La guerra in Ucraina prosegue con il consueto, drammatico, canovaccio. Per l’ennesima volta i russi hanno lanciato un attacco su vasta scala che ha colpito le reti energetiche, lasciando Kiev senza luce e senz’acqua e facendo scattare blackout in altre grandi città come Sumy a Kharkiv, e di nuovo oltre confine, in Moldavia. Le forze di difesa hanno risposto limitando i danni, grazie ad una contraerea sempre più efficiente che a breve riceverà nuove dotazioni dagli Usa. Il governo ucraino inoltre ha incassato il rinnovato appoggio dell’Ue, che ha adottato il nono pacchetto di sanzioni. E nella lista nera stavolta è finito anche il partito di Vladimir Putin, Russia Unita. La giornata si è aperta con l’allarme per massicci raid nella regione occidentale di Zhytomyr, e sirene che hanno risuonato un po’ ovunque: da Kiev a Kharkiv, da Vinnytsia a Chernihiv, da Mykolaiv a Kirovohrad. “I russi ci stanno attaccando”, ha denunciato il sindaco della capitale Vitaly Klitschko affermando che la città è stata presa di mira con “circa 40 missili”, 37 dei quali sono stati abbattuti dalla contraerea. Quelli che hanno centrato i bersagli hanno provocato “interruzioni nell’erogazione dell’acqua in tutte le zone”, ed è scattato il blackout d’emergenza, mentre i viaggi della metropolitana sono stati sospesi per adibire le stazioni a rifugi. La pioggia di fuoco non ha risparmiato Zaporizhzhia, nell’area della centrale nucleare, e la città natale di Volodymyr Zelensky, Kryvyi Rih, dove un missile è caduto su un edificio residenziale, provocando almeno tre morti e una decina di feriti. Oltre alle vittime, si fanno i conti con nuovi danni alla rete.
A Kharkiv sono stati “colossali”, ha affermato il sindaco, spiegando che la seconda città del Paese è rimasta senza luce, riscaldamento e acqua. In tutta l’Ucraina sono state colpite nove centrali elettriche, costringendo l’operatore nazionale Ukrenergo a dichiarare lo stato di emergenza. Ed il consumo di energia si è dimezzato. Rispetto agli attacchi russi delle settimane precedenti, comunque, è arrivata la conferma di come la difesa ucraina sia sempre più pronta, grazie alle moderne dotazioni arrivate dagli alleati Nato. In questa ondata di raid sono stati abbattuti 60 missili su 76, ha rivendicato l’esercito di Kiev, proprio mentre la Casa Bianca ha annunciato “l’invio di nuovi sistemi” di armamento all’alleato. Le speranza degli ucraini è che nel nuovo pacchetto ci siano i tanto agognati Patriot, fiore all’occhiello della difesa tattica americana, anche se da Washington non è arrivata ancora alcuna conferma ufficiale. Con i raid russi sulle reti energetiche e nel pieno dei combattimenti nel Donbass, lungo la direttrice Bakhmout-Avdiivka, la parola negoziato continua ad essere vuota.
Sempre la Casa Bianca, attraverso il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, ha fatto sapere che non c’è “nessuna indicazione che Putin voglia trovare una soluzione diplomatica al conflitto”. Perché “su tutti i fronti vediamo un uomo determinato a portare avanti la guerra”, ha aggiunto. Una mediazione è stata tentata dal premier indiano Narendra Modi, che in una telefonata con Putin ha “reiterato il suo appello al dialogo e alla diplomazia come unica strada possibile”. Nessuna traccia, tuttavia, della risposta dello zar nei resoconti ufficiali affidati ai media di Stato. Si è saputo soltanto che il leader russo lunedì volerà a Minsk per incontrare l’alleato Alexander Lukashenko. Magari per convincerlo a diventare parte attiva nel conflitto nel temuto nuovo attacco su vasta scala tra gennaio e febbraio. L’Unione europea, da parte sua, ha rafforzato ulteriormente la stretta sul regime. Il Consiglio ha adottato il nono pacchetto di sanzioni per “colpire la macchina da guerra russa”, ha sottolineato Ursula von der Leyen, perché alcune delle misure prevedono un giro di vite sull’esportazione di beni e tecnologie che possono contribuire al potenziamento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza della Russia. Ma c’è anche altro. Nella black list di Bruxelles sono finite le quattro grandi emittenti Ntv, Rossiya 1, Ren Tv e Pervyi Kanal. E soprattutto, il partito di Putin, Russia Unita, presieduto dal falco Dmitri Medvedev: uno schiaffo diretto al Cremlino.