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Arrestato il generale russo Surovikin: si era schierato con la Wagner

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Il generale russo Sergei Surovikin è stato arrestato. Lo riferisce il Moscow Times, citando due fonti vicine al ministero della Difesa russo. “La situazione con lui non era ok. Per le autorità. Non posso dire altro”, ha detto una delle fonti. “A quanto pare, (Surovikin) ha scelto la parte di Prigozhin durante la rivolta, e l’hanno preso per le palle”, ha detto la seconda fonte citata dal giornale di Mosca in lingua inglese, che sottolinea che del generale non si avevano più notizie da sabato, giorno della rivolta della Wagner. Secondo il New York Times, Surovikin era al corrente dei “piani di ribellione” della milizia.

Sergei Surovikin è uno dei più importanti generali russi, l’ex comandante in capo delle operazioni in Ucraina. Come si diceva sarebbe stato al corrente dei piani di ammutinamento di Yevgeny Prigozhin, e ancora non è chiaro se vi fosse coinvolto. E’ quanto affermano “responsabili Usa” non identificati citati dal New York Times, mentre a Mosca si è ancora ben lontani dall’aver fatto piena chiarezza su quanto avvenuto lo scorso fine settimana, sul livello delle responsabilità e sulle dimensioni dello scontro di potere. Il Cremlino ha liquidato tali voci come semplici “speculazioni”. Ma a gettare benzina sul fuoco è un’inchiesta pubblicata dal sito Dossier Center dell’oligarca Mikhail Khodorkovsky, nemico di Putin, secondo il quale Surovikin sarebbe, come altri 30 generali, membro onorario della compagnia privata Wagner di Prigozhin fin dal 2017. A lui, affermano gli autori dell’inchiesta, sarebbe stato assegnato un badge personale con il numero M-3744.

Secondo le fonti americane, è difficile pensare che Prigozhin avrebbe lanciato la sua sfida al potere, con la conquista della città di Rostov sul Don e poi con una marcia di centinaia di chilometri verso Mosca, se non avesse pensato di poter contare sull’appoggio di alte sfere militari. E ora Putin starebbe valutando se Surovikin sia coinvolto e come eventualmente reagire. Ma lo stesso New York Times fa notare che Washington ha tutto l’interesse a diffondere tali voci nella speranza che la vendetta del capo del Cremlino tolga di mezzo un valido generale come Surovikin, che dopo aver comandato dall’ottobre del 2022 allo scorso gennaio le operazioni in Ucraina è tornato a svolgere il ruolo di capo delle forze aerospaziali. Sky News, citando canali Telegram russi, scrive che Surovikin non è stato più visto da sabato. Ma il generale non è uno di quei personaggi che fa mostra di sé ogni giorno, e nemmeno ogni settimana. Mentre sempre da sabato non si sono più visti nemmeno il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov, ed è sparito dai canali Telegram l’ex presidente Dmitry Medvedev, che normalmente posta commenti ogni giorno. Intanto i media russi riferiscono di un incontro – con tanto di selfie – avvenuto ieri tra Putin e il comandante ceceno Ramzan Kadyrov, che sabato aveva manifestato la sua incrollabile fedeltà al presidente dicendosi pronto a “schiacciare” i rivoltosi con le sue forze speciali Akhmat. Quanto agli effetti che la tentata ribellione può avere sulla tenuta del potere di Putin, il presidente Usa Joe Biden ha ammesso che “è difficile dire” se tutta la vicenda lo indebolirà, come sostenuto da diversi altri leader occidentali, anche se lo ha definito un “paria”. Intanto il leader russo è volato oggi in Daghestan per una visita dedicata, secondo la Tass, ai problemi del “settore turistico”. Un modo, apparentemente, per mostrare che tutto è tornato alla normalità Un punto interrogativo rimane anche sulle reali intenzioni dei rivoltosi. Fonti di intelligence citate dal Wall Street Journal affermano che nei loro progetti rientrava la cattura del ministro della Difesa Serghei Shoigu e di Gerasimov nel corso di una visita che i due avrebbero dovuto fare in una regione nel sud della Russia. Il piano sarebbe fallito a causa di una fuga di informazioni che ha costretto Prigozhin ad accelerare i tempi. Intanto la Wagner non smobilita e anzi rilancia. Almeno stando alle parole di un comandante chiamato Brest, presentato come responsabile dell’addestramento alle armi pesanti della compagnia privata, che parla in un video diffuso da Grey Zone, uno dei canali Telegram vicini alla Wagner. “Siamo a breve distanza dal confine della Bielorussia con l’Ucraina”, afferma Brest, facendo capire che potrebbero riprendere le operazioni contro le forze di Kiev dal confine settentrionale. Non solo: secondo Volodymyr Zelensky membri della compagnia di Prigozhin rimangono anche sullo stesso territorio dell’Ucraina. Mentre per quanto riguarda l’Africa, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha detto che spetta ai “governi sovrani dei Paesi africani” decidere se permettere alla compagnia di rimanere. La parole fine, insomma, non è ancora stata scritta sulla storia della Wagner.

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Gallant minaccia l’Iran: attacchi come a Gaza e Beirut

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Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant minaccia l’Iran annunciando attacchi simili a quelli effettuati “a Gaza e Beirut”. “Chiunque pensi che un semplice tentativo di farci del male ci dissuada dall’agire, dovrebbe dare un’occhiata a Gaza e Beirut”, ha avvertito Gallant in riferimento all’attacco missilistico iraniano del primo ottobre, aggiungendo nella base aerea di Nevatim presa di mira da Teheran che l’attacco non ha nemmeno “scalfito” l’aeronautica israeliana.

