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Mes in aula, la maggioranza il 5 chiederà rinvio

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Con un nuovo inedito per il Parlamento italiano, vale a dire la decisione del governo di rimettersi alla posizione delle opposizioni, la Commissione Esteri della Camera ha dato il via libera al ddl di ratifica del Mes che nelle prossime ore approderà in Aula per la discussione generale, ma con la dichiarata intenzione della maggioranza di rinviare poi il voto della ratifica, previsto per il 5 luglio, probabilmente a dopo la sessione di Bilancio. In Commissione Esteri, chiamata al voto finale sul ddl di ratifica del Mes, si è assistito per la seconda volta all’Aventino al contrario della maggioranza, che ha disertato i lavori, ad eccezione del presidente Giulio Tremonti. Ad approvare il testo sono stati Pd, Azione-Iv e +Europa.

Il nuovo inedito ha riguardato il governo che deve sempre esprimere il parere su tutti gli atti parlamentari; ebbene, il viceministro Edmondo Cirielli non ha dato né parere positivo né negativo, rimettendosi alle decisioni dei presenti, cioè delle opposizioni. Un evento mai accaduto nel Parlamento repubblicano. “E’ una anomalia che il governo in politica estera non decida, ma si rimetta alle decisioni dell’opposizione”, ha detto Piero De Luca (Pd), presentatore del ddl di ratifica. Cirielli ha detto di aver voluto “rispettare il confronto parlamentare” con il suo parere “remissivo”, ma tutti gli esponenti dell’opposizione presenti lo hanno criticato, dalla relatrice Naike Gruppioni (Azione-Iv), a Benedetto della Vedova (+Europa) a Laura Boldrini(Pd). Nell’aula della Camera si aprirà la discussione generale al termine della quale dovrà intervenire il governo, e c’è attesa e curiosità per questo passaggio. Tuttavia il voto della ratifica da parte dell’Aula, sollecitato anche in giornata dal presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe, non ci sarà nei prossimi giorni.

Mercoledì, quando verrà ripreso l’esame del ddl, la maggioranza presenterà una sospensiva, vale a dire la richiesta di interrompere l’esame e rinviarlo. Questo strumento (articolo 40 del Regolamento della Camera) prevede che la richiesta di rinvio sia motivata e sia indicato il momento in cui riprendere l’esame del ddl. Probabilmente, tra le motivazioni saranno indicate anche quelle puntigliosamente elencate dalla premier Giorgia Meloni mercoledì in Parlamento, a partire dalla necessità di concludere prima la trattativa con i partner europei sulla riforma del Patto di stabilità e su altri dossier, come le modifiche al Pnrr. Un argomento che secondo le opposizioni renderà semmai più difficile la trattativa (come hanno affermato Mariastella Gelmini o Boldrini), anche a giudicare da quanto affermato appena una settimana fa dal ministro delle finanze tedesco Lindner. Per quanto riguarda invece il momento in cui riprendere l’esame del ddl di ratifica, nella maggioranza si sta discutendo quale data indicare. C’è nella Lega chi suggerisce dopo le europee del 2024, ma l’obiezione generale è che ciò apparirebbe una sfida all’attuale Commissione che è in carica fino a quella tornata elettorale. E’ dunque più probabile, riferiscono diversi deputati della maggioranza, che venga richiesto un rinvio a dopo la sessione di bilancio, quindi fine dicembre o a genaio 2024, quando si saprà anche l’esito della trattativa sul nuovo Patto di stabilità.

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Mattarella: scuola è pilastro ma prof poco pagati

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Scuola in festa a Cagliari per l’inaugurazione dell’anno scolastico 2024-2025. Un sistema educativo “pilastro fondamentale della vita della Repubblica” e dalla cui qualità “dipende strettamente il futuro della nostra società”, come ha ricordato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha fatto gli auguri in diretta televisiva a tutti gli studenti e ai 1300 presenti all’evento ‘Tutti a scuola’ che si è tenuto nel capoluogo sardo con i ministri dell’Istruzione e dello Sport, Giuseppe Valditara e Andrea Abodi. Un appuntamento itinerante con i ragazzi che hanno salutato con entusiasmo non solo la delegazione olimpionica guidata dal presidente del Coni Giovanni Malagò e dalle pallavoliste italiane Paola Egonu, Alessia Orro, Myriam Silla e Anna Danesi e dalla windsurfista Marta Maggetti, ma anche lo stesso capo dello Stato: “grande Sergio!” si è sentito più volte dalla platea dei giovanissimi. Il presidente ha sottolineato i problemi ancora aperti nel mondo scolastico e tra i giovani. In primis le retribuzioni dei docenti “spesso non all’altezza di altri Paesi europei”.

