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Economia

Slitta price cap Ue, verso intesa su taglio consumi luce

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Non e’ ancora tempo per il price cap sul gas. La misura, invocata da mesi dal governo di Mario Draghi, continua a spaccare l’Europa e i governi hanno bisogno di altro tempo per riflettere su una decisione che, vista la sua delicatezza – sia sotto il profilo tecnico sia per l’impatto geopolitico -, dovra’ inevitabilmente essere assunta dai capi di Stato e di governo. E quindi a ottobre. Prima a Praga e poi a Bruxelles. Quando i leader si troveranno faccia a faccia al tavolo di trattativa per due volte nel giro di quindici giorni. Nel frattempo, dall’altra sponda dell’Atlantico Joe Biden ha sollecitato gli alleati al coordinamento davanti alla “manipolazione” dell’energia da parte di Mosca, nell’auspicio di poter garantire forniture sostenibili e convenienti per il Vecchio Continente. E ai ministri dell’Energia europei, attesi domani a Bruxelles in seduta straordinaria, non resta dunque che trovare l’accordo su altri interventi piu’ immediati per quello scudo Ue a tutela di famiglie e imprese schiacciate dal peso di bollette astronomiche. Il tutto mentre il gas ha chiuso la giornata sulla borsa di Amsterdam a 220,54 euro al megawattora dopo essere precipitato fino ad un minimo di 192,92 euro. La fuga in avanti della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sull’introduzione del price cap al gas russo e le riunioni tecniche di questi giorni non sono servite ad appianare tutte le divergenze sulla misura. Che resta il nodo piu’ delicato sul tappeto. Anche considerando che c’e’ chi, Italia in testa, chiede piu’ ambizione, con un price cap generalizzato a tutte le importazioni di gas via tubo. Ma qualcosa, pur con prudenza, inizia a muoversi. L’Olanda, finora apertamente contraria, nelle ultime ore ha fatto sapere per bocca direttamente del suo primo ministro Mark Rutte di avere ancora “domande” e “preoccupazioni” ma di guardare “con favore” alla proposta di Bruxelles. Mentre Berlino, tradizionalmente scettica, resta piu’ defilata. Per arrivare all’accordo a Ventisette – e, magari, andare oltre come auspica Roma – sembra allora chiaro che servira’ altro tempo. Piu’ immediato, invece, il confronto nelle mani dei ministri dell’Energia sulle altre misure annunciate dall’esecutivo Ue: taglio dei consumi, tassa sugli extra-profitti e aiuti alle utilities in difficolta’. Tutti elementi sui quali, hanno spiegato fonti diplomatiche, c’e’ “un’ampia convergenza” tra i governi. Sulla falsariga di quanto deciso per il gas, Bruxelles punta a una riduzione della domanda e dunque a un taglio dei consumi di energia elettrica del 10%, di cui almeno il 5% nelle ore di punta. Ancora tutto da decidere se il target sara’ obbligatorio – come indicato da von der Leyen – oppure volontario. Analogo il discorso sull’idea di porre un tetto ai ricavi infra-marginali delle compagnie che producono energia elettrica a basso costo da fonti diverse dal gas (come le rinnovabili) per compensare il caro prezzi per i consumatori: la proposta non ha suscitato particolari obiezioni, ma alcune capitali, come Varsavia, la identificano come una misura fiscale che quindi deve seguire altre procedure. Per Roma rappresenta invece un primo passo verso la vitale riforma strutturale del mercato elettrico, con il disaccoppiamento (‘decoupling’) del prezzo del gas da quello dell’elettricita’. Complementare e’ poi l’ipotesi del contributo di solidarieta’ a carico delle societa’ di combustibili fossili, con il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, sibillino: “In Italia – ha commentato – la tassa sugli extra profitti non ha portato a entrate per lo Stato, ma a cause contro lo Stato. E noi abbiamo bisogno di aiuti nella crisi e non nuovi litigi giudiziari con le loro incertezze”. Nessun ostacolo apparente invece sugli aiuti alle utility del settore alle prese con la volatilita’ del mercato. L’intesa di massima appare alla portata. Salvo, come sempre in Europa, sorprese e veti dell’ultima ora.

