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Meloni snobba attacchi e rafforza l’asse con conservatori

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Mentre da Parigi e Madrid arrivano bordate contro il suo governo, Giorgia Meloni è a Praga e incassa il sostegno pieno di uno dei suoi più stretti alleati. Prima nel faccia a faccia e poi nelle dichiarazioni alla stampa, Petr Fiala si schiera al fianco della premier italiana, presidente del gruppo dei conservatori europei di cui il primo ministro ceco è esponente di spicco. La necessità di un cambio di passo sui migranti, la riforma del Patto di stabilità, la battaglia per limitare l’impatto sull’automotive della direttiva sui veicoli green, sono tutti dossier su cui Fiala sostiene e spinge le proposte di Meloni. Tutti dossier, si ragiona nel governo, su cui anche i leader europei i cui ministri oggi attaccano l’Italia, dovranno sedersi e parlare con Meloni. Dietro questa osservazione, c’è la lettura che la strategia anti-Meloni attuata da Parigi e Madrid in queste settimane, “è soprattutto un problema, se non un imbarazzo, per francesi e spagnoli”, notano fonti dell’esecutivo. È un “regolamento di conti interni”, per usare le parole scelte da Meloni, al termine del doppio incontro con Fiala e con il presidente della Repubblica Ceca Petr Pavel, intramezzato da una breve visita guidata nel millenario Castello di Praga. Due settimane fa la missione a Londra è stata terremotata dal caos in Parlamento sul Def.

Questa volta gli attacchi da oltre confine spostano l’attenzione mediatica, creano irritazione, ma non rovinano la giornata, a sentire gli umori della delegazione. A Palazzo Chigi non vedono alcun problema politico con Francia e Spagna. “Fino alle elezioni europee – è il ragionamento che fa chi nel governo è più vicino alla premier -, in Francia andranno avanti così, per agitare lo spettro di Le Pen, che poi con Meloni non ha nulla a che fare”. E anche l’offensiva della vicepremier spagnola Yolanda Díaz sulle politiche del lavoro di Roma è derubricata a tentativo di superare a sinistra il premier Pedro Sanchez. L’ultimo incontro fra Meloni ed Emmanuel Macron, il 23 marzo a Bruxelles, ricordano fonti dell’esecutivo, era stato molto positivo, e così anche quello con Sanchez a inizio aprile. La premier e il presidente francese si ritroveranno fra meno di dieci giorni al G7 in Giappone, nessuno conferma né smentisce che si lavori a un bilaterale. Poi a fine giugno saranno entrambi al Consiglio Ue.

Che rischia di diventare sempre più un banco di prova per le alleanze in vista delle elezioni europee del 2024. “Pragmatismo”, è stata in questi mesi la parola d’ordine di Meloni, alla ricerca di convergenze delle altre capitali su temi di interesse comune. E di certo può contare su sulla sponda degli altri due primi ministri Ecr, il polacco Mateusz Morawiecki e Fiala. Da Praga è arrivato l’endorsement al Piano Mattei: “L’Italia sta diventando un hub europeo per le forniture di gas, è importante per noi”. “E anche sui migranti Meloni porta tante proposte in Europa, noi appoggiamo le proposte dell’Italia, abbiamo una visione uguale”, ha garantito il primo ministro ceco, auspicando una “lotta più attiva contro i trafficanti”, in vista del Consiglio europeo. Manca poco più di un mese, e Meloni ribadisce la “necessita di azioni concrete da parte della Commissione”. C’è poi un “lavoro da fare”, ha spiegato la premier, sulla proposta del nuovo Patto di stabilità. Ed è condiviso fra Roma e Praga, ha chiarito Fiala, anche il pressing per modificare le misure sui veicoli Euro 7, “per ammorbidire l’impatto negativo sull’industria automobilistica”. Perfettamente allineate anche le posizioni sul sostegno a Kiev. “Si è parlato anche di ricostruzione, scommettiamo su un’Ucraina in pace, libera ed europea”, ha detto Meloni, ringraziando la Repubblica Ceca che in questi mesi ha accolto 500mila profughi.

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De Luca: il futuro della Campania si decide a Napoli non a Roma

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“Il futuro della Campania si decide a Napoli, non a Roma. Ci sono esponenti politici nazionali che non sanno neanche come si arriva a Napoli, avete mai sentito qualcuno parlare dei nostri problemi e dei nostri figli? Parlano della nostra regione senza conoscere il nostro territorio”. Così il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca (foto Imagoeconomica in evidenza), intervenendo alla festa dell’Avanti a Pomigliano d’Arco (Napoli), e sottolineando che “non esiste più una coalizione di centrosinistra. Siamo messi peggio del 2022 – ha aggiunto – e vorrebbero decidere a Roma il destino della Campania. Solo il Psi mantiene una propria autonomia storica, manteniamoci riformisti almeno noi”. “Avete mai sentito qualcuno della sinistra storica parlare di sicurezza?”, ha proseguito il governatore campano.

“La sicurezza non coincide con la repressione. Il tema della sicurezza, con quello che sta succedendo alle giovani generazioni, è diventato un’esigenza umana fondamentale e primaria, ma è un tema che è completamente fuori del programma di un centro sinistra alternativo al governo nazionale”. Secondo De Luca “siamo in grandissima difficoltà e se non recuperiamo questi vuoti di programma, non ci sarà l’alternativa al governo”. Parlando poi di elezioni, De Luca ha detto che anche “quelli che non vengono eletti dai cittadini possono fare i deputati, i senatori. Lo fanno, senza essere eletti da nessuno. Questo è un Paese di dementi, si sono inventati quest’altra imbecillità del potere monocratico, ma l’unico potere monocratico è quello del Papa, e pure lui deve stare attento”, ha proseguito, sottolineando che un presidente di Regione “può essere sfiduciato domani mattina e se ne torna a casa”. “Hanno inventato idiozie totali – ha aggiunto De Luca – per giustificare questa immensa ipocrisia per la quale i gruppi dirigenti a Roma hanno una sola preoccupazione, cioè come candidarsi alle elezioni successive e proteggersi la poltrona”.

