente in carica non può essere perseguito.

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Discussioni al Pentagono su come reagire a ordini illegali Trump

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Dirigenti del Pentagono stanno tenendo discussioni informali su cosa fare se Donald Trump dovesse dare un ordine illegale, come ad esempio dispiegare l’esercito internamente, e si stanno preparando all’eventualità che possa modificare le regole per poter licenziare numerosi funzionari pubblici di carriera. Lo riferisce la Cnn. Durante la campagna elettorale, Trump ha ventilato l’ipotesi di impiegare l’esercito contro i suoi nemici politici e anche per respingere i migranti al confine col Messico. La legge americana generalmente vieta l’impiego delle truppe attive per scopi di ordine pubblico. Esistono anche timori che possa smantellare il ruolo dei civili nel Pentagono e sostituire il personale licenziato con dipendenti scelti per la loro lealtà nei suoi confronti.

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Il futuro di Harris dopo la sconfitta

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Kamala Harris non pensa ancora al futuro. La ferita della sconfitta è ancora troppo fresca per consentirle di guardare avanti con lucidità. Ipotizzare la strada che intraprenderà, riferiscono amici e consiglieri, è prematuro ma la vicepresidente potrebbe avere varie opzioni fra cui scegliere una volta che i tempi saranno maturi. La possibilità che resti in politica è la più remota. Al momento anche solo pensare a una sua ricandidatura alle elezioni del 2028 appare un miraggio, considerata la facilità con cui Donald Trump ha vinto. Ma quattro anni in politica sono un’eternità e Harris ha accesso a una vasta rete di donatori che, se il mandato del presidente-eletto dovesse essere caotico, forse potrebbe sostenerla ancora nel cercare di realizzare il sogno di infrangere il soffitto di cristallo. Harris difficilmente – riporta il New York Times – potrebbe decidere di ricandidarsi per il Senato: i due senatori che rappresenteranno la California sono appena stati eletti ed è improbabile che lascino a breve. Nel suo stato Harris potrebbe aspirare a diventare governatrice, raccogliendo l’eredità di Gavin Newsom qualora decidesse, come si vocifera da tempo, di scendere in campo nel 2028.

Fra gli incarichi istituzionali c’è chi sogna che Joe Biden la nomini alla Corte Suprema prima del suo addio alla Casa Bianca. Un’ipotesi irrealizzabile visto che i democratici dovrebbero prima convincere la giudice Sonya Sotomayor a lasciare e poi premere sull’acceleratore per confermare Harris prima del 20 gennaio. Le ipotesi che, al momento, sono le più accreditate fra i sui alleati sono il settore privato, anche nei panni di lobbista, o l’ingresso in un think tank dove avrebbe la possibilità di portare avanti le sue cause senza le restrizioni imposte dal ruolo di vicepresidente di Biden. Harris potrebbe optare anche per scrivere un libro, sulla scia di quanto fatto da Hillary Clinton nel 2016 dopo la sconfitta contro Donald Trump. Quello che appare certo è che la vicepresidente, trascorsi questi ultimi 70 giorni alla Casa Bianca, si prenderà del tempo per sé stessa e per riflettere sulle sue prossime mosse fra passeggiate e cibo non consumato in aereo. Poco prima del voto, per l’esattezza il 27 ottobre, Harris aveva infatti chiarito che fra i suoi piani post-elezioni ci sarebbe stato “ingrassare qualche chilo”. “Mi stanno consumando”, aveva scherzato ignara di quello che l’avrebbe attesa solo qualche giorno dopo.

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