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Ambiente

Il crollo delle elettriche affonda il mercato dell’auto

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Il crollo delle elettriche ha un forte impatto sul mercato europeo dell’auto e spinge i produttori a chiedere all’Unione Europea “di presentare misure di soccorso urgenti “per il settore. In tutti i Paesi si registrano pesanti cali delle vendite e si parla di 30.000 posti di lavoro a rischio nel gruppo Volkswagen con una riduzione degli investimenti previsti. Intanto Bruxelles e Pechino provano a dialogare sui dazi definitivi sulle e-car importate dalla Cina alla ricerca di “una soluzione accettabile”. Le immatricolazioni in Europa occidentale nel mese di agosto sono state 755.717, il 16,5% in meno del 2023. Da inizio anno sono state vendute complessivamente 8.661.401 auto, con una crescita dell’1,7% sull’analogo periodo del 2023.

Le elettriche vendute sono 125.000, il 36% in meno di un anno fa, mentre considerando solo l’Unione Europea la flessione è del 43,9%. Stellantis ha immatricolato nel mese di agosto 103.612 auto, il 28,7% in meno del 2023 con il calo della quota di mercato dal 16,1 al 13,7%. A Mirafiori si vedono, intanto, i primi modelli cinesi Leapmotor C10 spediti in Europa e destinati al mercato italiano: le vetture verranno messe a punto per una settimana da una ventina di operai delle carrozzerie in cassa integrazione. In questo contesto difficile va avanti il negoziato tra l’Ue e la Cina che “hanno concordato di intensificare gli sforzi per trovare una soluzione efficace, applicabile e compatibile con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio per il caso delle auto elettriche”. Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis ha avuto un incontro definito “costruttivo” a Bruxelles con il ministro del Commercio cinese Wang Wentao.

Bruxelles e Pechino hanno deciso “di riesaminare gli impegni sui prezzi”, dando “istruzioni ai rispettivi team affinché si impegnino al massimo per raggiungere una soluzione reciprocamente accettabile”. La Ue precisa, però, che la volontà di lavorare a una soluzione condivisa “non pregiudica l’indagine” sui possibili maxi-sussidi sleali del Dragone alle sue imprese. I timori delle case automobilistiche europee, insidiate dalla concorrenza cinese che tende a conquistare quote sempre più rilevanti, sono forti. L’Acea esprime preoccupazione per la fattibilità del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per auto e furgoni previsti entro il 2025. “Ci mancano le condizioni cruciali – spiega – per ottenere il necessario impulso alla produzione e all’adozione di veicoli a emissioni zero: infrastrutture di ricarica e rifornimento dell’idrogeno, nonché un ambiente produttivo competitivo, energia verde a prezzi accessibili, incentivi fiscali e di acquisto e un approvvigionamento sicuro di materie prime, idrogeno e batterie”. Anche gli operatori italiani del settore chiedono maggiore chiarezza all’Europa sui target delle emissioni di CO2, sui dazi alle importazioni e sulle politiche di incentivazione per dare certezze agli operatori e ai clienti, sia consumatori che aziende.

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Economia

Nel primo semestre utile Mfe-Mediaset sale a 104 milioni

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Nel primo semestre dell’anno il gruppo Mfe-Mediaset ha registrato un utile netto di 104,7 milioni, in crescita del 20,2% rispetto allo stesso periodo del 2023, con ricavi netti consolidati a 1.476,5 milioni (+7,8%). Il risultato operativo (Ebit) è positivo per 136,3 milioni, in aumento del 12,7% rispetto al primo semestre del 2023. I risultati sono superiori al ‘consensus’ della vigilia degli analisti. Per l’intero 2024, Mfe “conferma l’obiettivo di mantenere un risultato operativo, un risultato netto e una generazione di cassa consolidati nettamente positivi, la cui entità dipenderà principalmente dal livello della raccolta pubblicitaria dell’ultimo trimestre”.

– In Italia il risultato operativo di Mfe-Mediaset cresce del 53,5% arrivando a 59,9 milioni rispetto ai 39 milioni del 2023. In Spagna è pari a 76,3 milioni rispetto agli 81,7 milioni del 2023. L’indebitamento finanziario netto consolidato al 30 giugno 2024 è pari a 662 milioni, in netto calo rispetto agli 902,8 milioni del 31 dicembre 2023. I costi operativi complessivi consolidati (costi del personale, costi per acquisti, servizi e altri oneri, ammortamenti e svalutazioni di diritti e di altre immobilizzazioni) sono pari a 1.340,3 milioni (1.248,7 milioni di euro nello stesso periodo del 2023), “con una variazione principalmente legata alle variazioni del perimetro di consolidamento”, spiega la società.

