Un massiccio attacco missilistico alle reti energetiche dell’Ucraina. E’ stata questa la risposta della Russia alla missione in Europa di Volodymyr Zelensky, alla ricerca di armi più potenti per vincere la guerra. I razzi dell’Armata, lanciati su tutte le direzioni, hanno attraversato lo spazio aereo della Moldavia, e secondo Kiev anche quello della Romania, anche se Bucarest ha negato. In ogni caso, si è trattato di un ulteriore segnale che può preludere alla maxi-offensiva che si teme imminente. L’annuncio potrebbe arrivare già il 21 febbraio, quando Vladimir Putin terrà un discorso in Parlamento. Proprio negli stessi giorni che segnano l’anniversario dell’invasione, Joe Biden volerà invece in Polonia (dal 20 al 22), in una sorta di sfida a distanza tra le due superpotenze. Le sirene di allarme in diverse regioni dell’Ucraina hanno iniziato a risuonare sin dalle prime ore del mattino.
Anche su Kiev, dove la popolazione è stata a costretta a nascondersi nei rifugi. Secondo lo stato maggiore, il nemico ha lanciato 71 missili, 61 dei quali sono stati intercettati e neutralizzati (10 stavano sorvolando la capitale). Quelli che invece sono riusciti a passare hanno colpito impianti di generazione termica e di idrogeno, oltre ad infrastrutture per l’alta tensione, in sei oblast. Con i danni più ingenti registrati a Zaporizhzhia, Kharkiv e Khmelnystsky. La potenza di fuoco russo, ancora una volta, ha lambito la Moldavia. Un missile è stato rilevato da Kiev e dalle autorità locali mentre sorvolava lo spazio aereo della piccola ex repubblica sovietica al confine meridionale dell’Ucraina, dove già in passato nel corso del conflitto erano caduti dei detriti di razzi. Il governo di Chisinau ha convocato l’ambasciatore russo per protestare, ma la pressione crescente ai propri confini è diventata insostenibile per la premier filo-occidentale Natalia Gavrilita. Che dopo 18 mesi si è dimessa.
Al suo posto Dorin Recean, capo del Consiglio di sicurezza nazionale. Proprio la “sicurezza”, ha spiegato, sarà la sua “priorità”. I raid russi, secondo i comandi militari ucraini, avrebbero violato anche lo spazio aereo della Romania con due missili cruise. Una circostanza che, se confermata, sarebbe ancora più destabilizzante rispetto al caso Moldavia perché coinvolgerebbe un Paese membro della Nato, come era accaduto a novembre con il missile caduto in Polonia. Tanto che nel caso della Romania Zelensky ha parlato apertamente di una “sfida” all’Alleanza Atlantica. Bucarest però ha negato l’incidente, spiegando che i suoi radar hanno tracciato un missile russo a 35 chilometri dal confine. Anche il dipartimento di Stato americano ha gettato acqua sul fuoco, rilevando che “al momento non ci sono indicazioni di minacce militari dirette alla Romania o alla Moldavia”. Allo stesso tempo gli Usa ed i loro partner hanno sufficienti motivi di allarme. Perché quest’ultimo attacco russo sull’Ucraina sembra una risposta alla missione di Zelensky a Londra, Parigi, Bruxelles e in Polonia per chiedere missili a lungo raggio e soprattutto caccia.
Questa sorta di rappresaglia, tra l’altro, potrebbe aprire la strada alla nuova offensiva che a Kiev (ma anche nella Nato) è considerata imminente. In quest’ottica, c’è grande attesa per il discorso che Putin pronuncerà davanti all’Assemblea Federale russa il 21 febbraio. Nel primo anniversario del riconoscimento da parte di Mosca delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, e soprattutto a tre giorni dal 24 febbraio, il D-day dell’invasione dell’Ucraina. Nel frattempo, messaggi niente affatto concilianti sono arrivati dai vertici russi: “Vogliono smembrarci come Hitler e Napoleone” ma “niente può impedirci la difesa degli interessi nazionali”, le parole di Serghiei Lavrov.
“Il vecchio Biden può iniziare una Terza guerra mondiale a causa della distrazione”, l’irriverente attacco di Dmitri Medveded. Di sicuro Putin non ha alcuna intenzione di mollare, ed è anzi più probabile che voglia rilanciare, per chiudere la partita il prima possibile. Dopo un anno di guerra le cose non sono andate secondo i suoi piani, e neanche il primo obiettivo dell’invasione, la conquista di tutto il Donbass, è stato raggiunto. Anzi, secondo il capo dei Wagner Prigozhin, che è in prima fila nell’offensiva in quella regione, ci vorrà ancora moltissimo tempo: “Se dobbiamo arrivare fino al Dnepr, tre anni, se dobbiamo prendere gli interi Donetsk e Lugansk, un anno e mezzo o due anni”.