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Parlamentarie dei Cinquestelle, i parenti al posto dei big che non possono candidarsi

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Giuseppe Conte in un video di 4 minuti ha affidato agli iscritti le ultime indicazioni da tenere a mente in vista del voto delle Parlamentarie di ieri. Che rispetto alle precedenti tornate hanno introdotto, per il popolo pentastellato, una possibilità inedita: oltre alla scelta di chi, tra gli autocandidati, inserire nei collegi plurinominali di Camera e Senato, anche ”l’approvazione del listino delle personalità presentato dal leader’’. Le truppe cammellate di Conte sono passate.  Hanno risposto Sì in 43.282 iscritti, pari all’86,54% dei voti espressi. Hanno risposto No in 6.732 pari all’13,46% dei voti espressi.
Si tratta dell’elenco bloccato composto da nomi scelti direttamente da Giuseppe Conte, che si garantiranno posti di capolista in collegi sicuri o che dovrebbe esserlo. Un’eccezione alle regole grilline. Chi sono i nominati di Conte? I vicepresidenti del M5S (Michele Gubitosa, Riccardo Ricciardi, Alessandra Todde e Mario Turco), ma anche l’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino e l’ex ministro Stefano Patuanuelli. E poi i contiani di ferro come Mariolina Castellone, Barbara Floridia, Ettore Licheri e Francesco Silvestri. Nella short list anche il notaio del M5S Alfonso Colucci, che certificò il voto dello scorso anno, poi contestato dal tribunale di Napoli. C’è una spruzzatina di società civile come l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho e l’ex pm e componente del pool antimafia di Palermo Roberto Scarpinato.
C’è l’ex titolare del dicastero dell’Ambiente, Sergio Costa e il professore della Sapienza, Livio De Santoli, che pur passati per “tecnici” prestati alla politica, sono due dirigenti del partito dai tempi in cui era un Movimento che voleva fare la rivoluzione, aprire il Parlamento come una scatoletta e poi addiruttura cacciare la vecchia casta, figli, famigli, amanti e affini dei politici. A proposito di famiglia. Per alcuni big, esclusi per il vincolo del doppio mandato, la candidatura alle Parlamentarie è rimasta comunque un affare di famiglia. E così primeggiano tra le liste, i nomi dei fratelli di ex prime donne. A prendere il testimone di Stefano Buffagni, ex vice ministro allo Sviluppo economico, sarà il fratello Davide, 32 anni, un diploma di perito informatico alle spalle e ora candidato alla Camera nel collegio Lombardia 1. Mentre a Samuel Sorial, fratello dell’ex deputato Giorgio Sorial, è toccato il collegio Lombardia 3. Da Velletri spunta la candidatura al Senato di Paolo Trenta, consigliere comunale e fratello di Elisabetta Trenta, ex ministra della Difesa nel primo governo Conte e oggi a capo di una associazione-movimento. Nel parterre dei famigliari c’è spazio anche per mogli e mariti: è il caso di Ergys Haxhiu, programmatore e compagno della ministra delle Politiche giovanili Fabiana Dadone (di recente diventato vigile urbano), che si è presentato nel collegio Piemonte 2. Dalla Calabria si aggiunge anche un’insolita coppia di sposi-candidati: Giuseppe Varano e Tiziana Costa. Lui, esperto in materia di trasparenza bancaria, corre per Palazzo Madama; lei, commercialista e consulente finanziario, punta allo scranno di Montecitorio.
Per Paola Taverna questo metodo di scelta è stata “una grande prova per la democrazia”. Per Danilo Toninelli “una roba inguardabile”. Ad inaugurare il ritorno alle urne digitali, aperte dalle 10 alle 22 di ieri sulla piattaforma SkyVote, è stato Roberto Fico, un altro big non più candidabile, che dai social ha inviato il suo personale in bocca al lupo ai partecipanti: “La nostra comunità – ha scritto – contribuirà a scegliere i candidati che ci rappresenteranno alla prossima tornata elettorale”.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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