Con il ministro Valditara che ha però ricordato la rinnovata attenzione da parte del governo al personale della scuola perché “lo merita per il lavoro che fa e che è strategico”, Poi c è il fenomeno del bullismo e cyberbullismo che, “nonostante i tanti sforzi, sono tuttora diffusi tra i nostri giovani”. Per Mattarella “occorre rinnovare un’azione rivolta a reprimere e anzitutto a prevenire, incidendo sulle cause profonde. Non possiamo più chiudere gli occhi di fronte a tanti fatti di cronaca, a tanti episodi di varia gravità ma tutti intollerabili”, ha ammonito evidenziando che il disagio giovanile è “una grande e urgente questione nazionale”. Serve, gli ha fatto eco il ministro dell’Istruzione e del Merito, una “cultura del rispetto come antidoto ai fenomeni del bullismo: credo profondamente nella capacità della scuola di insegnare la bellezza del saper incontrare l’altro con il sorriso”.

E se vi è la necessità di un nuovo “patto educativo tra famiglie e insegnanti, visto che quello passato “si è incrinato” – ha sottolineato il capo dello Stato -, la nuova scuola avulsa da “gerarchie del sapere” o “piramidi dei talenti” sembra passare da un modello delle tre I fondato su informatica, impresa e inglese a quello che punta su intelligenza artificiale (per potenziare la didattica ma anche messa a disposizione per alcune disabilità), integrazione (“superando i gap formativi degli studenti stranieri di prima generazione”) e inclusione (per evitare il ‘dramma’ a quegli studenti disabili costretti a cambiare i loro prof di sostegno precari). Insomma alla scuola serve una svolta nella quale “l’Europa sia l’orizzonte”, ha puntualizzato Mattarella ma che si differenzi da quei “diplomifici”, scoperti recentemente dalla Guardia di Finanza, che .- ha spiegato Valditara – “non sono affatto al servizio della crescita della persona e della valorizzazione dei talenti e che, in realtà, non fanno il bene dei nostri giovani”.

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Salvini: processo attacco a governo, sarà Pontida di lotta

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Niente armi per carità, ridimensiona netta Giulia Bongiorno. Né uno scontro a viso aperto con i pm. Ma una battaglia “pacifica e democratica” a difesa di Matteo Salvini, ci sarà. Scandita a tappe, dal prossimo weekend e, di sicuro, fino al 6 ottobre. Quella domenica, il sacro pratone di Pontida accoglierà di nuovo il popolo della Lega per il tradizionale raduno bergamasco e stavolta avrà una causa in più da sostenere: la difesa della libertà. Quella del suo segretario, prima di tutto. Messa a rischio da “un tentativo della sinistra di attaccare il governo e il diritto alla difesa dei confini nazionali”. Salvini descrive così i sei anni di carcere che rischia, per l’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. E’ quanto gli contesta la procura di Palermo per aver impedito lo sbarco di 147 migranti dalla nave Open Arms a Lampedusa, da ministro dell’Interno nel 2019. Ora la Lega fa scudo attorno al suo leader. E in un consiglio federale convocato d’urgenza, 48 ore dopo la requisitoria dei pm, il partito traccia la linea. Un po’ difensiva e parecchio di attacco, è l’impressione.

“Si tratta di un processo politico”, arringa i suoi il Capitano, a inizio riunione. Tesi che il presidente dell’associazione magistrati smonta: per Giuseppe Santalucia, di politico c’è solo l’imputato ma “non è un processo alla politica” perché, rimarca, “in un sistema di democrazia costituzionale come il nostro, anche un ministro può essere soggetto a controlli di legalità”. Quindi l’ipotesi che “la magistratura si arresti di fronte a politica e politici sarebbe incostituzionale”, taglia corto il magistrato a La7. Intanto la Lega va avanti. E nella riunione di un’ora definisce un battage con gazebo nelle piazze dal prossimo weekend e nel successivo. Così fino a Pontida, che il numero due di Salvini, Andrea Crippa promette sarà “vivace” e “internazionale”. Invitati i principali alleati internazionali: da Marine Le Pen (che fu la super ospite l’anno scorso) all’olandese di ultradestra Geert Wilders. Un marcamento, serrato nei toni e stretto nei tempi, per tenere alta la causa con elettori e militanti. E non si esclude che possa essere un crescendo verso una grande manifestazione di piazza a Palermo il 18 ottobre. Quel giorno è prevista l’arringa dell’avvocata di Salvini (oltre che senatrice della Lega), nell’aula bunker di Palermo dove si celebra il processo. Un luogo più che simbolico per la giustizia in Italia. Forte, allora, la tentazione di “una chiamata alle armi” a tutti i leghisti per blindare – anche fisicamente – il leader a ridosso del suo momento più difficile. Inevitabile il ricordo di tutta Forza Italia davanti al palazzo di giustizia di Milano nel 2013 a difesa di Berlusconi, a processo per il caso Ruby. Un’immagine che però lascia scettici molti leghisti preoccupati dal confronto. Per Salvini, la sentenza di primo grado arriverà dopo le cosiddette ‘udienze di repliche’, ricorda Bongiorno, forse “dopo una settimana o due”.

