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Macron in testa, Le Pen attacca: disprezza i francesi

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 Ultime sfiorettate tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen a due giorni dal cruciale ballottaggio per l’Eliseo del 24 aprile. Nell’ultimo giorno utile di campagna elettorale la candidata del Rassemblement National alza il tiro contro il rivale accusandolo di “disprezzare i francesi”. Se Le Pen dovesse accedere all’Eliseo – ribatte lui – saranno “giorni difficili”. Al termine di due settimane di campagna a tambur battente, tra interviste, comizi, e incontri ai quattro angoli della Re’publique, i due finalisti chiudono oggi la caccia ai nuovi elettori – a cominciare da quelli della sinistra di Jean-Luc Me’lenechon, terzo classificato nel primo turno del 10 aprile – in vista del voto di domenica. Secondo un sondaggio OpinionWay-Ke’a Partners per Les Echos, Macron continua a conservare il vantaggio, con il 57% delle intenzioni di voto, contro il 43% di Le Pen, ma la prudenza e’ d’obbligo vista anche l’incognita degli indecisi e lo spettro degli astenuti. “Nulla e’ ancora deciso”, ha avvertito Macron, durante l’ultimo comizio a Figeac, piccolo comune da cartolina nel sud-ovest della Francia, invitando i connazionali a mobilitarsi “fino all’ultimo secondo” per sbarrare la strada a Le Pen. Quanto a lei, oggi ha passato parte della giornata nei feudi del nord (Hauts-de-France) per gli ultimi bagni di folla. Parlando al mercato di Etaples, la candidata che in caso di vittoria promette di rimuovere la bandiera a dodici stelle Ue dagli edifici pubblici ha detto che “se il popolo si muove e va a votare allora otterra’ l’auspicato cambiamento. E la scelta – ha avvertito – e’ semplice: o Macron o la Francia”. Intervistata da Europe 1 e CNews, la Le Pen, candidata accusata di stretti legami con Vladimir Putin e che ancora rimborsa un debito da 9 milioni di euro ad un creditore russo, ha lanciato dure bordate contro Macron accusandolo di “non amare i francesi”. “Non ha cessato di disprezzarli, di insultarli, di trattarli con brutalita’. Tutto il suo quinquennato e’ stata una successione di frasi umilianti per i francesi”. E ancora, dopo il confronto in tv dell’altro ieri sera: “Mi ha maltrattato, maltratta tutti”. Quindi l’affondo contro “cinque anni di caos” e “una relazione tossica che Macron ha instaurato con il popolo”. Per lei, la vittoria del presidente uscente che continua a raccogliere sostegno in patria, in Europa e nel resto del mondo – dopo Scholz, Costa e Sanchez oggi e’ arrivato l’endorsement del brasiliano ‘icona’ della sinistra, Ignacio Lula da Silva – “non e’ una fatalita’”. “Un’altra scelta e’ possibile e il progetto che voglio mettere in atto e’ un progetto che rafforzera’ il nostro Paese”, assicura l’alleata di Matteo Salvini che ha orientato la campagna sul potere d’acquisto e sul cosiddetto ‘primato nazionale’. Sotto al sole di Figeac, dinanzi a centinaia di persone riunite in piazza, Macron si e’ giocato la carta della riconciliazione. “La Francia e’ un blocco”, ha detto, rifiutando il diffuso ritornello secondo cui il Paese sarebbe diviso in parti “irriconciliabili”, tra la Francia di Parigi e delle citta’, la Francia rurale, e quella delle banlieue. Macron ha poi avvertito che, se vince Le Pen, “saranno giorni difficili”. In mattinata, su radio France Inter, l’aveva accusata di essere riuscita a “procedere mascherata”, nascondendo “i fondamentali dell’estrema destra” che pero’ “ci sono tutti”. Un’etichetta seccamente respinta dalla diretta interessata che, mai come in questi giorni, cerca di conquistare gli elettori di sinistra di Me’lenchon. Macron ha poi insistito sulla necessita’ di preservare “l’unita’ europea” ed evitare che una nuova “cortina di ferro cada implicitamente sull’Europa”, in un particolare riferimento alla crisi ucraina. Oggi, il principale sindacato agricolo di Francia (Fnsea) ha implicitamente chiesto di votare per lui, esprimendosi a favore di quell'”Europa piu’ forte”, ed esponenti cattolici, ebrei e protestanti dell’Alsazia, la regione di Strasburgo citta’ simbolo della riconciliazione franco-tedesca nonche’ sede del Parlamento europeo, hanno messo in guardia dal “ripiegamento nazionalista” che ha causato “danni terribili nel nostro continente”.

