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Ambiente

Clima: 900 milioni di persone a rischio per innalzamento mari

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L’innalzamento dei livelli dei mari e’ una minaccia per i Paesi in cui sono presenti citta’ costiere, soprattutto per l’Asia. L’allarme e’ stato lanciato in un rapporto appena pubblicato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), in cui si ricorda che i centri abitati piu’ popolosi si trovano in Asia: Mumbai, Shanghai, Dhaka, Bangkok e Jakarta sono particolarmente a rischio, seguite poi da Maputo, Lagos, il Cairo, Londra, Copenhagen, New York, Los Angeles, Buenos Aires e Santiago. Almeno 900 milioni di persone che vivono in aree costiere in tutto il mondo subiranno l’impatto dell’innalzamento dei mari, mentre gli abitanti dei piccoli Stati del Pacifico come le Figi, Vanuatu e le Isole Salomone, gia’ sommerse in parte e senza avere la disponibilita’ economica per contrastare da sole i cambiamenti climatici, si stanno gia’ trasferendo altrove, ha sottolineato in questi giorni il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres rivolgendosi al Consiglio di sicurezza. “Se le temperature aumentano di 2 gradi centigradi, l’innalzamento del livello dei mari potrebbe raddoppiare”, e’p stato il suo avvertimento.

In qualsiasi scenario, Paesi come Bangladesh, Cina, India e Paesi Bassi sono tutti a rischio”, ha proseguito Guterres. “L’Omm ci dice che anche se il riscaldamento globale sara’ per miracolo limitato a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali, ci sara’ comunque un considerevole innalzamento del livello del mare, per cui “ogni frazione di grado conta”. Secondo il rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale, tra il 1971 e il 2018 la dilatazione termica (il fenomeno per cui un corpo aumenta di volume all’aumentare della temperatura) ha contribuito all’innalzamento del livello delle acque del 50%, la perdita di ghiaccio nei ghiacciai del 22%, la perdita della calotta glaciale del 20% e i cambiamenti di accumulo d’acqua nel terreno dell’8%. Di conseguenza tra il 2013 e il 2022 il livello dei mari e’ aumentato di 4,5 millimetri all’anno, un tasso tre volte maggiore rispetto a quello registrato tra il 1901 e il 1971. Secondo precedenti studi che avevano valutato l’impatto dell’innalzamento del livello del mare sulle citta’ di Bangkok, Hong Kong, Tokyo, Jakarta, Seoul, Taipei e Manila sono almeno 15 milioni le persone in Asia che saranno colpite dalle inondazioni costiere entro il 2030.

In piu’ si calcola che sono oltre 1.800 i chilometri quadrati di terra che rischiano di essere sommersi. La cifra di persone colpite sale pero’ a quasi 600 milioni se si considerano tutte le regioni costiere del continente dove vive gran parte della popolazione asiatica a seguito della rapida urbanizzazione degli ultimi decenni. Si pensi s citta’ come Dhaka, Yangon e Ho Chi Minh City oltre a quelle gia’ citate. L’impatto economico sara’ di 724 miliardi di dollari di prodotto interno lordo eroso in percentuali diverse per ciascuna citta’ con variazioni dallo 0,4% al 96%. Piu’ nel dettaglio, oltre il 96% della superficie terrestre di Bangkok potrebbe essere sommersa nel 2030 mettendo a rischio la vita di 10,45 milioni di persone. Da tempo nella vicina Indonesia il governo ha varato un piano per spostare la capitale nella citta’ di Nusantara, sull’isola del Borneo, perche’ Jakarta e’ gia’ per il 40% sommersa, con la parte settentrionale della citta’ che sta sprofondando a un ritmo di 4,9 centimetri all’anno.

Ma il problema dell’innalzamento delle acque non si limita a sommergere le costruzioni cittadine: a Mumbai, dove l’80% della citta’ potrebbe finire sott’acqua entro il 2050, e’ compromessa anche la sicurezza alimentare perche’ l’aumento della salinita’ ha ridotto la produzione ittica. Anche le coste cinesi sono minacciate, e in particolare le citta’ di Tianjin, Shanghai e Guangzhou. Un rapporto dell’anno scorso metteva in luce che nel 2021 il livello dei mari si era alzato di 84 centimetri rispetto alla media registrata tra il 1984 e il 2011, con un aumento annuo di 3,4 millimetri, un dato superiore alla media globale. Shanghai ha cominciato a esaminare la possibilita’ di costruire canali di drenaggio e barriere contro l’innalzamento delle maree, ma secondo gli esperti climatici la combinazione di innalzamento delle acque unita all’incremento delle temperature aumentera’ anche la frequenza e l’intensita’ delle mareggiate e delle precipitazioni, danneggiando le coste cinesi in maniera piu’ intensa rispetto all’inondazione diretta.

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Ambiente

L’Italia pensa al nucleare, 50 miliardi l’impatto sul Pil

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Il tema del nucleare di ultima generazione irrompe al forum Teha di Cernobbio con con gli imprenditori e operatori del settore che chiedono di “fare presto” per evitare di perdere l’opportunità per gli investimenti. Una tecnologia che porterebbe benefici alla crescita economica del Paese un impatto sul Pil di 50,3 miliardi al 2050. La posizione del governo non si fa attendere con il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin che annuncia l’arrivo “entro fine anno” di un “disegno di legge, che conterrà la normativa primaria e dove saranno previsti i soggetti regolatori”.

