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Economia

Le star di Tik Tok guadagnano di più dei potenti top manager

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Sono loro i piu’ ricchi e il loro conto in banca supera ormai quello dei massimi dirigenti americani. Sono le star di TikTok, che hanno trasformato quello che era solo un passatempo alla moda in un vero e proprio business. Un business che si sta rivelando molto redditizio. Il Wall Street Journal fa loro i conti in tasca, citando la classifica di Forbes. Ad esempio Charli D’Amelio, che ha iniziato a postare video di se stessa che balla su TikTok nel 2019, ha portato a casa 17,5 milioni di dollari l’anno scorso. Con 133 milioni di follower su TikTok, promuove peraltro una linea di abbigliamento e altri prodotti. Facendo un confronto, la paga media degli amministratori delegati delle aziende quotate allo S&P 500 e’ di 13,4 milioni di dollari nel 2020. Le cifre dei compensi degli amministratori delegati includono i premi in azioni e opzioni, che in genere costituiscono la maggior parte della retribuzione dei dirigenti, cosi’ come lo stipendio annuale e il bonus, i vantaggi e altri tipi di incassi destinati alla pensione. In altri termini, D’Amelio ha guadagnato di piu’ dell’amministratore delegato di Exxon Mobili, Darren Woods (15,6 mln di dollari), dell’ad di Starbucks Kevin Johnson (14,7 mln di dollari), dell’ad di Delta Air Lines Ed Bastian (13,1 mln di dollari) e perfino del numero uno di McDonald’s, Chris Kempczinski con i suoi 10,8 milioni di dollari.

0 R01 / = Usa: star Tik Tok guadagnano di piu’ dei potenti top manager (2)= (AGI) – Roma, 15 gen. – Dixie D’Amelio, la sorella maggiore di Charli, ha circa la meta’ dei follower su TikTok rispetto alla sorella. Ma e’ stata la seconda influencer di TikTok che l’anno scorso ha guadagnato di piu’: secondo Forbes, il suo ‘stipendio’ e’ ammontato a 10 milioni di dollari. “Stanno davvero costruendo imperi commerciali”, ha detto Mae Karwowski, CEO e fondatore dell’agenzia di influencer marketing Obviously. Tra l’altro molti top influencer di TikTok gestiscono nuove aziende, lanciano marchi e diversificano i loro flussi di reddito. Ci sono ovviamente alcuni CEO dell’S&P 500 che guadagnano molto di piu’. E’ il caso di Robert Kotick, che dirige il gigante dei videogiochi Activision-Blizzard e che ha guadagnato quasi 155 milioni di dollari nel 2020. Il CEO di Apple Tim Cook, ha incassato quasi 99 milioni di dollari nell’anno conclusosi il 25 settembre. E non sono gli unici ma il fenomeno degli influencer di Tik Tok sembra inarrestabile, e continua a crescere grazie alla rapida crescita dell’app.

TikTok, di proprieta’ di ByteDance, con sede a Pechino, ha agganciato le persone con un suo algoritmo segreto, che fornisce quei video clip che pensa che gli utenti vorrebbero vedere. Il risultato e’ che l’anno scorso l’app ha detto di avere piu’ di un miliardo di utenti mensili. Sbancano peraltro i marchi esibiti dalle migliori star di Tik Tok e che vengono gettonati anche dai loro milioni di seguaci. Secondo gli analisti, e’ perce’ le star dei social media danno ai follower un assaggio quotidiano della vita, offrendo aggiornamenti su rotture, trionfi e fallimenti e in questo modo i followers vengono emotivamente investiti di piu’. Ma c’e’ un influencer che batte tutti: Forbes ha nominato Kylie Jenner la celebrita’ piu’ pagata del 2020, portando 590 milioni di dollari, principalmente dalla vendita di una quota del suo marchio di bellezza al proprietario di CoverGirl Coty. Ye, il rapper che ha cambiato il suo nome da Kanye West, e’ arrivato secondo con 170 milioni di dollari, grazie agli accordi di abbigliamento con Gap e la linea di scarpe da ginnastica Adidas.

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Economia

Tim tratta in esclusiva col Mef su Sparkle

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La vendita di Sparkle non solo porta nelle casse di Tim altri 700 milioni di euro ma risolverebbe una ‘anomalia’ nella struttura del gruppo che ormai si è dato un’impronta da ‘società di servizi’. Non è da escludere poi che la società dei cavi internazionali possa confluire nella rete unica a cui punta il Mef che, se realizzata entro il 2026, sbloccherebbe quei 2,5 miliardi di ‘earn out’ legati alla cessione di Netco a Kkr. La Borsa, dove il titolo ha fatto un altro piccolo passo avanti (+2% a 0,26 euro) e gli analisti leggono l’operazione come positiva e si aspettano che Tim accetti la proposta del Mef e, con una quota di minoranza, del fondo spagnolo Asterion, attraverso la controllata Retelit.

