Iniziamo l’anno con una intervista ad uno degli uomini simbolo, in Italia e nel mondo del complesso mondo del fumo lento. Andrea Vincenzi è il Presidente – C.E.O. di Diadema S.p.A, unica società distibutrice in Italia dei sigari Habanos e quindi della totalità delle marche di produzione cubana (Cohiba, Montecristo, Romeo y Julieta, Partagas e altri) nonché unico interlocutore ufficiale di Habanos s.a per il Belpaese.
Dopo aver conseguito la laurea in architettura ed aver avuto esperienze in studi urbanistici, si è lasciato rapire dalla passione per l’enogastronomia e il complesso mondo dell’enologia. Proprio nell’arricchire questo percorso di vita fra studi, viaggi ed esperienze varie, arriva a conoscere e coltivare rapporti con grandi personaggi degli anni ’90 quali Luigi Veronelli ed Alessandro Masnaghetti. Nasce in quegli anni la collaborazione con diverse riviste gastronomiche ed enologiche fino ad arrivare ad essere tra i redattori di alcune guide di settore tra cui quella de L’Espresso. La passione e la grande conoscenza del settore lo fa dunque diventare consulente per alcune aziende di distribuzione vini e distillati in Italia. Oggi è da considerarsi fra i più grandi collezionisti di vino Bordeaux. Per la sua storia ed esperienza sulle tavole dell’alta cucina ed elegante ristorazione è diventato amico di moltissimi chef stellati italiani e francesi. Il suo ruolo di Ceo di Diadema è nato se vogliamo per passione. Una passione comune ad altri giornalisti enogastronomi degli anni ’90 di cui Vincenzi era molto amico e frequentava. Una passione che portò alla nascita di “Torpedo“, la prima rivista totalmente indipendente dedicata ai sigari, al buon vino, alle letture e alla buona tavola. Gli amici di Vincenzi erano Alessandro Masnaghetti e Andrea Grignaffini ma anche Paolo Marchi, Paul de Sury, Luigi Cremona, Renato Fiorentini, Carlo Carlini. È quel che oggi potremmo definire un vero e proprio “parterre de roi” della enogastronomia nazionale. Su “Torpedo” si scriveva di tutto ciò che ruotava attorno ad una tavola. “In fondo di ciò che facevamo noi: hotel e ristoranti stellati, grandi vini e distillati e… grandi Habanos. Fu tra l’altro grazie proprio a questa rivista, da noi totalmente autofinanziata e autoprodotta, che poi entrai in contatto con Andrea Molinari e Luca Gargano e da lì iniziarono a nascere belle idee che poi portarono a Diadema” spiega Vincenzi. La cui filosofia di vita riassume in una frase: “Non riesco nemmeno oggi a separare una bella tavola, un grande pranzo, una bella bottiglia, un gruppo di amici… da un buon sigaro”.
Ecco Vincenzi, che cosa rappresenta – a suo parere – il sigaro cubano nell’immaginario collettivo?
Credo un bene di lusso, aggiungo anche di nicchia. Ma alla fine non è esattamente così perché il sigaro cubano è totalmente democratico e trasversale: non è un momento destinato solo a pochi ricchi e fortunati nel mondo, per fortuna.
Che cosa rappresenta per lei?
Per me rappresenta una parte fondamentale della mia vita. Professionale chiaramente ma anche personale, fumando almeno cinque habanos ogni giorno.ss Più concretamente penso che l’Habano oggi sia uno dei pochissimi prodotti ancora naturali, originali e tradizionali che possiamo trovare in commercio: fatto a mano con foglie che vengono da processi naturali e che passano decine e decine di passaggi manuali e che vengono creati al 100% da antiche abilità manifatturiere. Trovatemi voi un prodotto uguale oggi sul mercato di ogni genere di prodotto.
Esiste un dato di riferimento che può indicarci quanti, tra gli appassionati di fumo lento nel mondo, sono prevalentemente consumatori dei soli puros cubani?
Non sono in grado di rispondere a questo dato con numeri precisi, ma per dare una idea, Habanos ha circa il 75% della quota di mercato nei Paesi in cui è distribuito, parlando di sigari fatti a mano.
Esiste un dato che invece esprima la preferenza del mercato dei soli collezionisti?