L’Italia, di fatto, rientrerebbe nel nucleare. Da Villa d’Este, sul lago di Como, sono Edison e Ansaldo Nucleare ad illustrare l’impatto dell’atomo sulla decarbonizzazione energetica e sull’economia italiana. Il nucleare di ultima generazione, secondo una analisi illustrata a Cernobbio, può abilitare al 2050 un mercato potenziale fino a 46 miliardi di euro, con un valore aggiunto attivabile pari a 14,8 miliardi di euro. Ma c’è di più perché considerando anche i benefici indiretti e dell’indotto, sarà possibile creare oltre 117.000 nuovi posti di lavoro. Il nuovo nucleare non è soltanto una “risorsa preziosa per raggiungere gli obbiettivi di transizione energetica ma costituisce una vera e propria occasione di rilancio industriale per il Paese”, spiega Nicola Monti, amministratore delegato di Edison.

“L’Italia ha l’occasione – aggiunge – di essere protagonista, se da subito viene definito un piano industriale di medio-lungo periodo”. Sui tempi è il ministro Pichetto a fissare dei punti fermi. Per fine anno arriverà “l’analisi complessiva sul nucleare e su ciò che bisognerà introdurre come norma primaria che deve trasformarsi in disegno di legge”. I tempi li detterà il “parlamento, ma auspico che nel corso del 2025 che si possa chiudere quello che è il processo di valutazione normativa”. E sull’ipotesi di un nuovo referendum, “non faccio il mago di conseguenza la libertà di raccogliere firme e fare i referendum c’è”. In passato gli italiani si sono espressi su una “tecnologia di 60 anni fa, quella di prima e seconda generazione”, prosegue il ministro, ribandendo che “guardiamo al nuovo nucleare, che non prevede la costruzione di grandi centrali.

Pensiamo invece ai agli Small modular reactor e agli Advanced modular reactor”. In Italia c’è grande fermento tra i principali protagonisti del settore dell’energia per essere pronti ad affrontare la sfida del nuovo nucleare. Da mesi, infatti, sono stati siglati numerosi accordi di programma finalizzati allo ricerca ed allo sviluppo della tecnologia nucleare. Tra le ultime intese, ma solo in ordine di tempo, c’è quella tra Edison, Federacciai e Ansaldo Energia per decarbonizzare le acciaierie italiane. Per l’Italia si riapre una nuova “riflessione sul ruolo benefico che le nuove tecnologie nucleari disponibili o in via di sviluppo possono giocare nel mix energetico italiano”, spiega Daniela Gentile, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. Il nucleare di nuova generazione conta attualmente, a livello globale, oltre 80 progetti in via di sviluppo.

Nello sviluppo del nuovo nucleare, secondo l’analisi di Edison, Ansaldo Nucleare e Teha, l’Italia può contare su competenze lungo quasi tutta la catena di fornitura e su un sistema della ricerca all’avanguardia. Lo studio, inoltre, ha identificato 70 aziende italiane specializzate nel settore dell’energia nucleare che confermano una “forte resilienza di questo comparto a tre decenni dall’abbandono della produzione in Italia”. Il valore strettamente legato all’ambito nucleare generato dalle aziende di questa filiera si attesta nel 2022 a 457 milioni di euro, con circa 2.800 occupati sostenuti, e l’Italia che si posiziona quindicesima a livello globale e settimana in Ue-27 per export di reattori nucleari e componenti tra il 2018 e il 2022.

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Ambiente

Copernicus, quella del 2024 l’estate più calda di sempre

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Gli scorsi mesi di giugno e agosto sono stati i più caldi mai registrati e nel complesso, l’estate boreale 2024 (ovvero giugno-luglio-agosto) è stata la più calda di sempre. E’ quanto spiega Samantha Burgess, vicedirettrice del Copernicus Climate Change Service, il servizio europeo sul clima. “Questa serie di temperature record sta aumentando la probabilità che il 2024 sia l’anno più caldo mai registrato. Gli eventi estremi legati alla temperatura osservati quest’estate diventeranno solo più intensi, con conseguenze più devastanti per le persone e il pianeta, a meno che non adottiamo misure urgenti per ridurre le emissioni”.

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Greenpeace, aziende petrolifere paghino per crisi climatica

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Le aziende petrolifere paghino per la crisi climatica. E’ la richiesta ribadita da Greenpeace in una nota a commento dello studio del World Weather Attribution, sulla siccità in Sicilia e in Sardegna. «A pagare il prezzo della siccità estrema in Sardegna e in Sicilia – amplificata da un uso inefficiente delle risorse idriche e da infrastrutture inadeguate – sono le persone che subiscono razionamenti di acqua, gli ecosistemi naturali e persino interi settori produttivi come l’agricoltura e il turismo. Danni gravissimi di cui si dovrebbe invece chiedere conto alle aziende del petrolio e del gas, come Eni, che con le loro emissioni di gas serra sono i principali responsabili della crisi climatica”, sostiene Federico Spadini, campaigner Clima di Greenpeace Italia.

“Gli sconvolgimenti climatici causati dalla nostra dipendenza da petrolio, gas e carbone sono destinati a peggiorare se non metteremo al più presto fine allo sfruttamento delle fonti fossili”, si legge ancora nella nota che ricorda la produzione di gas nell’impianto Cassiopea a largo della Sicilia. “Al di là dei proclami, il governo non intende far nulla per le Regioni italiane più colpite dalla siccità e dagli altri eventi climatici estremi”, sostiene ancora Greenpeace che ricorda la causa intentata contro il gruppo energetico.

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