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Cronache

Il Papa il 27 agosto crea 21 nuovi cardinali, 16 elettori ssh

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Era atteso da qualche tempo l’ottavo Concistoro di papa Francesco, e il Pontefice lo ha annunciato oggi, al Regina Caeli dell’Ascensione, con un insolito anticipo di tre mesi per il prossimo 27 agosto, quando creera’ 21 nuovi cardinali, di cui 16 ‘elettori’ in un futuro Conclave. Cinque saranno le nuove porpore italiane, di cui due con diritto di voto e tre ultra-ottantenni: gli ‘elettori’ sono mons. Oscar Cantoni, vescovo di Como, e mons. Giorgio Marengo, missionario della Consolata, prefetto apostolico di Ulan Bator (Mongolia), proprio ieri ricevuto dal Papa con la delegazione di leader buddisti mongoli in questi giorni in visita in Vaticano. Con 48 anni di eta’ – e’ nato a Cuneo il 7 giugno 1974 – Marengo sara’ il cardinale piu’ giovane del Sacro Collegio. I tre over-80 sono invece mons. Arrigo Miglio, anch’egli piemontese, arcivescovo emerito di Cagliari, che il 18 luglio superera’ l’eta’ che lo esclude dal Conclave, il teologo e canonista padre Gianfranco Ghirlanda, gesuita, ex rettore della Gregoriana, e mons. Fortunato Frezza, che alla carica di canonico di San Pietro aggiunge tra le altre quella singolare di cappellano della A.S. Roma. Il nutrito ventaglio delle nuove porpore esprime in modo visibile l’universalita’ della Chiesa, mettendo insieme capi dicastero di Curia (tre) e vescovi dai vari continenti, anche di sedi di frontiera e periferiche. Ci sono, oltre agli italiani, l’inglese Arthur Roche, prefetto per il Culto Divino; il coreano Lazzaro You Heung-sik, prefetto per il Clero; lo spagnolo Fernando Vergez Alzaga, Legionario di Cristo, presidente del Governatorato; il francese Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia; il nigeriano Peter Ebere Okpaleke, vescovo di Ekwulobia; il francescano brasiliano Leonardo Ulrich Steiner, arcivescovo di Manaus; l’indiano Filipe Neri Antonio Sebastiao do Rosario Ferrao, arcivescovo di Goa; l’americano Robert Walter McElroy, vescovo di San Diego; il salesiano Virgilio do Carmo da Silva, arcivescovo di Dili (Timor Est); l’altro indiano Anthony Poola, arcivescovo di Hyderabad; l’altro brasiliano Paulo Cezar Costa, arcivescovo di Brasilia; il ghanese Richard Kuuia Baawobr, dei missionari d’Africa, vescovo di Wa; quindi William Seng Chye Goh, arcivescovo di Singapore; e il paraguayano Adalberto Martinez Flores, arcivescovo di Asuncion. Gli altri ultra-ottantenni sono il colombiano Jorge Enrique Jimenez Carvajal, arcivescovo emerito di Cartagena, e il salesiano belga Lucas Van Looy, arcivescovo emerito di Gand. “Preghiamo per i nuovi cardinali affinche’ confermando la loro adesione a Cristo mi aiutino nel mio ministero di vescovo di Roma per il bene di tutto il santo popolo fedele di Dio”, ha detto papa Francesco dopo averne letto l’elenco. Subito dopo il Concistoro, ha annunciato il Pontefice, “lunedi’ e martedi’ 29 e 30 agosto si terra’ una riunione di tutti i cardinali per riflettere sulla nuova costituzione apostolica Praedicate Evangelium”, che riforma la Curia romana. Immediata la reazione del neo-presidente della Cei, il cardinale di Bologna Matteo Zuppi, che ha espresso “gratitudine a papa Francesco per il dono di cinque nuovi cardinali, figli delle nostre Chiese”. “Auguro a ciascuno di loro di rispondere a questa chiamata con i sentimenti che il Papa ci ha consegnato durante il Convegno di Firenze nel 2015 – ha aggiunto -: umilta’, disinteresse e beatitudine”. Con il nuovo Concistoro saranno in tutto 122 i cardinali creati da papa Bergoglio. Attualmente, dopo la morte due giorni fa dell’ex segretario di Stato Angelo Sodano, il Sacro Collegio e’ composto di 208 cardinali, di cui 117 elettori e 91 ultraottantenni. Al prossimo 27 agosto (considerando che il 6 giugno il messicano Norberto Rivera Carrera superera’ la soglia degli 80 anni) la composizione sara’ invece la seguente: 229 cardinali in tutto, di cui 132 con diritto di voto e 97 non elettori. Dei 132 prossimi elettori – peraltro ben oltre la soglia dei 120 fissata da Paolo VI – solo 47, poco piu’ di un terzo, non sono stato creati da papa Francesco ma dai suoi predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Segno che ormai il futuro Conclave, quando sara’, avra’ una coloritura indelebilmente bergogliana.

