A due anni dall’inizio della pandemia, le citta’ d’arte tornano a svuotarsi a causa del Covid. E i centri storici, complice l’assenza di turisti, ne portano i segni, tra serrande abbassate, locali che fanno orario ridotto e hotel occupati solo in minima parte. I contagi e le quarantene, che bloccano temporaneamente le attivita’, spiegano solo in parte il trend. A Roma, per esempio, la Fipe-Confcommercio stima che siano 600 i pubblici esercizi costretti a fermarsi per il virus, oltre 2000 quelli che hanno limitato il periodo di apertura a causa del personale assente. A fare il resto sono le difficolta’ economiche che, a ondate, rischiano di strozzare le imprese. “Siamo in una sorta di lockdown di fatto”, dice Fabio Borio, presidente di Federalberghi Torino: l’associazione ha calcolato che in citta’ il tasso di occupazione delle camere e’ del 10%, esattamente come i primi mesi dello scorso anno. Che sia il contagio spinto sempre piu’ in alto da Omicron, la paura di infettarsi, il ritorno dello smart working, o – piu’ probabilmente – un mix di tutti questi fattori, sta di fatto che i centri storici delle citta’ d’arte, in alcune ore del giorno, appaiono nuovamente deserti. “C’e’ grandissima crisi. Solo nel 2020 hanno chiuso 20mila aziende in Italia tra i pubblici esercizi e nel 2021 ne stimiamo altrettante. A questo vanno aggiunte le chiusure temporanee a causa di Covid o quarantene”, spiega il direttore generale della Fipe Roberto Calugi, prospettando 50 mila posti di lavoro in bilico. La richiesta al governo e’ di prorogare “almeno” la Cig Covid. Borio chiede interventi a sostegno del comparto alberghiero, “misure concrete e sgravi fiscali per garantire la tenuta di un settore economico che vale 13 punti del Pil e da’ lavoro a centinaia di migliaia di persone”. A soffrire e’ anche la montagna che, dopo i numeri positivi del Natale, guarda con preoccupazione i prossimi mesi per l’assenza dei turisti stranieri. Dal Lazio, l’assessore al Turismo Valentina Corrado ammette che a fronte del “momento molto critico” che sta affrontando il settore, le misure messe in campo dalla Regione da sole non bastano: “E’ necessario aprire un tavolo con il governo per fare fronte alle conseguenze del Covid”. La stessa richiesta pochi giorni fa e’ arrivata forte e chiara dal Campidoglio, dove lo spettro e’ di dover fronteggiare 8mila licenziamenti a Roma nel settore ricettivo. Una crisi che sembra senza fine, se si calcola che (in base ai dati dell’Osservatorio Confindustria Alberghi) il 2021 si e’ chiuso con un tasso di occupazione delle camere del -58% nella Citta’ Eterna, -56,1% a Firenze, -57% a Venezia e -43% a Napoli. Per la Confcommercio e’ probabile una revisione al ribasso delle stime di crescita di Pil e consumi per il 2022. Spese che vanno dallo shopping alla colazione fuori casa. Nella Capitale Fipe ha calcolato il 30% in meno di tazzine di caffe’ ordinate al bar negli ultimi venti giorni. Non solo: le nuove misure anti-Covid, secondo Coldiretti, hanno stravolto le abitudini alimentari di circa 10 milioni di italiani. Risultato? Un calo verticale dei consumi in bar, ristoranti e pizzerie dove, per esempio, e’ precluso l’accesso a 5 milioni di italiani no vax, senza green pass rafforzato. Il crescente numero di persone in isolamento o in quarantena avrebbe determinato anche il boom delle consegne a domicilio. Con i rider che tornano a sfrecciare da un capo all’altro delle citta’.