Secondo i media iraniani, Teheran ha preparato un piano per rispondere a un possibile attacco israeliano in risposta ai missili lanciati la scorsa settimana. “Il piano per la risposta necessaria a una possibile azione dei sionisti (Israele) è stato completamente preparato”, afferma l’agenzia di stampa Tasnim, citando “una fonte informata” nelle forze armate. “Se Israele agisce, non ci saranno dubbi che verrà effettuato un contrattacco iraniano”, afferma Tasnim, aggiungendo che l’Iran “ha una lista di molti obiettivi israeliani” e che l’attacco iraniano di martedì “ha dimostrato che si può radere al suolo qualsiasi posto”.

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‘Così il Mossad vendette a Hezbollah i pager bomba’

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“Hai ricevuto un messaggio criptato”. Questo testo in arabo è apparso contemporaneamente su migliaia di cercapersone dei membri di Hezbollah lo scorso 17 settembre. Ma il modello di teledrin “sicuro”, ufficialmente di fabbricazione taiwanese, distribuito ai miliziani come alternativa ai cellulari ritenuti vulnerabili, obbligava, proprio per motivi di sicurezza, a premere due bottoni contemporaneamente con entrambe le mani per leggere il messaggio. E così il miliziano nell’esplosione dell’aggeggio-trappola avrebbe perso l’uso di entrambi gli arti, diventando così – se non fosse morto – inabile al combattimento. Il dettaglio è descritto in un lungo articolo sul Washington Post, che ricostruisce i retroscena di quella incredibile operazione militare e d’intelligence raccogliendo le testimonianze di politici, diplomatici e funzionari della sicurezza israeliani, libanesi e statunitensi, interpellati sotto anonimato.

L’operazione, scrive il giornale, ideata dal Mossad fin dal 2015, progettata e organizzata dal 2022, è ricorsa alla commercializzazione online e al sabotaggio hi-tech dei cercapersone nella totale inconsapevolezza della ditta detentrice del marchio, la Gold Apollo di Taiwan. “Per nove anni – scrive il Washington Post – gli israeliani si sono accontentati di intercettare le conversazioni di Hezbollah, mentre pianificavano come trasformare i walkie talkie in bombe nel caso di una futura crisi. Poi si è presentata una nuova opportunità, con un nuovo gadget” suscettibile di essere trasformato in una trappola. “Poiché i leader di Hezbollah temevano possibili sabotaggi, i cercapersone non potevano essere originari di Israele, degli Stati Uniti o di altri alleati del ‘nemico sionista’. E così dal 2023 Hezbollah ha cominciato a ricevere offerte di acquisto in blocco di cercapersone della nota ditta taiwanese Apollo: un marchio ben riconoscibile, una linea di prodotti con una distribuzione planetaria e nessun legame riconoscibile con ‘interessi ebraici’.

E la compagnia di Taiwan di tutto questo non sapeva nulla”, scrive il giornale Usa. L’offerta commerciale arrivò da un intermediario, una donna, ex rappresentante Apollo che aveva creato una propria ditta e acquistato la licenza per vendere con quel marchio. Fu lei, scrive il Wp, a vendere a Hezbollah i robusti e sicuri teledrin modello Ar924, dotati di una grossa batteria che dura anche mesi senza ricarica e resistente a forti sollecitazioni, quindi adatta a situazioni di guerra. A questo punto la produzione di questi gadget, del peso di meno di 80 grammi, è stata esternalizzata di fatto al Mossad, che li ha “supervisionati”, modificandoli uno ad uno senza alterarne peso, dimensioni, aspetto o funzionamento. Nella batteria è stata inserita una piccola ma potentissima carica esplosiva, virtualmente invisibile anche smontando la stessa batteria, dotata di un innesco elettrico ancora meno visibile.

“Qualche rischio chiaramente c’era”, spiega al giornale una delle fonti. Ma il diabolico stratagemma da una parte – a costo anche di ferire, mutilare o uccidere passanti innocenti – ha messo fuori combattimento centinaia, forse migliaia di combattenti, e dall’altra ha costretto Hezbollah, passata anche l’ondata di esplosioni di radioline, a rinunciare alla comunicazione a distanza, esponendo i capi al rischio degli assembramenti. Una tattica che sembra aver pagato, nelle mire israeliane, nei casi di Hassan Nasrallah e forse anche del suo successore, Hashem Safieddine.

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Gaza, colpito centro Hamas in moschea Shuhada al-Aqsa: 21 morti

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Il bilancio delle vittime dell’attacco israeliano alla moschea Shuhada al-Aqsa, nella Striscia di Gaza centrale, è salito a 21.  “C’é anche un gran numero di feriti a seguito del bombardamento di una moschea che ospitava gli sfollati davanti al cancello dell’Ospedale dei Martiri di Al-Aqsa a Deir al-Balah, nella Striscia di Gaza centrale”, ha dichiarato il portavoce della Protezione Civile di Gaza, Mahmud Bassal.

L’esercito israeliano (Idf) ha confermato di avere effettuato nella notte un attacco aereo “mirato” contro una “struttura che in precedenza fungeva da moschea Shuhada al-Aqsa nell’area di Deir al Balah”, nella Striscia di Gaza centrale. Nella struttura, si legge in un comunicato pubblicato su Telegram, si trovava “un centro di comando e controllo” all’interno del quale “operavano i terroristi di Hamas”. In precedenza fonti mediche avevano riferito che nell’attacco sono morte almeno cinque persone.

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