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Cronache

‘Disarmiamo il patriarcato’, le donne tornano in piazza

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La quiete prima della tempesta in un silenzio irreale che prelude a un grido di liberazione. Hanno deciso di cominciare così il loro corteo le migliaia di manifestanti di ‘Non una di meno’ che si sono ritrovate a Roma: sedute e mute. Poi all’improvviso tutte in piedi, in un’unica voce, altissima, di rabbia contro i femminicidi e al grido di ‘Disarmiamo il patriarcato’ hanno scandito lo slogan: ‘Insieme siam partite insieme torneremo. Non una di meno’. “Non una di meno” hanno ripetuto ancora, alla vigilia del 25 novembre, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, tante, troppe uccise e finite in una lista di sangue che allega foto di loro ancora sorridenti.

E senza dimenticare Ahoo Daryaei, la studentessa iraniana che si è spogliata davanti all’università a Teheran per protestare contro l’imposizione del regime, in molte si sono tolte la maglia rimanendo a seno scoperto. “Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”, hanno urlato tenendo lo striscione con la scritta “il corpo è mio, decido io”, un famoso slogan femminista degli anni Settanta. Poco prima del corteo, davanti al ministero dell’Istruzione, una foto del ministro Giuseppe Valditara era stata bruciata dalle attiviste del movimento femminista Aracne e dai collettivi. Su un manifesto la scritta: “Oltre 100 morti di Stato.

Non è l’immigrazione ma la vostra educazione” hanno replicato alle parole del ministro che qualche giorno fa aveva sostenuto che “L’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza discendenti da un’immigrazione illegale”. Durante il corteo anche cori contro Pro Vita, con i manifestanti che hanno provato a raggiungere la sede dell’associazione antiabortista ma sono state bloccati. Scene che non sono piaciute alla ministra per la Famiglia Eugenia Roccella.

“Manifestare contro la violenza sulle donne, parlare di educazione al rispetto, libertà, per poi esibirsi negli atti e negli slogan che abbiamo visto andare andare in scena prima e durante le manifestazioni di oggi, è una contraddizione stridente”. La ministra ha voluto anche ricordare che “il governo Meloni ha fatto molto per contrastare la violenza contro le donne, anche dal punto di vista economico ha contribuito ad aumentare l’occupazione stabile femminile, ha supportato l’aumento dei centri antiviolenza che sono cresciuti del 5% negli ultimi due anni” e ha lanciato un appello alle ragazze affinché abbiano più a cuore la loro libertà, e ai ragazzi affinché non abbiamo paura della libertà delle ragazze.

Perché “la violenza contro le donne è qualcosa che tocca veramente in modo lacerante le famiglie, troppo spesso purtroppo”. Anche la marea fucsia, 150mila secondo le organizzatrici, a un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin e con il pesate elenco di “altri 106 nomi che si sono aggiunti”, ha risposto a Valditara: “Il patriarcato esiste, non è ideologia e il razzismo istituzionale non è la risposta. L’assassino, il violento, sono figli della nostra società e hanno quasi sempre le chiavi di casa. Questo è un governo patriarcale, non basta una premier donna. Le misure contenute nel ddl sicurezza sono preoccupanti, dalla restrizione del diritto al dissenso alla possibilità di ingresso in carcere per le donne in gravidanza o comunque con figli molti piccoli”. Cortei si sono svolti anche a Palermo, dove in testa hanno sfilato alcune vittime di violenza, insieme a donne disabili, e a Udine dove le Donne in Nero, una rete di attiviste per la pace hanno chiesto il cessate il fuoco in Palestina.

A Milano è apparsa un’opera della street artist Laika dal titolo ‘Smash the patriarchy’. L’immagine raffigura Giulia Cecchettin e Gisele Pelicot, sopravvissuta a uno stupro perpetrato in Francia da suo marito insieme a decine di altri uomini. Il sindaco Beppe Sala ha sottolineato che “le quote rosa sono state fondamentali ma adesso non bastano più. Ci sono interi settori, come quello finanziario, in cui le donne non toccano niente. L”occupazione sale ma in Italia solo il 14% delle donne sono ai vertici delle società”. E anche nelle principali città francesi ci sono state numerose manifestazioni contro la violenza sulle donne. A Parigi hanno sfilato migliaia di persone, soprattutto donne ma anche bambini e uomini.

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Polizia scopre nel Milanese l’arsenale della Curva Nord

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Un deposito di armi, che si reputa possa essere l’arsenale della Curva nord interista, è stato scoperto dalla Polizia a Cambiago, nel Milanese. In un capannone, indagando su un ultras che sarebbe legato ad Andrea Beretta, l’ultrà nerazzurro in carcere per l’omicidio di Antonio Bellocco, altro capo della Curva, sono stati sequestrati pistole, kalashnikov, bombe a mano e molti proiettili.