No, non possono esistere dati così precisi. Posso solo dire che varia un poco da quanto a mia conoscenza e seconda dell’area area geografica; principalmente si tratta del calibro dei sigari. A livello di brand invece ovviamente Cohiba la fa da padrone, ma Partagas, Romeo y Julieta e Montecristo sono ugualmente brand richiesti dai grandi collezionisti. Poi esistono eccezioni, vedi La Escepciòn … una marca che abbiamo commercializzato solo noi in Italia.
Quanto il covid ha inciso sulla produzione dei sigari a Cuba?
Tantissimo. E mi dispiace che il pubblico non lo abbia capito. Ci sono stati momenti in cui più della metà delle manifatture erano chiuse per la pandemia e ancora oggi qualcuna sta lavorando a ranghi ridotti, turni, ecc. Credo sia facilmente comprensibile: la pandemia non ha risparmiato nessuno.
Quanto ha inciso, se ha inciso, il passaggio della proprietà del marchio Habanos ad una nuova proprietà di investitori asiatici?
Assolutamente niente: sarebbe assurdo pensare che i nuovi azionisti non abbiano avuto come priorità la produzione, i volumi, la qualità. Purtroppo anche loro hanno pagato un prezzo salato alla pandemia.
Il mercato italiano come si posiziona nel mondo?
L’Italia è ormai da anni tra i primi 10 Paesi al mondo a livello di commercializzazione dei sigari habanos.
Vi sarà una flessione nella distribuzione o un differente indirizzamento a seguito al cambio di proprietà di habanos?
Non ho informazioni in merito, ma non credo proprio. L’importante è che l’industria cubana riesca a recuperare l’efficienza e i volumi pre-pandemia.
Se si, quanto inciderà sul mercato italiano?
Qualsiasi problema produttivo si rifletterà eventualmente su tutti i mercati indistintamente (tutti gli appassionati lo sanno bene: negli ultimi dodici mesi non si trovavano tanti prodotti praticamente su tutti i mercati), ma io credo che il peggio sia passato e sono positivo.
In che modo le varie disposizioni antifumo, che hanno significativamente limitato l’uso e il consumo delle sigarette, hanno invece influenzato la fruizione dei sigari?
Non credo ci sia una relazione sinceramente.
Lei che è anche un profondo conoscitore del mondo dei vini, degli champagne e dell’alta cucina: ci può indicare un abbinamento cibo/vino/sigaro che ha trovato indimenticabile?
Non riesco a dare una ricetta o una indicazione perchè un sigaro, un vino, un piatto lo ricordi per una serie di ragioni: con chi hai condiviso quella determinata esperienza, dove lo hai fatta, che spirito avevi in quel momento ecc.“La miglior regola è non andar dietro alla regola” diceva il grande maestro Luigi Veronelli e questa frase la sposo in toto. Non esiste un abbinamento o un sigaro o un vino non replicabile a livello di esperienza degustativa.
Non le chiedo di svelare i progetti futuri di Diadema che rappresenta ma può dirci se nel breve termine sono in cantiere novità?
Abbiamo sempre progetti nuovi, ormai il pubblico di appassionati lo sa bene. E anche per il 2022 avremo alcune “chicche” che sono certo non mancheranno di stupire gli aficionados di tutto il mondo. Ovviamente ora non posso svelare nulla.
Chiudiamo con un aneddoto che le chiedo di ricordare e raccontare avvenuto nella magica isola di Cuba chiamata anche Isla Major.
Ne avrei forse mille ma al momento non ne ho in mente uno in particolare. Forse, visto il momento produttivo, ripenso a quando, durante i primi incontri nella vecchia sede di Habanos all’Avana, si parlava di cosa avremmo potuto ricevere in Italia nei mesi successivi. Ci dicevano A,B,C … e poi regolarmente ci arrivava G,F,Z …. Quando arrivava. E noi stessi a volte non capivamo esattamente perché alcuni sigari (i più vecchi appassionati lo ricorderanno) erano prodotti a mano, parzialmente a mano o addirittura a macchina. E sto parlando della stessa referenza! Quindi i presunti problemi di oggi mi fanno sorridere pensando alla fine degli anni ’90.
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