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Cultura

Forestàte, musica, teatro, poesia e un symposium nel piccolo borgo di Foresta vicino alle Ciampate del Diavolo

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Se le città e i grandi centri turistici, marini e montani, stanno facendo di tutto per risvegliarsi dal sonno forzato dei lockdown e delle restrizioni dovute alla pandemia, sono i piccoli borghi, quelli a volte con meno di 1000 abitanti che dimostrano  la vitalità e la voglia di ritornare alle arti, alla bellezza e allo stare insieme volendo godere di spettacoli e mostre, per stare insieme e valorizzare il proprio territorio.

 

Foresta, piccolo borgo  di impianto cinquecentesco sulle pendici del vulcano di Roccamonfina nel comune di Tora e Piccilli in provincia di Caserta, a meno di un’ora da Napoli e a un’ora e mezza da Roma, come altri piccoli ed incantevoli  borghi disseminati per la penisola, quest’anno in questa estate torrida come pare non si vedesse da 150 anni, si è dotata della sua rassegna d’arte, musica e teatro, con la Direzione artistica curata da Antonio Maiorino Marrazzo, da assaporare nella frescura del suo territorio ricco di storia risalente addirittura a 350 mila anni addietro.  Foresta è custode di piccole e grandi storie. In questo territorio di straordinaria bellezza paesaggistica  è stata scritta  una delle pagine più belle della storia d’Italia. Luogo di accoglienza e solidarietà che durante l’ultimo conflitto mondiale offrì protezione alla comunità ebraica di Napoli proteggendola dalla furia dei rastrellamenti ad opera dei tedeschi. In nessun altro luogo d’Europa è accaduto che gli ebrei raggruppati in un luogo ne uscissero in  un numero superiore.  Qui nacquero due bambini ebrei. Ma Foresta custodisce un altro gioiello, considerato tra i più importanti siti di paleontologia al mondo: “Le Ciampate del Diavolo”. La tradizione popolare del luogo ha dato questo nome (che in dialetto significa “impronte del Diavolo”) perché solamente un demone poteva camminare sulla lava rovente. Nessuno si pose  il problema della vera origine di quelle impronte, finché nel marzo 2003 un docente di stratigrafia dell’Università di Padova, si recò di persona sul posto per controllare: l’analisi rivelò che le impronte appartengono all’Homo heidelbergensis, ominide che viveva nella zona circa 350 mila anni fa. Oltre alle piste lasciate dei nostri antenati, sono state ritrovate anche tracce di animali, come quelle di orsi ed elefanti. È in questo contesto che Antonio Maiorino insieme a  Massimo Pastore, fondatori della Galleria PrimoPiano di Napoli che dal 2006 promuove i lavori di artisti che operano soprattutto nel campo della fotografia, hanno deciso di continuare la loro ricerca  individuale e d collettiva  in un nuovo progetto eco- sostenibile: “Corpo Celeste” è il nome che affiancherà quello di PrimoPiano, ispirato da un’ opera letteraria di Anna Maria Ortese.

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Un  progetto che si prefigge, nel rispetto assoluto del genius loci, di riqualificare e promuovere il borgo Foresta attraverso l’arte e la cultura, dando vita a “Foresta borgo culturale”, che da vita a partire da questo 2021 a Forestàte. Il nome, come ci spiegano gli organizzatori, potrà appare come un semplice gioco di parole ovvero l’unione del toponimo Foresta, borgo del comune di Tora e Piccilli, con la parola estate e invece è anche molto altro, ma  nelle nostre intenzioni v’è stata la necessità di precisare un dato programmatico e ideale che abbiamo intercettato nel verbo forestàre. In silvicoltura con tale parola si intende l’attività del rimboschire, riportare i terreni a ridiventare boscosi.

