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Mattarella, l’Europa governi il fenomeno migratorio

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Le istituzioni e la politica si stringono nel dolore per il naufragio del barcone di migranti al largo delle coste calabre. Ma, al di là del cordoglio comune per questa tragedia, in Italia riaffiorano le profonde differenze di visione tra destra e sinistra sul modo di affrontare la questione. Una situazione complessa che Sergio Mattarella, nell’esprimere il suo dolore ( condiviso con la presidente della Commissione Ue Von der Leyen e la presidente del Pe, Metsola), indirizza verso un preciso obiettivo sollecitando “un forte impegno della comunità internazionale per rimuovere le cause alla base dei flussi di migranti. E cioè “guerre, persecuzioni, terrorismo, povertà, territori resi inospitali dal cambiamento climatico”.

Quindi, rilanciando con forza la necessaria “assunzione di responsabilità” da parte dell’Europa: “deve tradurre in concreto la responsabilità di governare il fenomeno per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani, impegnandosi direttamente nelle politiche migratorie”, è convinto il presidente della Repubblica ottenendo una forte risposta positiva tra i partiti “Molti tra questi migranti provenivano dall’Afghanistan e dall’Iran, fuggendo da condizioni di grande difficoltà. È una ennesima tragedia del Mediterraneo che non può lasciare nessuno indifferente”, rimarca il Capo dello Stato chiedendo anche un’adeguata accoglienza. Una valutazione che sicuramente trova d’accordo la premier Giorgia Meloni, soprattutto per quanto riguarda il coinvolgimento sempre più forte dell’Ue. Il presidente del Consiglio ( e con lei tutti i ministri) esterna il “profondo dolore per le tante vite umane stroncate dai trafficanti di uomini”.

Poi però passa all’attacco contro chi “specula su questi morti, dopo aver esaltato l’illusione di un’immigrazione senza regole”. Infine ribadisce le regole d’ingaggio definite dal suo governo: “è impegnato a impedire le partenze e con esse il consumarsi di queste tragedie, e continuerà a farlo, anzitutto esigendo il massimo della collaborazione agli Stati di partenza e di provenienza”. E’ criminale – afferma ancora la presidente del Consiglio – mettere in mare una imbarcazione lunga appena 20 metri con ben 200 persone a bordo e con previsioni meteo avverse”. Ed è “disumano scambiare la vita di uomini, donne e bambini col prezzo del ‘biglietto’ da loro pagato nella falsa prospettiva di un viaggio sicuro”.

“L’idea del presidente del Consiglio per fermare gli sbarchi è molto chiara. Da un lato il piano Mattei per l’Africa, in modo da mantenere quelle persone sui propri territori senza sradicarne le radici, dall’altro richiamare l’Unione Europea perchè il tema dell’immigrazione non può riguardare solo l’Italia”, sintetizza il capogruppo Fdi alla Camera, Tommaso Foti. Restano nella sostanza tutte le distanze ideologiche con una parte consistente delle opposizioni, non solo rispetto alla valutazione del lavoro delle Ong ( il cui ruolo è sostenuto con convinzione da Matteo Renzi) ma anche per quanto riguarda il concetto dell’intervento in mare per salvaguardare le vite dei migranti che si avvicinano alle nostre coste. Salvini e diversi esponenti di Forza Italia puntano il dito contro gli scafisti che mettono in mare barchini sempre meno sicuri, e sulla necessità di di intervenire sui paesi da dove ha origine il “traffico” dei migranti.

Dal Pd e dalla sinistra si rilancia contro la criminalizzazione delle organizzazioni non governative e sulla necessità di tutelare la vita con interventi rapidi da parte delle nostre forze di mare. Mediano il punto di vista dei 5 stelle con Giuseppe Conte che chiede di mettere da parte gli slogan e far sì che l’Europa sia davvero presente, solidale e compatta nel gestire e controllare i flussi migratori. Posizioni su cui il ministro degli Esteri Antonio Tajani tenta di individuare un punto di equilibrio partendo dal presupposto che nessuno ha fatto la guerra alle ong. Con un avvertimento però: “abbiamo dato delle regole, è bene che salvino ma se poi si danno appuntamento con gli scafisti…..”., tronca la frase per concludere il ragionamento, quasi a voler smentire il ritardo negli interventi da parte del governo: “ricordo che la gran parte dei migranti sono salvati dalla Guardia Costiera e e dalla Guardia di Finanza”.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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