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Sanremo, le pagelle della prima serata: Amadeus e Pooh al top, Blanco un flop

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Ecco le pagelle di Sanremo relative alla prima serata.

AMADEUS Ormai in modalità pilota automatico alla quarta edizione consecutiva, anche di fronte agli imprevisti. Forse meno brillante rispetto a quello cui ci aveva abituato, ma porta a casa la serata. VOTO: 7

GIANNI MORANDI A volte spaesato, a volte distratto, il Gianni nazionale si fa amare per la sua spontaneità. Non aggiunge molto allo show, ma la sua presenza fa simpatia, come quello zio un po’ fuori dalle righe che rallegra alle riunioni di famiglia. VOTO: 7

CHIARA FERRAGNI Attesa al suo debutto tv, con la schiera dei 28,5 milioni di follower, l’imprenditrice digitale supera la prova. Non particolarmente originale nel suo monologo e un po’ troppo autocelebrativa. VOTO: 6,5

ROBERTO BENIGNI La Costituzione è un suo grande amore. Riesce a far sorridere ed emozionare anche il presidente Mattarella. VOTO: 7

MAHMOOD E BLANCO Brividi fa ancora venire i Brividi. Passaggio di cortesia per i vincitori del festival 2022.

VOTO: 7 BLANCO Il giovane cantante torna sul palco da solo. E si becca i fischi del pubblico per aver distrutto gli addobbi sul palco per problemi audio. I rocker maledetti non vanno più di moda (vedi anche alla voce Maneskin dopo aver distrutto gli strumenti a fine tour). Più rispetto, meno capricci. VOTO: 2

POOH Dovrebbero essere dichiarati patrimonio dell’umanità. Senza tempo, senza età. Anche senza Stefano D’Orazio, che compare in video per il giusto omaggio a più di due anni dalla sua scomparsa. Karaoke e commozione in una botta sola. VOTO: 10

ANNA OXA – SALI E’ la signora del festival. Nel bene e nel male. Non ha presenziato al green carpet, ha avuto da ridire durante le prove, Capricciosa quanto basta (anche di più), ma la sua voce non si discute, urlo finale compreso. La canzone un po’ meno. VOTO: 6

gIANMARIA – MOSTRO E’ giovane, ma sa il fatto suo. L’esperienza di X Factor gli permette di sentire meno di altri la pressione davanti alla telecamera e la sfrutta a suo vantaggio. Faccia da bravo ragazzo e ritornello ipnotico. Le basi ci sono (poi se Amadeus non lo scambiasse per Sangiovanni anche meglio). VOTO: 6,5

MR. RAIN – SUPEREROI Il rapper punta tutto sulla dolcezza di una ballad per un tema tanto delicato come quello della depressione, con tanto di coro di bambini al seguito. Ruffiano il giusto. VOTO: 7

MARCO MENGONI – DUE VITE E’ il favorito della vigilia. Da settimane, da mesi. Stasera ha dimostrato perché. Praticamente gara a sé. Grazie a tutti gli altri per aver partecipato. VOTO: 8,5

ARIETE – MARE DI GUAI L’emozione del debutto fa brutto scherzi. La voce va e viene, è imprecisa e non riesce a gestire il palco come vorrebbe. Se non si lascia abbattere, può fare sicuramente meglio. VOTO: 5

ULTIMO – ALBA Uno dei pochi che può impensierire Mengoni. Il pezzo c’è. Lui anche. Concentrato, più maturo rispetto a quattro anni fa, ci crede ma stavolta – dice – arrivare secondo non sarebbe un dramma. Sarà vero? VOTO: 7+

COMA_COSE – L’ADDIO Ipnotici, magnetici, complici (bacio finale incluso). Sono la possibile sorpresa del festival. Pronti a sparigliare le carte e i pronostici. VOTO: 7,5

ELODIE – DUE Ha sfornato un’altra delle sue hit, le radio ringraziano. E come sempre non rinuncia alla sua femminilità, sfoggiando un vedo non vedo sotto una cascata di piume, stile struzzo. Anche gli uomini ringraziano. VOTO: 7

LEO GASSMANN – TERZO CUORE Niente stramberie, niente provocazioni, niente tatuaggi in vista, niente trucco o smalto: l’alieno in questo festival sembra lui. Dalla sua ha un sorriso smagliante e un pezzo orecchiabile. VOTO: 7

CUGINI DI CAMPAGNA – LETTERA 22 Operazione a tavolino per i Cugini di Campagna con un brano de La Rappresentante di Lista, ma funziona a metà per la prima volta del gruppo a Sanremo in 53 anni di carriera. Pesci fuor d’acqua. VOTO: 5

GIANLUCA GRIGNANI – QUANDO TI MANCA IL FIATO Il brano è emotivamente intenso e lui lo sente tanto. Anche troppo. L’esecuzione non è precisa e da casa il testo, che pure merita, si perde in borbottii poco comprensibili. Peccato davvero. VOTO: 5

OLLY – POLVERE Giovane di belle speranze. Il brano ricorda un po’ troppo nel ritornello Senza Limiti di J-Ax e Fedez, ma il rtimo c’è. VOTO: 5,5

COLLA ZIO – NON MI VA Colorati e divertenti. Portano un po’ di sana allegria all’Ariston. VOTO: 6.5

MARA SATTEI – DUEMILAMINUTI Il brano lo ha scritto Damiano dei Maneskin, lei lo fa suo. E’ brava e merita di essere a Sanremo. VOTO: 6,5.