Secondo quanto si apprende, all’arsenale gli investigatori milanesi sono giunti la scorsa notte, seguendo la traccia di una proprietà immobiliare di Beretta che però era nella disponibilità di una altra persona, un ultras a lui vicino.

La questura di Milano non commenta, non conferma e non smentisce le notizie relative all’operazione di Polizia che ha portato alla scoperta di un arsenale in un deposito nel Milanese che sarebbe riconducibile alla Curva Nord nerazzurra.

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“Bomba Sinner”: un’invenzione giornalistica che alimenta il mito dei botti illegali

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La “bomba Sinner”, il nuovo ordigno di Capodanno sequestrato dai carabinieri in un appartamento di Pozzuoli, è solo l’ultima trovata di un fenomeno mediatico e sociale che va ben oltre la cronaca. Il nome, che richiama il tennista altoatesino Jannik Sinner, si unisce alla lunga lista di fuochi d’artificio illegali battezzati con appellativi accattivanti come “Maradona”, “Scudetto” o “Kvara”. Ma mentre questo genere di denominazioni richiama una sorta di “marketing” dei botti, è impossibile non notare come perpetui luoghi comuni pericolosi e pregiudizi su Napoli e il suo rapporto con l’illegalità.

La realtà dietro la “bomba Sinner”

Il nome non ha nulla a che vedere con il campione di tennis, ma sfrutta l’immaginario di esplosività associata al suo talento sportivo. La realtà, però, è ben diversa: si tratta di un ordigno pericoloso e illegale, capace di causare mutilazioni o peggio. L’ordigno, insieme ad altri 486 petardi illegali, è stato sequestrato dai carabinieri nell’abitazione di un 24enne incensurato a Pozzuoli, trasformata in una vera santabarbara. Materiale esplosivo per un totale di 50 chili era conservato in condizioni precarie, mettendo a rischio non solo l’incolumità del giovane, ma anche quella dei suoi vicini.

Un marketing pericoloso e la complicità dei media

La “bomba Sinner” e altri ordigni illegali sono promossi su piattaforme come Telegram, TikTok e Instagram, dove la vendita e distribuzione si sviluppano con logiche da e-commerce. I nomi accattivanti, però, non sono solo una trovata degli stessi produttori, ma trovano amplificazione nei media, che trasformano questi episodi in sensazionalismo, anziché sottolinearne i rischi. È qui che si insinua una responsabilità più ampia: invece di denunciare con forza il pericolo dei botti illegali, si finisce per rafforzarne la “fama”, perpetuando un’attrazione malsana verso questi prodotti.

Il perpetuarsi dei pregiudizi su Napoli

La narrazione che emerge da episodi come quello della “bomba Sinner” alimenta stereotipi radicati su Napoli e la Campania come luoghi di illegalità e anarchia diffusa. I nomi dei botti – da Maradona a Kvara – sono spesso legati a simboli locali, trasformando un problema grave in un racconto folkloristico che fa leva su luoghi comuni. In realtà, Napoli è una città con un tessuto sociale e culturale straordinario, che spesso lotta contro queste narrazioni riduttive. Collegare automaticamente l’illegalità a simboli della cultura partenopea non fa che danneggiare l’immagine di un territorio già troppo spesso vittima di pregiudizi.

Un problema nazionale, non locale

È importante sottolineare che il fenomeno dei botti illegali non è un problema esclusivamente napoletano. Gli ordigni sequestrati a Pozzuoli erano destinati anche al mercato tedesco, dimostrando che si tratta di un commercio organizzato su scala ben più ampia. Ridurre la questione a un “problema di Napoli” non solo ignora la complessità del fenomeno, ma ostacola una reale presa di coscienza e interventi efficaci.

L’urgenza di un cambiamento culturale

Il fenomeno dei botti illegali rappresenta un rischio concreto per la sicurezza pubblica e un problema culturale. Ogni anno, questi ordigni causano gravi ferite, amputazioni e persino vittime. Serve un cambio di paradigma: da una narrazione che esalta nomi e appellativi dei botti, si deve passare a una comunicazione che ne evidenzi i pericoli, senza alimentare inutili sensazionalismi.

La “bomba Sinner” non è solo un ordigno pericoloso: è un simbolo di come il sensazionalismo e la superficialità possano alimentare pregiudizi e ignorare il vero problema. Napoli merita una narrazione diversa, che metta in evidenza la lotta quotidiana di tanti cittadini contro l’illegalità, piuttosto che ridurla a un cliché. Allo stesso tempo, occorre un impegno collettivo per contrastare la produzione e la diffusione di fuochi illegali, puntando su una cultura della sicurezza e della responsabilità.

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