Le manifestazioni cliniche dell’infezione da SARS-CoV-2 sono eterogenee. La maggior parte degli individui contagiati sono asintomatici o pauci sintomatici mentre circa il 15-10% degli infetti sviluppa polmonite e circa il 3% di questi sviluppa forme gravissime che necessitano ricovero in terapia intensiva. Questi differenti fenotipi clinici sono dovuti a diversi fattori come età, sesso, malattia pregresse. Recenti scoperte hanno evidenziato che ci sono anche fattori genetici dell’ospite (uomo e non virus) che predispongono l’individuo infetto allo sviluppo di forme gravi o non gravi della malattia COVID-19. Ne parliamo con Mario Capasso, Professore di Genetica Medica all’Università degli Studi Napoli Federico II, PI e Capo del Servizio di Bioinformatica per NGS al CEINGE Biotecnologie Avanzate.
Mario Capasso. Professore di Genetica Medica all’Università degli Studi Napoli
Professor Capasso ci spieghi meglio cosa si intende per predisposizione genetica al COVID-19.
La malattia COVID-19 come le altre può essere considerata una malattia multifattoriale cioè dovuta alla combinazione di fattori ambientali e fattori genetici. Questo significa che gli esseri umani hanno varianti genetiche, mutazioni del DNA, che ci rendono unici ma che posso anche predisporci a determinate patologie e nel caso del COVID-19 a forme gravi o asintomatiche.
Che cosa ci dicono gli ultimi studi su questo argomento?
Il gruppo del professor Casanova (The Rockefeller University, New York) ha dimostrato che mutazioni in geni che indeboliscono l’attività dei processi del sistema immunitario governati dal Interferon di tipo I predispongono a forme gravi del COVID-19. Uno studio multi-centrico internazionale, guidato dall’Università di Helsinki, nel quale siamo anche noi coinvolti, ha analizzato più di 10 milioni di varianti genetiche di circa 2 milioni di individui e ha individuato 40 geni di suscettibilità a forme severe del COVID-19. Questi geni erano noti avere un ruolo nella regolazione del sistema immunitario e nelle funzioni polmonari. Queste ricerche hanno inequivocabilmente affermato il ruolo dei fattori genetici nel determinare diverse forme cliniche del COVID-19.
Il gruppo di ricerca che lei coordina ha indagato la relazione tra mutazioni genetiche nel DNA umano e sviluppo di forme gravi della malattia da Covid-19. Che cosa avete scoperto?
In questa ricerca, con la collaborazione del Professor Achille Iolascon, Ordinario di Genetica Medica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e PI del CEINGE, abbiamo analizzato i dati genetici di 1 milione di soggetti sani e di oltre 7 mila soggetti che avevano sviluppato una forma grave della malattia da Covid-19. Questa enorme mole di dati genomici è stata poi analizzata con tecniche computazionali create ad hoc che ci hanno consentito di rilevare le varianti genetiche di ogni singolo soggetto e di individuare, sul cromosoma 21, una porzione di DNA con 5 mutazioni genetiche comuni a tutti i soggetti che avevano sviluppato la forma grave della malattie.
Sono in corso altri studi genetici sul COVID-19 del suo gruppo?
Sì, abbiamo iniziato un’analisi genetica sui soggetti che non sviluppano sintomi, anche se infetti e con fattori di rischio come età avanzata e malattie pregresse, per capire quali sono i fattori genetici che proteggono contro le forme gravi dell’infezione. In questo nuovo studio abbiamo effettuato un tipo di sequenziamento avanzato, sul DNA di circa 1000 soggetti, che ci permette di analizzare tutti i geni finora conosciuti (circa 30,000). Abbiamo individuato mutazioni rare che sembrano avere un ruolo protettivo. I risultati di questo lavoro sono ora in corso di valutazione da parte di una rivista scientifica internazionale per un eventuale pubblicazione. Volevo sottolineare che questo nuovo studio è stato reso possibile anche grazie alla preziosa collaborazione del prof Massimo Zollo Ordinario di Genetica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e PI del CEINGE e del dott. Rino Cerino dell’Istituto Zooprofilattico di Portici.
I risultati dei vostri studi genetici saranno in grado di prevedere se la malattia avrà un decorso grave o asintomatico?
Sì, i nostri studi, come anche altri a livello internazionale, gettano le basi per la sperimentazione di test genetici che potranno essere in grado di predire quali sono quei soggetti a rischio di sviluppare una forma grave della malattia da Covid-19. Il risultato della nostra ricerca getta le basi per generare un valore predittivo genetico che ci potrà consentire di prevenire lo sviluppo di sintomatologie più gravi del Covid.
“Pompei non può essere associata al turismo di massa, ma deve avere come obiettivo quello della qualità”. Gabriel Zuchtriegel stringe tra le mani il suo biglietto nominativo, quello che da oggi è obbligatorio per entrare negli scavi che dirige dal febbraio 2021. È una delle novità introdotte all’interno del parco archeologico. La più importante riguarda il numero chiuso per gli ingressi giornalieri, che non potranno mai superare quota 20mila. Nel periodo di maggiore afflusso (dal primo aprile al 31 ottobre), poi, saranno anche previste specifiche limitazioni a seconda delle fasce orarie: dalle 9 alle 12 massimo 15mila ingressi; altri 5mila da mezzogiorno alle 17.30. L’acquisto dei ticket è consentito sul posto e online. “Alla base – spiega ancora Zuchtriegel – ci sono soprattutto motivi di sicurezza, sia dei visitatori, sia di tutela del patrimonio. Partiamo in questo periodo di bassa stagione per sperimentare tale misura, i cui numeri saranno poi esaminati con calma in vista delle giornate di maggiore afflusso”.