In ogni caso la legale di Salvini impone cautela: “Non c’è nessuna voglia di acutizzare scontri con la magistratura. C’è assoluta e piena fiducia nei confronti della magistratura” ma insiste “in questo processo ci sono alcune anomalie” ossia “si è focalizzata l’attenzione sul singolo caso” pur essendoci stati altri precedenti. Intanto, oltre al sostegno degli alleati di governo in Italia, il vicepremier leghista incassa la rinnovata vicinanza di Viktor Orban: il presidente ungherese lo incorona “il patriota più coraggioso d’Europa” e soprattutto “il nostro eroe!” parlando a nome dei sovranisti probabilmente. In un tweet aggiunge che è stato “punito per aver fermato l’immigrazione” e che “coloro che difendono l’Europa vengono costantemente penalizzati”. Il Capitano lo ringrazia annunciando: “Ci vediamo venerdì nella splendida città di Budapest” (l’occasione sarà il vertice informale dei ministri dei Trasporti nella capitale ungherese) e assicura: “Il processo e le minacce non fermeranno il vento del cambiamento e della libertà che soffia in Europa”.

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Caso Cospito, il testimone Donzelli: Delmastro disse che erano notizie non riservate

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“Delmastro mi assicurò che quelle notizie che mi aveva riferito” sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito “non erano segrete” ed in prima battuta “non gli ho chiesto da chi arrivassero queste informazioni ma supponevo arrivassero dal Dap”. E’ quanto ha sostenuto in tribunale, a Roma, il parlamentare di Fdi, Giovanni Donzelli, sentito come testimone nel processo che vede imputato il sottosegretario alla Giustizia per l’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio in relazione al caso dell’anarchico abruzzese protagonista, tra l’ottobre del 2022 e l’inizio del 2023, di un lungo sciopero della fame attuato per protestare contro il regime del carcere duro a cui è sottoposto.

Il processo ruota intorno alle dichiarazioni fatte nel gennaio del 2023 dal responsabile dell’organizzazione di Fdi, Donzelli, alla Camera dei deputati. L’esponente di Fratelli d’Italia riferì il contenuto di conversazioni avvenute nell’ora d’aria nel carcere di Sassari tra Cospito e alcuni detenuti di camorra e ‘ndrangheta, anche loro al 41 bis. Informazioni che Donzelli ebbe proprio dal sottosegretario, che ha la delega del ministro della Giustizia al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Nel processo compaiono, come parti civili, quattro parlamentari Pd: Silvio Lai, Debora Serracchiani, Walter Verini e Andrea Orlando. Nel corso dell’audizione, davanti ai giudici dell’ottava sezione collegiale di piazzale Clodio, Donzelli ha fornito la sua versione ricostruendo le tappe dei colloqui avuti con il collega di partito.

“Ricordo che il 30 gennaio del 2023 parlai con lui per la prima volta dei rapporti tra Cospito e altri detenuti – ha detto il testimone -. Fu un colloquio generico, il tema era il 41 bis. La mattina seguente, dopo avere letto un articolo su un quotidiano, ho incontrato Delmastro per caso in Transatlantico: gli ho chiesto ulteriori dettagli sui colloqui tra Cospito e altri detenuti al 41 bis. Mi fece anche i nomi che mi sono appuntato sul cellulare. Non gli ho chiesto da chi arrivassero queste informazioni ma supponevo venissero dal Dap”.

Dopo l’intervento alla Camera le opposizioni vanno alla carica. “Dopo l’esplosione del caso chiesi della natura di quelle informazioni a Delmastro: lui mi assicurò che quelle notizie che mi aveva riferito non erano segrete e aggiunse di averlo chiesto anche al magistrato Sebastiano Ardita che gli assicurò che non si trattava di notizie riservate”.

E ancora: “Delmastro ha una memoria incredibile su tutto, cita anche cose di dieci anni prima, io ho una memoria pessima. Suppongo che lui lo avesse letto il verbale del Nic, Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria, non l’ha letto davanti a me, mi ha riferito delle parti. Io quel verbale non l’ho mai letto”. Donzelli è quindi tornato sul suo intervento alla Camera. “Ho pensato che fosse necessario evidenziare in Parlamento quanto fosse utile difendere il 41bis. Perché ero preoccupato delle posizioni che avevo visto”. Donzelli ha aggiunto che era sua intenzione “fare i nomi in Aula dei parlamentari del Pd che incontrarono Cospito in carcere e ricordo che mi appuntai anche quanto avevano dichiarato fuori dal penitenziario. Io reputo che fu un errore istituzionale andare a trovare Cospito in carcere mentre erano in corso attentati in relazione al suo sciopero della fame”.

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