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Brunetta: serve un piano d’azione per i salari

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“Il 15 novembre scadono i termini per recepire la Direttiva europea 2022/2041 sui salari minimi adeguati. L’Italia, come molti altri Stati membri, è in ritardo rispetto all’appuntamento. L’accesa controversia tra le forze politiche ha finito per agevolare letture parziali e strumentali dei contenuti della direttiva, dando così luogo a una deleteria situazione di stallo”. Così il presidente del Cnel Renato Brunetta in un articolo scritto con Michele Tiraboschi pubblicato oggi sul Sole 24 Ore.

“Un muro contro muro che non serve a nulla e che fa male al funzionamento del nostro sistema di relazioni industriali. Il Cnel ha evidenziato i tanti punti di convergenza possibili sui contenuti della direttiva. Tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione non negano, infatti, la persistente centralità della contrattazione collettiva nella fissazione dei trattamenti salariali e nella regolazione dei rapporti di lavoro. E questo è indubbiamente il tema centrale della direttiva, al punto di suggerire agli Stati membri di istituire un piano nazionale d’azione a sostegno della contrattazione collettiva. È una soluzione particolarmente utile in un Paese come il nostro, che già prevede un alto tasso di copertura della contrattazione nazionale”.

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Emendamenti e tesoretto, parte l’assalto alla manovra

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Alzare ulteriormente le pensioni minime, abrogare la norma sui revisori del Mef negli enti che ricevono contributi pubblici, limitare il blocco parziale del turnover, ridurre la tassa sui bitcoin, modificare la web tax. Parte l’assalto dei partiti alla legge di bilancio. Le opposizioni si preparano a dare battaglia, mentre nella maggioranza c’è chi spinge per “migliorare” il testo e chi è più cauto. Su tutti pende la spada di Damocle del piano di aggiustamento dei conti, che rende la strada più stretta, vincolando qualsiasi modifica all’obbligo di avere la relativa copertura.

Il lavoro degli uffici legislativi andrà avanti per tutto il fine settimana per mettere a punto gli emendamenti, che entro lunedì vanno presentati in commissione Bilancio alla Camera. I parlamentari hanno a disposizione un ‘tesoretto’ di 120 milioni per il 2025, ma non sarebbe ancora stato definito come dividerlo tra maggioranza e opposizione. Sul fronte delle risorse aggiuntive si attende poi l’esito definitivo del concordato biennale per le partite Iva.

Alla scadenza del 31 ottobre sono stati raccolti circa 1,3 miliardi (non abbastanza per procedere l’ulteriore step sull’Irpef), ma il governo è al lavoro per una riapertura dei termini: un decreto legge ad hoc, atteso in cdm forse già martedì, dovrebbe fissare il nuovo termine al 10 dicembre (ma circola anche l’ipotesi del 15). Nella maggioranza sono ore cruciali e non si escludono possibili incontri,forse a valle della consegna degli emendamenti. Le modifiche di Forza Italia si concentrano su alcuni macro-temi: alzare ulteriormente le pensioni minime, escludere le forze dell’ordine dal blocco parziale del turnover nella Pa, rimodulazione dell’Irpef (con il taglio della seconda aliquota dal 35 al 33% e l’estensione dello scaglione fino a 60mila euro), sgravi fiscali per chi reinveste gli utili in azienda, abrogazione della norma sui revisori del Mef negli enti che ricevono contributi pubblici, anche rinvio della sugar tax e modifica della web tax (reintroducendo la soglia dei 750 milioni di fatturato globale).

Un tema, quest’ultimo, su cui gli azzurri aumentano il pressing: Basta “asimmetria fiscale”, dice il responsabile Dipartimenti Alessandro Cattaneo; “Bisogna far pagare le tasse ai colossi del web”, rincara il capogruppo in Senato Maurizio Gasparri. Dentro Fratelli d’Italia, invece, bocche cucite sugli emendamenti: prima di lunedì, è la linea, non si parla. Gli interventi, comunque, saranno limitati. “Sappiamo bene che per il 97/98% la manovra è quella, e non si tocca. Qualcosa si può modificare o migliorare. Ma ci diamo un limite”, spiegava nei giorni scorsi il capogruppo Tommaso Foti. Anche nella Lega si attende lunedì e si lavora con l’obiettivo di presentare solo modifiche che verranno approvate. Tra le proposte del partito di via Bellerio è atteso l’intervento per ridurre la tassa sui bitcoin.

Un altro cavallo di battaglia la Lega l’ha già sfoderato nel dl Fisco, con l’emendamento per tagliare anche nel 2025 il canone Rai: una proposta che agita la maggioranza, con FI che ha già promesso che non lo voterà. Dalle opposizioni intanto filtra l’intenzione di replicare quanto fatto l’anno scorso concentrando i soldi del tesoretto su una proposta comune per finanziare i centri anti-violenza. Su come potrà cambiare la manovra qualche indicazione è arrivata direttamente dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha già aperto su diversi temi: dai revisori del Mef nelle società con contributi pubblici, purché sia mantenuto il principio che chi riceve soldi dello Stato risponde di come li usa; ai bonus edilizi, ma la distinzione tra prima e seconda casa è “inderogabile”. Disponibilità poi a ragionare anche sul blocco del turnover, a partire dall’esclusione del comparto sicurezza. Ok anche a valutare modifiche sulle criptovalute.

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