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Economia

Todde: consorzio imprese per il dopo-Whirlpool a Napoli

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“Il piano per il rilancio del sito mira a una soluzione duratura, di lungo periodo, con un’indicazione importante: il Pnrr puo’ offrire opportunita’ ad aziende primarie, a operatori nazionali e internazionali, cioe’, che vogliono installarsi in quell’area. Non solo per gli incentivi disponibili, ma proprio per il fatto che si punta a un contesto ambizioso e ad elevata competitivita’. Ecco perche’ abbiamo chiesto a Invitalia di cercare aziende primarie e consolidate, non start up insomma, interessate a questa prospettiva”. A sottolinearlo, in un’intervista a ‘Il Mattino’, Alessandra Todde, viceministra allo Sviluppo economico, parlando del sito Whirlpool di Napoli. “Noi avevamo due obiettivi: uno piu’ immediato, tutelare il futuro occupazionale di circa 300 persone; l’altro, intercettare un tema condiviso e supportato anche dalle indicazioni del Pnrr come la mobilita’ sostenibile” aggiunge Todde che parla anche della possibilita’ di realizzare un “Centro di ricerca e sviluppo al consolidamento del sito stesso nel tempo”. “La nostra idea e’ coinvolgere piu’ attori e trovare un sistema organizzativo adeguato, come un consorzio, in linea di massima basato sul capitale privato – spiega Todde – di sicuro ai gruppi interessati metteremo a disposizione tutti gli strumenti del Mise, a partire dai contratti di sviluppo”. La viceministra non esclude che, nonostante “la qualita’ della preparazione delle maestranze Whirlpool di Napoli”, si possa prevedere “un percorso di formazione da realizzare insieme alla Regione Campania e al ministero del Lavoro” sapendo bene “che per riassorbire in un nuovo contesto produttivo un cosi’ elevato numero di persone servira’ un tempo congruo e un piano industriale”. Sono allo studio norme, assicura la viceministra, che “prevedono sanzioni” per le aziende che “hanno usato gli incentivi” e poi “delocalizzano”.

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Economia

Riforma della Pubblica Amministrazione, si diventerà dirigenti anche senza concorso?

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Il Piano strutturale di bilancio, che verrà presentato ufficialmente la prossima settimana, rappresenta un passaggio cruciale per il futuro della Pubblica Amministrazione (Pa) italiana. Tra le riforme principali, il governo intende ottenere dall’Unione Europea l’estensione del percorso di aggiustamento dei conti pubblici da quattro a sette anni, riducendo così la correzione annua del deficit. In cambio, l’Italia proporrà una serie di riforme strutturali, tra cui spiccano le modifiche nella Pa, che avranno un ruolo centrale.

Carriere e digitalizzazione: i pilastri della riforma

La riforma della Pa si articolerà principalmente su due fronti: il ripensamento delle carriere e il rafforzamento delle competenze digitali. Il ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, è impegnato a ridisegnare un sistema di progressione professionale che, accanto al tradizionale concorso pubblico, possa basarsi anche su valutazioni personali e professionali. L’obiettivo è rendere più flessibile l’avanzamento di carriera, superando un sistema che oggi appare ingessato e troppo legato all’anzianità di servizio.

Una delle proposte chiave è quella di introdurre percorsi di carriera dedicati alle figure con competenze tecnologiche e digitali, sempre più indispensabili negli uffici pubblici. Oltre a questo, si punta a incentivare la formazione interna per migliorare l’efficienza della Pa e attrarre quei profili professionali altamente qualificati che spesso preferiscono il settore privato a causa delle limitate opportunità di crescita nel pubblico.

La sfida dei concorsi e delle rinunce

Il problema della scarsità di talenti nella Pa è emerso con forza negli ultimi anni. Nonostante il boom di candidati ai concorsi pubblici — due milioni nei primi otto mesi del 2023 — molte posizioni, soprattutto quelle che richiedono elevate competenze tecniche, restano vacanti a causa delle rinunce. I profili più qualificati, infatti, preferiscono spesso le opportunità offerte dal settore privato, che garantisce percorsi di carriera e retribuzioni più dinamiche.

Zangrillo ha sottolineato come il sistema attuale, incentrato esclusivamente sui concorsi, rischi di incentivare i candidati a concentrarsi più sullo studio che sul raggiungimento degli obiettivi professionali. L’intenzione è quindi di affiancare al concorso nuovi strumenti di avanzamento professionale, senza però violare l’articolo 97 della Costituzione, che impone il concorso per l’accesso agli impieghi pubblici. Alcuni esempi di carriera senza concorso esistono già nella Pa, come nel caso di prefetti e diplomatici, e potrebbero essere estesi ad altre figure professionali.