E Tim non perde tempo. Il cda, dopo meno di 24 ore, si riunisce, esamina la proposta e dà mandato all’amministratore delegato, Pietro Labriola, di avviare interlocuzioni con gli offerenti, in via esclusiva, finalizzate ad approfondire i profili economici e finanziari dell’operazione e a ottenere la presentazione – entro il 30 novembre – di un’offerta vincolante secondo i migliori termini e condizioni.

L’offerta che c’è ora in campo, rispetto alla precedente di 625 milioni di euro più 125 milioni di euro di earn-out, è qualitativamente migliorativa perché i 700 milioni offerti dal Mef e da Asterion sarebbero ‘tutti subito’. “Gli 0,7 miliardi di euro di liquidità in entrata si aggiungerebbero agli 0,24 miliardi proventi dalla vendita di Inwit – ricordano gli analisti di Mediobanca – con un ulteriore taglio di 1 miliardo di euro alla posizione debitoria di Tim, portando il rapporto di leva finanziaria (ebitda/debito) ben al di sotto di 2 volte”.

Equita e Intermonte hanno invece colto le recenti dichiarazioni del direttore generale del Mef Marcello Sala a un convegno che ha espressamente indicato l’obiettivo del governo di avere “un’unica società nel Paese per la fibra ottica”. “Riteniamo che il governo italiano sia estremamente interessato a evitare un default di Open Fiber anche per il rischio di perdere 1,8 miliardi di euro di fondi Pnrr se il progetto Italia a 1Giga non sarà completato entro giugno 2026” scrivono gli analisti.

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Economia

Zuckerberg batte Bezos, è il secondo più ricco al mondo

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Mark Zuckerberg supera Jeff Bezos e diventa il secondo uomo più ricco al mondo alle spalle di Elon Musk. Zuckerberg vale 210,7 miliardi di dollari contro i 209,2 di Bezos. Musk ha una fortuna di 262,8 miliardi. E’ quanto emerge dal Bloomberg Billionaires Index.

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Salvo l’uso di ‘bistecca’ e ‘salsiccia’ per prodotti veg

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In Francia e in Unione Europea l’uso di nomi tipicamente associati alla carne per i prodotti a base vegetale è salvo: i cibi a base di proteine vegetali potranno continuare a chiamarsi ‘salsicce’, ‘bistecche’ o ‘hamburger’ e nessuno Stato membro può impedirlo. Lo ha messo nero su bianco la Corte di Giustizia dell’Ue accogliendo, in forma di sentenza, l’istanza di quattro organizzazioni francesi attive nel settore dei prodotti vegetali e vegani (l’Association Protéines France, l’Union vegetarienne européenne, l’Association végétérienne de France e la società Beyond Meat Inc.) che hanno contestato al governo di Parigi un decreto che vietava l’uso di termini come ‘bistecca’ o ‘salsiccia’ per indicare prodotti a base vegetale.

Un decreto pensato, secondo Parigi, per tutelare la trasparenza delle informazioni sui cibi, ma finito prima sul tavolo del Consiglio di Stato francese, e poi direttamente alla Corte di Lussemburgo. Per i giudici comunitari le norme sull’etichettatura alimentare tutelano già “sufficientemente i consumatori”, anche in questi casi. Dunque, uno Stato membro “non può impedire con un divieto generale ed astratto” ai produttori di alimenti a base di proteine vegetali di adempiere all’obbligo di indicare la denominazione di questi alimenti con “denominazioni usuali” o “descrittive”. A meno che il Paese non abbia adottato una “denominazione legale” per indicarli e purché le modalità di vendita o di promozione di quel prodotto non siano fuorvianti per i consumatori, inducendoli all’errore.

La Corte dell’Ue parla alla Francia, ma in realtà parla a tutta Europa, dove l’uso di termini associati a cibi contenenti proteine animali a quelli vegetali è sempre più dibattuto, soprattutto per via della diffusione di questi ultimi sul mercato europeo. Le prime divisioni a Bruxelles sono emerse nel 2020, quando nel quadro dei negoziati sulla Politica agricola comune (Pac) al Parlamento europeo di Strasburgo ci fu il tentativo di inserire nella revisione delle norme una serie di emendamenti per eliminare l’uso delle denominazioni di carne per i prodotti a base vegetale. Ma il blitz fallì e il blocco di emendamenti al regolamento sull’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli fu respinto. Il dibattito è rimasto aperto ed è, tra l’altro, particolarmente sentito in Italia. La sentenza, ad esempio, potrebbe non piacere a Lega e FdI, che del divieto di etichettatura tradizionale per i prodotti veg ne hanno fatto da tempo una bandiera.

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