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Tensione con Parigi, asse Meloni-Mattarella contro le ingerenze

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“L’Italia sa badare a se’ stessa nel rispetto della Costituzione e dei valori dell’Unione europea”. Le parole di Sergio Mattarella, sono state accolte con grande soddisfazione negli uffici della Camera, dove Giorgia Meloniha trascorso il pomeriggio assieme allo stato maggiore di FdI. La presa di posizione del capo dello Stato si somma alle dichiarazione di Mario Draghi sul Consiglio europeo di Praga, dove e’ emersa “curiosita’” sul nuovo esecutivo – dice – e “nessuna preoccupazione”. Il combinato disposto porta FdI a dire che Colle, Palazzo Chigi e la premier in pectore “all’unisono” dimostrano che “le ingerenze non sono ammesse”. E Meloni puo’ chiudere con il sorriso una giornata iniziata all’insegna dell’irritazione per l’intervista a Repubblica in cui il ministro per gli Affari europei francese annunciava: “Vogliamo lavorare con Roma ma vigileremo sul rispetto di diritti e liberta’”. Letta l’intervista di Boone, Meloni ha scaricato il suo disappunto su Twitter: “queste parole somigliano troppo a una inaccettabile minaccia di ingerenza contro uno Stato sovrano, membro dell’Ue. L’era dei governi a guida Pd che chiedono tutela all’estero e’ finita”. Poi, dopo la precisazione del gabinetto di Boone (secondo cui l’intervista “semplifica eccessivamente” il suo pensiero), e’ arrivato anche il messaggio dell’Eliseo. Lavoreremo “con buona volonta’” con il futuro premier italiano, ha detto il presidente francese Emmanuel Macron. Un impegno che presto sara’ messo alla prova dal nascituro esecutivo, in Francia visto di buon occhio soprattutto da Marine Le Pen, la leader sovranista rivale di Macron. Nel centrodestra si sa di non poter fare a meno dell’asse con Parigi, a maggior ragione dopo lo strappo tedesco sull’energia. Ma allo stesso tempo si vuole andare “a testa alta in Europa”. La tensione e’ calata solo dopo l’intervento di Mattarella ad Alba e il punto stampa a Praga di Draghi. Interpellato su eventuali riserve dei partner europei sul nuovo esecutivo, il premier ha spiegato che “non c’e’ preoccupazione. C’e’ rispetto della scelta degli italiani e curiosita’ di sapere quale sara’ l’evoluzione del governo, ma in politica estera la linea dell’Italia dovrebbe essere invariata”. “Ogni italiano puo’ sentirsi rappresentato dal fatto che l’Italia, come correttamente detto, e’ perfettamente in grado di badare a se’ senza ingerenze – ha commentato Meloni -. Visto che non era la prima volta, penso fosse necessario ribadire che in nessun trattato c’e’ scritto che compete a una nazione straniera vigilare sul rispetto dei diritti in un’altra”. L’entusiasmo ai vertici di FdI per il doppio intervento di Colle e Palazzo Chigi e’ evidente ascoltando le parole di Ignazio La Russa. “Un cambio di postura”, lo definisce il colonnello di FdI, in predicato di diventare presidente del Senato, secondo cui “la Francia o altri Paesi erano abituati che si potevano dare schiaffi all’Italia senza che la sinistra reagisse”. Di certo ai piani alti di FdI pensano che l’evoluzione di oggi dimostri l’impegno condiviso per un ordinato passaggio di consegne, dopo le frizioni con Palazzo Chigi sul Pnrr. I segnali arrivati da Praga generano anche un cauto ottimismo sul dossier energia nello staff di Giorgia Meloni, impegnato a costruire la squadra di governo. Da una parte si cerca di individuare i tecnici per alcuni ruoli chiave (all’Economia prende quota Dario Scannapieco, a Roberto Cingolani si pensa come commissario per l’energia). Dall’altra e’ tutta politica la trattativa con Lega e FI. La leader di FdI vedra’ Salvini e Silvio Berlusconi, a inizio settimana a Milano o da mercoledi’ in poi a Roma. Il ruolo del segretario leghista non e’ l’unico nodo. E’ in atto un braccio di ferro con l’azzurra Licia Ronzulli, a cui Meloni non sembra intenzionata a garantire ministeri di peso come Salute e Istruzione. Per quanto riguarda la presidenza della Camera, sarebbe in vece in pole l’attuale capogruppo leghista Riccardo Molinari, che dovrebbe avere piu’ chance, si ragiona in ambienti della maggioranza, di Giancarlo Giorgetti.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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