La generazione di cassa caratteristica (free cash flow) è positiva per 223,4 milioni rispetto ai 220,1 milioni dei primi sei mesi 2023. “Sulla base dell’attuale visibilità, la raccolta pubblicitaria di Mfe nei primi 9 mesi del 2024 ha mantenuto un andamento al di sopra delle aspettative e in linea con quello del primo semestre dell’anno, nonostante la concomitanza di eventi sportivi internazionali (gli Europei di Calcio fino a metà luglio e le Olimpiadi di Parigi tra fine luglio e la prima parte di Agosto) non nella disponibilità del Gruppo sia in Italia che in Spagna”, aggiunge il Biscione.

“Per la restante parte dell’esercizio la visibilità del mercato pubblicitario in entrambe le aree geografiche resta piuttosto bassa, tenuto conto dell’instabilità del contesto geopolitico (il perdurare dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente, le elezioni presidenziali Usa a Novembre) e di quello macroeconomico generale. Inoltre, gli ultimi mesi dell’anno si confronteranno con un andamento estremamente sostenuto dei ricavi pubblicitari di Mfe in Italia nello stesso periodo del 2023”, conclude il gruppo televisivo.

“Siamo un modello unico in Europa: grazie alla dimensione internazionale del gruppo – una diversificazione geografica che attutisce gli squilibri nei diversi mercati – e grazie al nostro sempre più evoluto sistema ‘crossmediale’, anche questo semestre abbiamo ottenuto risultati al di sopra di ogni previsione”. Lo afferma l’amministratore delegato di Mfe-Mediaset, Pier Silvio Berlusconi, commentando i risultati del gruppo televisivo del primo semestre dell’anno. “In un periodo che ha visto anche a livello internazionale flettere i conti di tutto il settore dei media, con drastici tagli all’occupazione, Mfe registra una costante crescita in termini di raccolta pubblicitaria, di redditività e di utili”, aggiunge Pier Silvio Berlusconi.

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Economia

Neva punta sull’innovazione con due fondi da 500 milioni

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Neva Sgr, la società di venture capital del gruppo Intesa Sanpaolo, raggiunge gli obiettivi con un anno di anticipo e lancia due nuovi fondi con una capacità di investimento di 500 milioni di euro. La vita di Neva è “già piena di successi. Visti i risultati ottenuti, siamo convinti che sia arrivato il momento di crescere ancora”, afferma Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo. I nuovi fondi Neva II e Neva II Italia, dedicati a investimenti in società che si impegnano a fornire soluzioni di business a problemi globali, avranno una capacità raddoppiata rispetto ai 250 milioni di euro dei fondi Neva First. In quattro anni di attività “siamo diventati un punto di riferimento non solo in Italia per il venture capital dedicato all’innovazione”, spiega il presidente Luca Remmert.

Risultati ottenuti anche grazie al supporto di Intesa Sanpaolo e alla collaborazione con Intesa Sanpaolo Innovation Center. Per presentare, oltre ai due nuovi fondi, i risultati conseguiti negli ultimi quattro anni e le prospettive di crescita, la società di venture capital di Intesa Sanpaolo, ha riunito alle Officine grandi riparazioni di Torino una platea di investitori istituzionali, esperti, imprenditori e startupper da tutta Italia e da numerosi altri Paesi, Stati Uniti in testa. Per i nuovi fondi sono stati fissato importanti obiettivi. Neva II punta a una raccolta finale di circa 400 milioni di euro, da investire nelle migliori aziende emergenti altamente innovative a livello mondiale, mentre Neva II Italia prevede di raccogliere 100 milioni di euro da riservare alle realtà italiane. Entrambi i fondi concentreranno l’attenzione su società che operano principalmente nei settori delle scienze della vita, la transizione energetica, la trasformazione digitale, la produzione manifatturiera di nuova generazione e l’aerospazio.

Neva ha deciso di costruire un fondo da 500 milioni perchè “ci presentiamo come un partner robusto solido e consistente”, afferma Mario Costantini, amministratore delegato e direttore generale. In particolare con Neva II Italia “consentiremo – aggiunge – ai fondi pensione, casse di previdenza e fondazioni bancarie di poter entrare in questo mercato”. Grande soddisfazione per le attività svolte negli ultimi quattro anni. Dall’agosto del 2020, nonostante le difficoltà causate dalla pandemia nei primi due anni, Neva ha raggiunto in anticipo gli obiettivi prefissati, arrivando a investire con i suoi primi tre fondi circa 170 milioni di euro in oltre 40 società altamente innovative e in forte crescita.

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