 

 

 

Forestàte è un imperativo da comunicare e condividere, un ideale Manifesto in itinere, un pellegrinaggio che si propone di attraversare i sentieri fisici e intellettivi, di mettere radici, consolidandone quelle esistenti, innestandone di nuove in un proficuo connubio. Un Manifesto che avrà i suoi articoli da enunciare ma che saranno redatti insieme alla comunità partendo da quell’art. 9 della Costituzione Italiana che recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico-artistico della nazione” codificando al livello più alto della fonte del diritto della Repubblica Italiana la protezione giuridica del patrimonio culturale del nostro paese. Questa è una premessa che bene chiarisce la necessità di proteggere tale patrimonio, materiale e immateriale, e l’esigenza che esso sia reso fruibile, accessibile, produttivo e capace di generare ulteriore crescita sostenibile. In tale processo è necessario l’intervento di mediatori che sappiano informare e valorizzare tale patrimonio. Ambiente, cultura e turismo sono i nostri fari e con questa rassegna di teatro, musica, poesia e un simposio sulla rigenerazione rurale e dei borghi intendiamo dare inizio ad un processo che faccia conoscere questo territorio e lo faccia uscire dalla marginalità.  Un programma ricco e intenso che ieri, anche se non interno al programma, ha visto una sorta di prologo  in occasione dei festeggiamenti dedicati a Sant’Andrea, Patrono del borgo.    E’ stata collocata e presentata al pubblico l’opera fotografica Sant’Andrea realizzata  Massimo Pastore su richiesta della comunità  locale per la chiesa  cinquecentesca del borgo intitolata al Santo rappresentato. L’opera è parte integrante del lavoro dell’artista incentrato sui Santi Migranti e che ha visto tante città italiane ed estere ospitare queste gigantografie fotografiche raffiguranti Santi arrivati in Italia per effetto delle antiche migrazioni mediterranee. L’opera creata come un site specific per il piccolo borgo

ha le dimensioni   di 110x160cm

raffigurante Sant’Andrea e ispirata all’iconografia classica  ritrae il Santo apostoloapostolo avvolto da una coperta isotermica. La genesi di questo progetto affonda le radici nella frequentazione di Pastore con l’Isola di Lampedusa, a tal proposito egli ha dichiarato:  “Dal 2015 frequento Lampedusa, nel tentativo di comprendere il fenomeno accoglienza legato alle migrazioni”, spiega Pastore. “Qui ho sentito i rumori che si confondevano nella notte, al punto da non distinguere più quello di un elicottero da quello di un peschereccio. Quante notti trascorse a guardare il soffitto per la paura che potesse arrivare la notizia del ritrovamento di corpi! Nella mia mente risuonavano le voci di chi mi raccontava l’orrore del naufragio del 3 ottobre 2013, dove morirono annegate 368 persone. Nel frattempo, incontravo chi era sbarcato sull’isola, giravo di nascosto attorno al centro di accoglienza fino quasi ad entrarci, a stupirmi e piangere per le condizioni precarie in cui uomini, donne e bambini erano costretti vivere. Quella non è accoglienza! Ho guardato quegli occhi, ho calpestato quel suolo, mi sono bagnato in quello stesso mare, mi sono sporcato le mani di quella terra”.

Scrive il critico Anita Pepe sul progetto di Pastore: “Vennero dall’Oriente, dall’Africa, dal Nord Europa… fuggirono, furono deportati, cercarono una nuova casa e una nuova vita. Non sapevano di essere santi: lo sono diventati. Ma poi, in fondo, a cosa serve un’aureola? Secondo Massimo Pastore, a ricordare che l’umanità si è sempre mossa. Sempre. Non solo oggi, tempi tumultuosi in cui il rimescolamento demografico ci coglie alla sprovvista, ci prende alla pancia. Ci fa paura. Così Santi Migranti, progetto fotografico di arte pubblica, riavvolge – di poco o di secoli – il nastro della storia per inviare un messaggio di compassione e di riflessione.”