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Nuovi attacchi a Hezbollah, esplodono i walkie talkie: ancora morti e feriti

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Caos e rabbia in Libano dove per il secondo giorno consecutivo l’esplosione sincronizzata di dispositivi wireless in dotazione ai miliziani di Hezbollah e anche di pannelli solari ha fatto almeno 14 morti e 500 feriti. Dopo le migliaia di cercapersone scoppiate martedì alla stessa ora in tutto il Paese dei Cedri, a Damasco e nella Siria orientale (in un’operazione che anche il creatore di Fauda Avi Issacharoff ha definito “al di sopra di ogni immaginazione”), nel pomeriggio di oggi un’altra ondata di deflagrazioni ha scosso i cittadini libanesi. La situazione è tale che in serata il premier libanese Najib Mikati ha dichiarato che il suo governo si sta preparando a “possibili scenari” di una grande guerra con Israele. In molte città i residenti si sono riversati per strada protestando nel disorientamento più totale.

Un’auto dell’Unifil è stata assaltata con lanci di pietre a Tiro da un gruppo di civili. Walkie talkie militari e strumenti per rilevare le impronte digitali sono detonati in diverse località del Paese, tra cui il distretto di Dahiya a Beirut, roccaforte del gruppo sciita, e nel Libano meridionale. Le immagini rilanciate dai media locali mostrano appartamenti in fiamme dentro condomini, auto bruciate, denso fumo nero, gente che fugge e si dispera. Testimoni hanno riferito di numerose ambulanze che portavano i feriti in ospedale. Altre esplosioni sono state segnalate dai media sauditi in Iraq, nel quartier generale dell’organizzazione terroristica al Hashd al Shaabi a Mosul, nello stesso momento delle deflagrazioni in Libano. Alla periferia sud di Beirut, esplosioni di dispositivi sono avvenute mentre si svolgevano i funerali di membri di Hezbollah uccisi martedì negli attacchi con i cercapersone. In 1.600 sarebbero ancora ricoverati negli ospedali con ferite anche molto gravi. Cinquecento miliziani hanno perso la vista quando il loro pager è finito in mille pezzi.

E anche l’ambasciatore iraniano a Beirut avrebbe perso un occhio e 19 pasdaran sarebbero rimasti uccisi in Siria. Ma gli ayatollah negano. Alla vigilia del discorso pubblico del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il cugino e presidente del Consiglio esecutivo del gruppo Hashem Safieddine è stato chiaro: “Questi attacchi saranno sicuramente puniti in modo unico, ci sarà una vendetta sanguinosa”, ha detto. Nel mentre Israele tace. Nonostante l’esecrazione di mezzo mondo, le istituzioni di Gerusalemme non hanno battuto ciglio sul ‘beeper affair’ per due giorni consecutivi. Teheran ha accusato l’intero Occidente di “ipocrisia” e Israele di “strage”. Mosca ha parlato di “guerra ibrida”, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvisato del “grave rischio di drammatica escalation in Libano”, con il Consiglio di sicurezza che ha fissato una riunione di emergenza per venerdì. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in visita al Cairo per i negoziati su Gaza che continuano sottotraccia, ha escluso che Washington fosse a conoscenza o coinvolta nel cyberattacco.