Obiettivo è anche combattere il fenomeno del bagarinaggio, che portava i turisti ad acquistare biglietti rivenduti a prezzi maggiorati e con l’aggiunta di “servizi” già compresi nel costo abituale del ticket. Altro proposito è puntare a distribuire i visitatori anche sugli altri siti del parco (Boscoreale, Torre Annunziata, Villa dei Misteri, Civita Giuliana e Stabia). Gli scavi di Pompei introducono le novità del numero chiuso e del biglietto nominativo dopo un’estate da record, che ha fatto registrare flussi mai visti in passato, con oltre quattro milioni di visitatori e punte di oltre 36.000 presenze in occasione di una delle prime domeniche del mese (quelle a ingresso gratuito). Questa mattina Zuchtriegel ha deciso di seguire personalmente l’avvio del cambiamento insieme con Prefettura, vigili del fuoco e consulenti dei lavoratori insieme ai quali è stata ravvisata la necessità di prevedere una gestione in piena sicurezza del sito Unesco.
“Abbiamo avuto in autunno, estate e primavera – sottolinea ancora il direttore – giornate in cui il limite dei 20.000 ingressi è stato superato: ci siamo resi conto di dover garantire a tutti i visitatori una esperienza di qualità. Pompei non deve essere un sito per il turismo di massa. Abbiamo un territorio meraviglioso e ci impegneremo a canalizzare maggiormente i flussi, ma anche gli investimenti, la ricerca e la valorizzazione di questi luoghi. Questo non è una misura contro la crescita. Anzi, noi puntiamo sulla crescita”. Nessuna gara sui numeri, come avviene in particolare in occasione delle domeniche ad ingresso gratuito: “La nostra priorità è la sicurezza – conclude Zuchtriegel -. E in caso di emergenza, abbiamo pensato di assicurare uscite controllate ai visitatori. Attenzione, siamo orgogliosi dei dati che abbiamo raggiunto in questi anni: spesso eravamo al primo posto nelle giornate di ingressi gratuiti. Questa classifica è carina, ma logica ci impone di scegliere la conservazione del nostro patrimonio: non vorremmo mai che qualche classifica finisca per danneggiarlo”.
Calano i contagi da Covid-19 in Italia. Nella settimana dal 17 al 23 ottobre si registrano 8.660 nuovi casi rispetto ai 11.433 della rilevazione precedente mentre i decessi sono 116 a fronte di 117. Il maggior numero di nuovi casi è stato registrato in Lombardia (2.693), Veneto (1.206), Piemonte (998) e Lazio (928). Mentre continua la corsa della variante Xec. E’ quanto emerge dal bollettino aggiornato e dal monitoraggio settimanale a cura del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Nell’ultima settimana sono stati effettuati 89.792 tamponi, in calo rispetto ai 94.880 della precedente rilevazione, e scende anche il tasso di positività, da 12% a 9,6%.
L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero, al 15 ottobre è pari a 0,84 rispetto a 1,06 del 9 ottobre. È in lieve diminuzione, in quasi tutte le regioni, l’incidenza settimanale: la più elevata è stata in Lombardia (27 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (con 0,2 casi per 100mila abitanti). Al 23 ottobre, si legge, “l’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 3,7%, stabile rispetto alla settimana precedente (3,8% al 16 ottobre). In lieve diminuzione l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 0,9% (76 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (1,0% al 16 ottobre)”. In base ai dati di sequenziamento nell’ultimo mese si osserva la co-circolazione di differenti sotto-varianti di JN.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di KP.3.1.1. In crescita, inoltre, la proporzione di sequenziamenti attribuibili a Xec (17% nel mese di settembre contro il 5% del mese di agosto).
Dopo il calo delle ultime settimane, tornano a salire i contagi da Covid-19 in Italia. Dal 19 al 25 settembre sono stati 11.164 i nuovi positivi, rispetto agli 8.490 della settimana precedente, pari a un aumento di circa il 30%. La regione con più casi è la Lombardia (3.102), seguita dal Veneto (1.683) e Lazio (1.302). E a crescere sono anche i decessi settimanali, passati da 93 a 112. Stabile l’impatto sugli ospedali mentre cresce la variante Xec.
Questi i dati dell’ultimo bollettino settimanale pubblicato dal ministero della Salute e del monitoraggio a cura dell’Istituto superiore di Sanità. Ad aumentare sono stati anche i tamponi, passati dai 81.586 del 12-18 settembre a 85.030, mentre il tasso di positività è passato dal 10% al 13%. Stabile invece il numero di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti di area medica (pari a 3% con 1.885 ricoverati), così come quelli occupati in terapia intensiva (0,7% con 62 ricoverati). I tassi di ospedalizzazione e mortalità restano più elevati nelle fasce di età più alte.
L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero, è pari a 0,9, in lieve aumento rispetto alla settimana precedente. Mentre l’incidenza è di 19 casi per 100mila abitanti, anche questa in aumento rispetto alla settimana precedente (14 casi per 100mila abitanti). L’incidenza più elevata è in Veneto (35 casi per 100mila abitanti) e la più bassa nelle Marche (1 per 100mila). In base ai dati di sequenziamento genetico, nell’ultimo mese circolano insieme differenti sotto-varianti di Jn.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di Kp.3.1.1 (68%). In crescita, e pari a circa il 5%, i sequenziamenti del lignaggio ricombinante Xec, appartenente alla famiglia Omicron.