Il programma di Forestàte parte dall’11 Agosto e continuerà fino al 2 Ottobre

11 agosto 2021 – ore 21:00: MUSICA, All’ombra della sera con FAUSTA VETERE voce e Umberto Maisto chitarra

20 agosto 2021 – ore 21:00: MUSICA, TU PARLAVI UNA LINGUA MERAVIGLIOSA, Suite musicale di-a-da-in-con-su-per-tra-fra LUCIO DALLA con FRANCESCA COLAPIETRO voce

MARIANO BELLOPEDE pianoforte

27 agosto 2021 – ore 21:00: TEATRO, Addo’ ‘o sole nun se vede, Monologhi d’autore Introduce Maurizio Menicacci, con Federico Gazerro – Roberto Iannalfo – Carmine Lautieri – Egidio Mirabella – Tina Pascale – Gennaro Zinno. Musicisti: 10 July Acoustic Duo [Fabrizio Celentano e Angela Sofia]  – Giovanni Sbriglia

3 settembre 2021 – ore 21:00: MUSICA, Concerto per la Foresta con VITO PRIANTE – baritono e M° Francesco Pareti – pianista

 10 settembre 2021 – ore 21:00: TEATRO, Il cane di fuoco con Massimo Andrei  e Eduarda Iscaro fisarmonica

 14 settembre 2021: Symposium, 16:00 Museo Civico di Tora e Piccilli. Il paesaggio delle differenze: rigenerazione rurale e dei borghi, un processo da avviare.

Sotto l’egida del Collegio dei Geometri e Geometri Laureati di Caserta.

Relatori: Aniello Della Valle – Presidente Collegio dei Geometri, Giuseppe Miselli – Direttore provinciale Coldiretti Caserta, Antonio Maiorino – Presidente Associazione PrimoPianoRoberto Monte – Designer, Iain Chambers – Antropologo, Mario Festa – Architetto – Presidente dell’Associazione Ru.De.Ri

16 settembre 2021 – Repliche ore 20:00 – 21:15 – 22:30: TEATRO, Biografie di artisti sconosciuti. Un progetto di Mario Gelardi scritto dagli allievi del  “Dramma Lab” e Nuovo Teatro Sanità

di L. Adimari, E. Buonocore, M. Brasilio, M. Cioppa, L. Leone, D. Pascarella, con Vincenzo Antonucci, Luigi Bignone, Ciro Burzo, Salvatore Nicolella, Carlo Vannini, Chiara Vitiello

regia di Mario Gelardi e Gennaro Maresca   costumi Rachele Nuzzo

FORESTÀTE poesia

A cura di Rita Iulianis

18 settembre ore 19:00 – Convento di Sant’Antonio – Tora e Piccilli , Sottovoce – Memorial Frate Saverio – Francesco De Cunto, Simone Principe, Carlo Sarnelli, Giovanni Sciola.

25 settembre ore 19:00 – Corpo Celeste – Borgo Foresta, Incontro con la Poesia di Giuseppe Bocchino.

2 ottobre ore 19:00 – Corpo Celeste – Borgo Foresta, Incontro con la Poesia di Valeria e Giuseppe Napolitano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BIGLIETTI

Intero per ogni spettacolo € 6

Abbonamento per sei spettacoli € 25

In virtù del numero limitato dei posti e in linea con le normative vigenti Covid-19 non sono previste riduzioni né gratuità

SPETTACOLI

In caso di pioggia gli spettacoli potranno essere rinviati. Il programma potrebbe subire variazioni.

INFO

WhatsApp: 351 8015422

Email: forestate21@gmail.com

 

 

 

 

 

 

Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse, Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES. Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli. Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli. Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International. Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.

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Ritrovato il 145/o manoscritto del Milione di Marco Polo

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Proprio nell’anno che celebra i 700 anni dalla morte di Marco Polo, è stato ritrovato un manoscritto del Devisement dou monde/Milione presente nei cataloghi, ma ignoto agli studi su Marco Polo (è assente da tutti i censimenti del Milione) che risulta essere l’ultimo dei codici oggi noti in ordine di tempo del testo del grande viaggiatore veneziano. Sono 145 raggruppati in diverse famiglie.

Il ritrovamento, che si inserisce nel più ampio lavoro sul Milione coordinato da Eugenio Burgio, Marina Buzzoni e Samuela Simion dell’Università Ca’ Foscari Venezia e Antonio Montefusco dell’Università di Nancy, riveste notevole interesse perché aggiunge nuove importanti informazioni riguardo alla trasmissione del testo e alle sue varie versioni. La storia della diffusione del Milione è in effetti una delle più intricate e appassionanti della letteratura medievale: il successo dell’opera determinò una fioritura di traduzioni, riscritture, adattamenti, riflesso dei numerosi ambienti in cui il testo fu letto.

