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Da Malta a Strasburgo, con Roberta Metsola presidente dell’Europarlamento sempre più donne ai vertici Ue

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Mentre la politica italiana fatica a trovare convergenze su un nome che possa portare una donna al Quirinale, in Europa suona tutt’altra musica. Con l’elezione della maltese Roberta Metsola infatti, prima esponente della generazione Erasmus ad occupare la carica piu’ importante del Parlamento europeo, si rafforza ulteriormente la presenza femminile ai vertici dell’Unione. La nuova presidente dell’Eurocamera si va ad affiancare alle presidenti della Commissione Ue, la tedesca Ursula von der Leyen, e della Bce, la francese Christine Lagarde, portando a tre su quattro le principali posizioni apicali ricoperte da donne (il belga Charles Michel resta per ora presidente del Consiglio Europeo). La 43enne maltese e’ inoltre la piu’ giovane tra quanti – comprese le francesi Simon Veil nel 1979 e Nicole Fontaine nel 1999 – sono arrivati a guidare la casa della democrazia europea. Tra i 27 leader dei Paesi Ue al momento pero’ le donne sono solo quattro e tutte del Nord, poiche’ dopo l’uscita di scena di Angela Merkel a sedere intorno al tavolo del Consiglio Europeo sono rimaste le premier di Danimarca, Finlandia, Estonia e Svezia. E le cose non vanno molto meglio nei Parlamenti nazionali, dove secondo gli ultimi dati la quota rosa e’ ferma al 32%.

Per questo ha fatto notizia la circostanza che nel nuovo esecutivo olandese la meta’ dei ministri – 10 su 20 – siano donne. Nata in una zona popolare di Malta e nipote di un cuoco della Royal Navy, Metsola, avvocato con la passione per la politica, ha scoperto l’Ue grazie al programma Erasmus e gli studi al Collegio d’Europa a Bruges. Militante degli studenti democristiani maltesi, si mise in mostra nel 2003 grazie alla campagna filo-comunitaria per il referendum che nel 2003 porto’ Malta nell’Unione. Sposata ad un finlandese e madre di quattro figli, nel 2009 falli’ il primo tentativo di entrare al Parlamento europeo. Venne poi eletta con le suppletive del 2013 diventando nel 2017 vicepresidente della Commissione petizioni nonche’ membro della commissione d’inchiesta sul riciclaggio che indago’ sulle rivelazioni dei Panama Papers, scandalo a cui fu collegato anche il drammatico omicidio della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia. Nel novembre 2020, grazie al suo lavoro nelle varie commissioni e alla sua battaglia contro la corruzione che la porto’ in rotta di collisione con il premier del suo Paese, Joseph Muscat (tanto da arrivare, in un incontro pubblico nel 2019, a rifiutare di stringergli la mano), venne scelta dal Ppe per ricoprire il ruolo di primo vicepresidente del Parlamento, durante la presidenza di David Sassoli. Ora, con una maggioranza schiacciante (458 voti su 617), Metsola è arrivata alla guida dell’Assemblea di Strasburgo dimostrando a tutta l’Europa che per eleggere una donna basta volerlo.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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