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Emmy, a sorpresa ‘Hacks’ è la miglior commedia

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‘Hacks’ ha vinto a sorpresa come miglior serie comica alla 76ma edizione degli Emmy. Lo show Hbo/Max su una matura comedian che deve riconquistare pubblico e verve, ha strappato il premio più pesante tra le commedie per il piccolo schermo alla favorita The Bear, che si aspettava di bissare con la seconda stagione il trionfo della passata edizione. ‘Hacks’ vince anche per la scrittura (nella squadra anche la sceneggiatrice italiana Lucia Aniello) e per la protagonista, la 73enne Jean Smart. Nessun imprevisto, invece, all’apertura della busta per la migliore serie drammatica: ‘Shogun’ si è portata a casa la statuetta senza smentire i pronostici, arrivando a un montepremi da record di 18 Emmy in un’unica stagione, se si sommano i 14 ottenuti nelle categorie tecniche. Finora, deteneva il primato l’ultima stagione di ‘Games of Thrones’, che aveva guadagnato 12 Emmys. Lo show prodotto da Hulu-Disney+ e girato anche in giapponese è il primo in lingua non inglese a ottenere il riconoscimento più prestigioso degli ‘Oscar della televisione’. Solo il sudcoreano ‘Squid Game’ era arrivato in finale due anni fa, ma poi aveva vinto ‘Succession’.

L’epopea sugli intrighi del Giappone feudale ha vinto anche per la regia e per i migliori protagonisti con Hiroyuki Sanada, che interpreta l’imponente lord Yoshii Toranaga, e Anna Sawai, per il suo ruolo della finta placida Lady Mariko. La miniserie che è piaciuta di più alla Television Academy è stata la black comedy di Netflix ‘Baby Reindeer’, che conquista altri tre premi per la sceneggiatura e per il ruolo da protagonista a Richard Gadd, che ha raccontato la propria esperienza di vittima di stalking, e all’attrice secondaria Jessica Gunning, che veste i panni dell’ossessiva Martha. “Non pensavo che avrei rimesso insieme i cocci della mia vita dopo quello che mi è successo – ha detto il comedian accettando la statuetta, sul palco del Peacock con il kilt a ricordare le origini scozzesi -. Questa è per tutti quelli che attraversano periodi difficili: niente dura per sempre, alla fine la situazione migliora”. Anche ‘The Bear ha vinto quattro Emmy che, sommati a quelli vinti ai Creative Arts dello scorso fine settimana, diventano 11 vittorie quest’anno, rispetto alle 10 ottenute nella 75ma edizione del premio, che si è tenuta a gennaio, in ritardo rispetto alla consueta data di metà settembre, per via degli scioperi a Hollywood.

Anche se i Berzatto non sono più la commedia dell’anno, lo chef tormentato Carmy è ancora il miglior protagonista di una serie comica: un bis sul palco del Peacock per Jeremy Allen White, che ha dichiarato: “Questo show mi ha cambiato la vita e racconta che cambiare è sempre possibile. Basta crederci”. Vince per ‘The Bear’ anche Liza Colón-Zayas, 52 anni, alla prima nomination. La sua Tina, la cuoca latina che trova una seconda occasione proprio tra i fornelli e i piatti rotti del ristorante che dà il nome alla serie Fx, le ha fatto ottenere l’Emmy come miglior interprete non protagonista. Ebon Moss-Bachrach trionfa per la seconda volta di fila per il ruolo secondario del cugino Richie. Lo showrunner Chris Storer ha vinto per la regia, anche lui bissando la vittoria per la prima stagione. ‘Ripley’, la serie Netflix girata in Italia, ha portato a casa l’Emmy per la miglior regia di una serie limitata a Steven Zaillian, che era già stato nominato nel 2017 per ‘The Night Of’. “Fare ‘Ripley’ in Italia è già un premio, è stato un sogno. Condivido questo premio con le centinaia di persone che hanno lavorato con me, gli attori, la troupe e le maestranze”. Secondo il produttore romani Enzo Sisti, era italiano il 97% della crew che ha creato le otto puntate sull’enigmatico artista della truffa interpretato da Andrew Scott.