Il manoscritto è un testimone quasi ignoto di una traduzione realizzata mentre Marco era ancora vivo, ed è da questa traduzione che derivano le versioni con cui il Milione venne conosciuto e letto. Il manoscritto è conservato nella Biblioteca Diocesana Ludovico Jacobilli di Foligno, con segnatura Jacobilli A.II.9, e trasmette la traduzione che gli studiosi chiamano VA, realizzata entro il primo quarto del Trecento nell’Italia nord-orientale.

L’importanza di questa traduzione risiede soprattutto nell’ampiezza della sua diffusione: il testo di VA venne infatti sottoposto a numerose traduzioni, sia in latino che in volgare, tanto che gran parte dei manoscritti superstiti è, direttamente o indirettamente, una sua emanazione. È quindi la versione in cui il libro di Marco Polo venne più letto e conosciuto in Europa.

Solo nei prossimi mesi si potrà aggiungere qualche informazione sulla posizione del manoscritto all’interno della tradizione manoscritta del Milione, in attesa di uno studio più ampio che sarà pubblicato su una delle riviste principali del settore. Tra le attività dell’anno dedicato a Marco Polo anche la pubblicazione della prima edizione digitale dell’opera di Marco Polo, resa disponibile agli studiosi di tutto il mondo e pubblicata da Edizioni Ca’ Foscari in open access e open source.

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John & Yoko, amore musica e politica nel docu da Oscar

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John Lennon fa fare l’aeroplanino al figlioletto Sean appena nato e poi lo porta a spasso mentre Yoko Ono gli dà la pappa nella cucina dell’appartamento nel Dakota Building con vista su Central Park: un quadretto familiare tenero che è una delle tante scoperte di ‘One to One: John & Yoko’, il documentario dello scozzese Kevin MacDonald con Sam Rice-Edwards che è una vera e propria immersione negli anni newyorkesi di Lennon ormai separato dai Beatles. Il film è in anteprima mondiale fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia e poi andrà al festival di Telluride.

Il regista ha potuto accedere all’archivio Lennon e alla Lennon’s Estate e ricostruire l’esperienza della coppia che tra musica, concerti benefici, manifestazioni partecipava alla vita culturale della città e soprattutto a quella politica. Erano gli anni della guerra in Vietnam, dei cortei dei giovani che chiedevano stop the war e peace now – scene e frasi drammaticamente attuali – del presidente Nixon da boicottare ma che invece veniva rieletto, del governatore razzista dell’Alabama George Wallace oggetto di un attentato che infiammò l’America.

Cosa non si è detto, visto, scritto dei FabFour, del loro addio – The Beatles: Get Back di Peter Jackson nel 2021 è solo l’ultimo degli approfondimenti – di Yoko Ono rovina Beatles eccetera eccetera? Eppure One to One: John & Yoko getta nuova luce. Innanzitutto il periodo non troppo indagato: siamo nel 1971-1972, la coppia innamoratissima era arrivata dall’Inghilterra, aveva preso casa al 496 di Broome Street a Soho e al 105 di Bank Street al Village, trascorreva giornate a letto, il famoso periodo peace and love, strimpellando, cantando, intervenendo nei programmi tv, ma cominciava di fatto una nuova vita. Fu allora che John e Yoko si impegnarono pesantemente in cause politiche e realizzarono Some Time in New York City, passato alla storia come il peggior album di Lennon e soprattutto il concerto di beneficenza per la famigerata Willowbrook State School per bambini con disabilità intellettive, che un’inchiesta tv aveva svelato come un istituto in pratica di detenzione pediatrica.

