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Ambiente

Gran Sasso, il ghiacciaio del Calderone ridotto del 65%

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Il ‘ghiacciaio’ del Calderone, all’interno del massiccio del Gran Sasso, dal 2000 e’ suddiviso in due glacionevati, uno superiore e uno inferiore, ricoperti del solo detrito a fine estate: negli ultimi 25 anni la superficie glaciale – che nel 1994 risultava ancora superiore a 6 ettari – si e’ ridotta di oltre il 65%, arrivando a misurare ormai poco piu’ di due ettari, e il suo spessore e’ diminuito di 9 metri. E’ questo il risultato del monitoraggio effettuato nella terza tappa della Carovana dei ghiacciai di Legambiente in Abruzzo, i cui risultati sono stati illustrati oggi a Pescara da Massimo Pecci, referente del Comitato Glaciologico Italiano per il ghiacciaio, Enrico Stagnini, direttore di Legambiente Abruzzo, Giuseppe Di Marco, presidente di Legambiente Abruzzo e Vanda Bonardo, Responsabile Alpi Legambiente. .

“Il Calderone e’ un laboratorio naturale per comprendere al meglio i cambiamenti climatici e gli effetti ambientali delle attivita’ umane. La sua capacita’ – spiega Legambiente – di risposta veloce ai cambiamenti climatici ci fornisce dati utilissimi per capire come si evolvera’ il clima nei prossimi anni”. Il ‘ghiacciaio’ del Calderone dal 2000 e’ suddiviso in due glacionevati, uno superiore e uno inferiore, ricoperti del solo detrito a fine estate. Al di sotto del detrito, il massimo spessore di ghiaccio residuo e’ risultato dalle misure dei ricercatori pari a circa 25 metri, con una diminuzione complessiva di spessore di circa 9 metri negli ultimi 25 anni. La posizione del Calderone al centro dell’area mediterranea e la ridotta distanza dal mare rendono particolarmente intensi gli effetti dal punto di vista meteorologico che si manifestano con gli elevati apporti nevosi a cui si contrappongono le sempre piu’ frequenti ondate di calore africane con le sabbie in sospensione che favoriscono in maniera molto ingente i fenomeni di fusione. La sopravvivenza del glacialismo nella conca del Calderone e’ legata all’effetto protettivo svolto dalle alte pareti delle cime che la racchiudono e dalla copertura detritica costituita dal detrito calcareo che con la sua colorazione chiara favorisce la riflessione dei raggi solari. “Questo glacionevato, ancora oggi nonostante i riverberi della crisi climatica qui ancora piu’ rilevanti e immediati – dichiara Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente – ci offre servizi ecosistemici di grande importanza. Non solo per il fatto che le sue acque di fusione costituiscono un rifornimento costante e indispensabile per il rifugio Franchetti, ma soprattutto per il suo curioso comportamento, unico nel panorama europeo: la capacita’ di risposta veloce ai cambiamenti climatici ci fornisce dati utilissimi per capire come si evolvera’ il clima nei prossimi anni. Una presenza ricca di informazioni scientifiche e al contempo elemento culturale fondamentale per lo sviluppo di questo bellissimo territorio”.

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In 10 anni 146 disastri meteo, agricoltura in ginocchio

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In Italia negli ultimi dieci anni, in particolare dal 2015 al 20 settembre 2024, sono stati registrati 146 eventi meteo estremi che hanno causato danni all’agricoltura, pari al 7,4% del totale degli eventi avvenuti nello stesso periodo in Italia. Lo evidenzia il report Città Clima – speciale Agricoltura di Legambiente realizzato in collaborazione con il Gruppo Unipol – indicando che “preoccupa in particolare l’accelerata degli ultimi due anni 2023-2024, con 79 eventi meteo estremi con danni al settore, che è oltre la metà del totale registrato negli ultimi 10 anni. Sei le regioni più colpite: Piemonte con 20 eventi, seguito da Emilia-Romagna (19), Puglia (17), Sicilia e Veneto (ciascuna con 14), Sardegna (11) con danni alle produzioni di frutta, ortaggi, mais, barbabietole, frutteti e vigneti che sono stati sradicati.

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Ambiente

Trovato un ecosistema preistorico fossile in Valtellina

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Orme di anfibi e rettili, ma anche piante, semi, impronte di pelle e persino gocce di pioggia: è un vero e proprio ecosistema fossilizzato su lastre di arenaria, quello scoperto nel Parco delle Orobie Valtellinesi in provincia di Sondrio. Riportato alla luce dallo scioglimento di neve e ghiaccio causato dal cambiamento climatico, conserva tracce di vita risalenti a 280 milioni di anni fa. I primi reperti, recuperati pochi giorni fa a 3.000 metri di quota con una spettacolare operazione supportata da un elicottero, sono stati mostrati per la prima volta al Museo di Storia Naturale di Milano.

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Copernicus: 2024 l’anno più caldo, sforerà limite 1,5 gradi

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Il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato, e la temperatura media globale sarà più di 1,5 gradi sopra i livelli pre-industriali, probabilmente più di 1,55 gradi. Lo scrive in un comunicato il servizio meteo della Ue, Copernicus.

“L’anomalia media della temperatura globale per i primi 10 mesi del 2024, da gennaio ad ottobre – scrive Copernicus -, è stata di 0,71 gradi superiore rispetto alla media 1991-2020: è la più alta mai registrata per questo periodo, e di 0,16 gradi più alta dello stesso periodo del 2023”.

Secondo il servizio meteo della Ue, “è ora virtualmente certo che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato. L’anomalia della temperatura media per il resto del 2024 dovrebbe crollare quasi a zero perché il 2024 non risulti l’anno più caldo”. Inoltre, prosegue Copernicus, “dato che il 2023 è stato 1,48 gradi sopra il livello pre-industriale, è virtualmente certo che la temperatura globale annuale per il 2024 sarà di più di 1,5 gradi sopra il livello pre-industriale, ed è probabile che sarà superiore di più di 1,55 gradi”.

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