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Danza: morta a 29 anni Michaela DePrince, star in video Beyonce’

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E’ morta a 29 anni Michaela Mabinty DePrince, la ballerina nata durante la guerra civile in Sierra Leone, diventata famosa dopo la sua partecipazione al video dell’album ‘Lemonade’ di Beyonce’. L’annuncio e’ comparso sulla sua pagina Instagram ufficiale, senza nessuna informazione sulle cause del decesso. “E’ stata un faro di speranza per molti, dimostrando che, indipendentemente dagli ostacoli, la bellezza e la grandezza possono emergere dai luoghi piu’ oscuri”, si legge nel post, che riassume alcuni passaggi chiave della sua carriera. Michaela Mabinty DePrince e’ stata la piu’ giovane prima ballerina del Dance Theatre di Harlem, prima di trasferirsi nei Paesi Bassi per ballare con il Dutch National Ballet.

Al rientro negli Stati Uniti ha danzato come seconda balleria nel Boston Ballet. Rimasta orfana dopo l’uccisione del padre durante la guerra civile in Sierra Leone e la morte della madre per fame, DePrince era finita in un orfanotrofio, dove veniva chiamata ‘la figlia del diavolo’ e maltrattata dagli assistenti a causa della vitiligo che chiazzava la sua pelle nera di bianco. All’eta’ di tre anni era rimasta affascinata dalla copertina di una rivista trovata fuori dall’orfanotrofio in cui compariva una ballerina; l’aveva conservata, sognando di diventare un giorno come lei.

Poi la bambina era stata adottata, assieme alla sorella Mia, da una coppia statunitense del New Jersey, che ha incoraggiato la sua passione per la danza facendole prendere lezioni. Ma anche negli Stati Uniti ha inizialmente subito discriminazioni, da danzatrice nera in un ambiente dominato da ballerine bianche. La sua storia e’ raccontata nell’autobiografia, ‘Taking Flight: From War Orphan to Star Ballerina’, scritta assieme alla madre adottiva e pubblicata nel 2014. DePrince e’ stata anche ambasciatrice per l’organizzazione War Child Holland, impegnata a promuovere il benessere e la salute mentale dei bambini che vivono in zone di guerra.

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Polemica sul Centro Sperimentale di Cinematografia e accuse a Castellitto: consulenze costose e lavoratori licenziati

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Una polemica dirompente si abbatte sul Centro Sperimentale di Cinematografia (CSC) di Roma, con il presidente Sergio Castellitto al centro delle accuse. Tra spese considerate inopportune, consulenze esorbitanti e licenziamenti di lavoratori, la gestione del CSC è ora sotto i riflettori. A sollevare il caso è Marco Grimaldi, vicepresidente di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, che ha annunciato un’interrogazione parlamentare al ministro della Cultura, Alessandro Giuli, per chiarire diverse questioni. La questione viene affrontata oggi dal quotidiano La Repubblica con un ampio servizio.

Al centro della polemica c’è l’affitto di una villa storica durante il Festival di Venezia. La prestigiosa Villa Gallo, a pochi passi dal Lido, sarebbe stata affittata per 24mila euro dal CSC nei giorni del festival. Grimaldi ha dichiarato che verificherà tramite accesso agli atti, poiché la spesa non è ancora stata inserita nella sezione “Amministrazione Trasparente” del sito del CSC, come richiesto dalle normative anticorruzione.

Oltre all’affitto, Grimaldi ha denunciato l’aumento delle consulenze, alcune delle quali destano perplessità. Tra queste, spiccano i 4mila euro pagati a Margaret Mazzantini, moglie di Castellitto, per la sua partecipazione come relatrice a un convegno sugli artisti in guerra, al quale ha preso parte anche lo scrittore David Grossman, compensato con la stessa cifra. Inoltre, Angelo Tumminelli, storico produttore teatrale, ha ottenuto un incarico annuale da 105mila euro per “attività di ausilio al Presidente”, ruolo che Grimaldi definisce non strettamente necessario.

Le consulenze legali hanno sollevato ulteriori dubbi. Il CSC ha infatti ingaggiato tre avvocati con un costo complessivo di 417mila euro, nonostante la possibilità di usufruire del gratuito patrocinio dell’Avvocatura dello Stato. Altri incarichi includono un responsabile della comunicazione, Mario Sesti, per 40mila euro, e un direttore editoriale, Monsignor Dario Edoardo Viganò, pagato 25mila euro.

La controversia non si limita alle spese: Grimaldi ha puntato il dito anche contro i licenziamenti avvenuti all’interno del CSC, tra cui quello di Stefano Iachetti, dirigente della Cineteca Nazionale. Secondo Grimaldi, Iachetti sarebbe stato allontanato per aver difeso i 17 collaboratori licenziati, molti dei quali avevano contribuito al restauro premiato del film Ecce Bombo.

In questo scenario, il vicepresidente di Alleanza Verdi e Sinistra chiede chiarimenti urgenti sulle decisioni prese sotto la presidenza di Castellitto, sollevando dubbi sulla gestione delle risorse del CSC, in un momento in cui i lavoratori vengono mandati a casa mentre le consulenze aumentano.

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