Lennon e Ono (la cui figlia Kyoko avuta dall’ex marito Anthony Cox, le era stata sottratta con grande dolore) si buttano con generosità nella realizzazione del concerto così come in altre cause, spesso insieme all’attivista sociale Jerry Rubin e al padre beatnik Allen Ginsburg, tentando di coinvolgere anche un recalcitrante Bob Dylan e quegli slanci sono forse una delle belle scoperte del documentario. One to One ebbe luogo al Madison Square Garden il 30 agosto 1972, l’unico concerto completo che Lennon tenne dopo aver lasciato i Beatles e prima che venne ucciso da un fan squilibrato sotto casa l’8 dicembre 1980. Il film è il racconto di anni irrequieti per l’America, per Lennon e Yoko (femminista della prima ora partecipa alla prima storica riunione, 1971), tra pubblico e privato.

E poi però c’è la musica Imagine, Looking over from my hotel window, Hound Dog, Come together, 39, Mother e tante altre. “L’idea del film – ha detto il regista – è stare con loro, come seduti nella loro casa, c’è intimità, c’è la storia del dolore di Yoko che cercava la figlia e c’è anche la loro vulnerabilità di famosi, ricchi, generosi e idealisti che volevano fare la rivoluzione ma poi disillusi pensarono alle piccole cose da cambiare, come far star meglio i bambini della Willowbrook School”. E poi, se pure è un tema divisivo dagli anni ’60, c’è Yoko Ono “questo film ha dato a Yoko la possibilità di essere vista, uguale a John”.

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Cultura

Il mare delle Egadi restituisce un rostro in bronzo

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Fu l’arma letale nella Battaglia delle Egadi, combattuta a nord-ovest dell’isola di Levanzo nel 241 avanti Cristo, che segnò la fine della prima guerra punica con la vittoria dei Romani sui Cartaginesi. Era il rostro a tre fendenti che si allungava a prua dell’imbarcazione. La trireme, lanciata a velocità sulle navi nemiche determinava, con il colpo del rostro, squarci micidiali nelle navi nemiche causandone il loro affondamento. L’ultimo importante reperto archeologico di questo tipo è stato appena restituito dal mare delle Egadi.

La campagna di ricerche di agosto ha, infatti, consentito di recuperare un rostro in bronzo che si trovava su un fondale a circa 80 metri di profondità. Il reperto è stato recuperato dai subacquei della “Society for documentation of submerged sites” (Sdss) con l’ausilio della nave oceanografica da ricerca “Hercules” che negli anni ha permesso, grazie alle sofisticate strumentazioni presenti a bordo, l’individuazione e il recupero di numerosi reperti riguardanti l’importante evento storico del III secolo a.C. Il rostro è stato trasferito nel laboratorio di primo intervento nell’ex Stabilimento Florio di Favignana ed è già al vaglio degli archeologi della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.

Le sue caratteristiche sono simili a quelle degli altri già recuperati nelle precedenti campagne di ricerca: nella parte anteriore una decorazione a rilievo che raffigura un elmo del tipo Montefortino con tre piume nella parte superiore, mentre le numerose concrezioni marine non consentono ancora di verificare la presenza di iscrizioni. Le attività di ricerca nel tratto di mare tra Levanzo e Favignana sono condotte da circa 20 anni da un team formato dalla Soprintendenza del Mare, dalla statunitense Rpm Nautical Foundation e dalla Sdss.

“I fondali delle Egadi sono sempre una fonte preziosa di informazioni per aggiungere ulteriori conoscenze sulla battaglia navale tra la flotta romana e quella cartaginese. L’intuizione di Sebastiano Tusa continua ancora oggi a ricevere conferme sempre più puntuali, avvalorando gli studi dell’archeologo che avevano consentito l’individuazione del teatro della battaglia” ha commentato l’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato. “Con quest’ultimo rostro – sottolinea l’assessore -, salgono a 27 quelli ritrovati a partire dai primi anni Duemila. Negli ultimi 20 anni sono stati individuati anche 30 elmi del tipo Montefortino, appartenuti ai soldati romani, due spade, alcune monete e un considerevole numero di anfore”. La battaglia delle Egadi, descritta da Polibio e da molti altri storici antichi, concluse la lunga prima guerra punica grazie ad una svolta impressa dall’audace ammiraglio Lutazio Catulo che sbloccò una situazione di stallo anche grazie a un’arma micidiale come quella rappresentata dal rostro.

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