Ma l’operazione che ha letteralmente lasciato storditi i miliziani sciiti a quanto pare non poteva più essere rimandata. Secondo fonti Usa citate da Axios, ad innescarla sarebbe stato il timore che l’intelligence di Hezbollah stesse per scoprire il creativo raid informatico: “È stato un momento ‘use it or lose it'”, avrebbe comunicato Israele agli Stati Uniti sul timing dell’attacco. Un ex funzionario israeliano ha spiegato che i servizi avevano pianificato di usare i cercapersone con trappole esplosive come colpo di apertura in guerra per paralizzare i combattenti di Nasrallah. E per ridurre le vittime civili. Ma negli ultimi giorni sembrava che il segreto stesse per trapelare e Benyamin Netanyahu ha dato segnale verde. In serata dallo Stato ebraico si è alzata la voce del ministro della Difesa Yoav Gallant: “Il centro di gravità si sta spostando verso nord attraverso il trasferimento di risorse e forze. Siamo all’inizio di una nuova fase del conflitto”, ha detto alle truppe. Confermando le indiscrezioni del mattino secondo cui un’intera divisione ha lasciato il sud di Gaza per raggiungere il confine con il Libano. A rafforzare il timore di un’escalation a breve il fatto che il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha approvato i piani di attacco e difesa per la regione settentrionale: “Israele è pronto a utilizzare capacità militari non ancora impiegate. Hezbollah dovrà pagare un prezzo elevato se continuerà il conflitto”, ha avvertito.

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Libano, ora scoppiano i walkie-talkie tra le mani degli Hezbollah: almeno 3 morti

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Secondo l’agenzia di stampa statale libanese, almeno tre persone sono rimaste uccise in alcune esplosioni avvenute nella zona della Bekaa, mentre fonti della sicurezza hanno riferito alla Reuters che centinaia di persone sono rimaste ferite in una serie di nuove esplosioni in tutto il Libano. Le radio portatili utilizzate dal gruppo terroristico Hezbollah sono esplose nel tardo pomeriggio nel sud del Paese e nella periferia meridionale della capitale Beirut, hanno riferito una fonte della sicurezza e un testimone.

Almeno una delle esplosioni e’ avvenuta nei pressi di un funerale organizzato da Hezbollah, sostenuto dall’Iran, per le vittime del giorno prima, quando migliaia di cercapersone utilizzati dal gruppo sono esplosi in tutto il Paese. “Diversi walkie-talkie sono esplosi nella periferia sud di Beirut”, afferma la fonte, mentre i soccorritori affiliati a Hezbollah confermano che i dispositivi sono esplosi all’interno di due auto nella zona.

Tre persone sono state uccise nell’esplosione di “apparecchiature di trasmissione” a Sohmor, nel Libano orientale, ha riferito l’agenzia di stampa nazionale (ufficiale). Il ministero della Sanita’ ha riferito che “piu’ di cento persone sono rimaste ferite in una nuova ondata di esplosioni di walkie-talkie”.

I walkie-talkie sono esplosi contemporaneamente nella periferia meridionale di Beirut, proprio mentre si svolgevano i funerali di quattro membri di Hezbollah uccisi ieri in esplosioni di cercapersone, secondo una fonte vicina al movimento islamista libanese e ai soccorritori. Le esplosioni hanno scatenato il panico. Altre esplosioni sono state segnalate a Saida (sud) e Baalbeck (est), dove 15 persone sono rimaste ferite, ha riferito una fonte ospedaliera.

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New York Times: Israele dietro all’attacco con i cercapersone

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Israele ha messo l’esplosivo nei cercapersone venduti a Hezbollah. Lo riporta il New York Times, citando alcune fonti americane. L’esplosivo sarebbe stato posizionato vicino alla batteria di ogni dispositivo e attivato tramite un messaggino.

I cercapersone che Hezbollah aveva ordinato alla taiwanese Gold Apollo sarebbero stati manomessi prima di raggiungere il Libano, riporta il quotidiano americano. La maggior parte dei cercapersone era del modello AP924, anche se nella spedizione erano inclusi anche altri tre modelli. I dispositivi erano programmati per emettere un segnale acustico di diversi secondi prima di esplodere. Alla Gold Apollo sono stati ordinati più di 3.000 cercapersone. Non è chiaro né quando sono stati ordinati né quando sono arrivati in Libano.

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