Valutazione dei dirigenti: un nuovo modello

Un altro aspetto centrale della riforma riguarda la valutazione dei dirigenti pubblici. Zangrillo ha proposto un modello che superi la tradizionale impostazione verticale, coinvolgendo nella valutazione non solo i superiori ma anche i pari grado, i dipendenti e persino gli utenti. Questo sistema di valutazione diffusa permetterebbe di premiare non solo la conoscenza delle normative, ma anche competenze immateriali come la capacità di valorizzare il personale, incentivare la produttività e migliorare il benessere organizzativo.

Una sfida cruciale per il futuro della Pa

La riforma della Pa è considerata essenziale non solo per migliorare l’efficienza degli uffici pubblici, ma anche per rendere il lavoro nel settore pubblico più attrattivo per i giovani talenti e per chi possiede competenze digitali avanzate. Il percorso di trasformazione, però, non sarà semplice e richiederà tempo. Tuttavia, l’obiettivo è chiaro: creare una Pubblica Amministrazione più moderna, dinamica e in grado di competere con il settore privato per attirare le migliori risorse professionali.

Con queste riforme, l’Italia spera di rafforzare la propria posizione in Europa e ottenere l’allungamento del percorso di aggiustamento dei conti, contribuendo al rilancio del Paese con un’amministrazione pubblica più efficiente e capace di rispondere alle sfide del futuro.

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Ex Ilva, sono 15 i candidati interessati all’acquisto

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Una rosa di 15 candidati per l’ex Ilva di Taranto. La fase preliminare della gara internazionale per lo stabilimento siderurgico si è chiusa con “manifestazioni di interesse da parte di 15 attori internazionali e nazionali, alcuni dei quali hanno presentato una manifestazione per l’intero asset produttivo e altri per alcune parti non complete degli asset”, ha annunciato il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, sottolineando che “è stato evitato il collasso”.

Nella lista, tra gli altri, ci sarebbero gli ucraini di Metinvest, gli indiani di Vulcan Green Steel, i canadesi di Stelco, i giapponesi di Nippon Steel e l’altro gruppo italiano Arvedi. Il gruppo Marcegaglia sarebbe interessato solo ad “alcuni asset”, con un focus sugli stabilimenti del Nord, rinunciando a Taranto. Ma il numero dei candidati potrebbe comunque aumentare prima delle offerte vincolanti previste per fine novembre, perché è possibile presentare un’offerta anche saltando la fase della manifestazione d’interesse.

“Inizia una fase in cui queste aziende potranno accedere a ulteriori informazioni sulla base delle quali costruire i loro piani industriali, finanziari, ambientali e occupazionali. E nel contempo, ove ci fossero altri interessati potrebbero comunque farlo in cordata con questi. E comunque è sempre possibile che altri accedano ad una manifestazione di interesse”, ha spiegato Urso. “Penso che nei prossimi mesi definiranno piani industriali tra loro concorrenziali e noi sceglieremo quello che sarà migliore per garantire il rilancio della siderurgia nazionale e il percorso green del sito dell’ex Ilva che noi pensiamo possa diventare il più grande sito siderurgico green d’Europa”, ha aggiunto il ministro.

Le manifestazioni di interesse che saranno esaminate saranno fatte per acquisire i beni e le attività aziendali di Ilva in Amministrazione Straordinaria e Acciaierie d’Italia in A.S, nonché delle altre società appartenenti ai rispettivi gruppi. Tra queste ci sono Ilva Servizi Marittimi, Ilvaform, Taranto Energia, Socova, Adi Energia, Adi Servizi Marittimi, Adi Tubiforma e Adi Socova.

La priorità, su indicazione dei commissari, sarà data alle manifestazioni di interesse complessive. Sugli sviluppi all’ex Ilva fanno sentire la loro voce anche i sindacati, avvertendo su un eventuale spezzatino dell’azienda. “Apprendiamo dal ministro Urso che sono 15 le manifestazioni di interesse per l’acquisto dell’ex Ilva, la maggior parte solo per alcuni stabilimenti del Gruppo. Rimaniamo convinti che ogni stabilimento abbia bisogno e sia legato agli altri e una vendita a pezzi significherebbe rendere vulnerabili tutti i siti, decretandone la chiusura, a partire da Taranto. Sarebbe una prospettiva insostenibile. Inoltre ribadiamo la necessità di una presenza di garanzia dello Stato nella nuova società”, ha detto il segretario generale Uilm, Rocco Palombella, aggiungendo che i sindacati chiedono di “conoscere nel dettaglio i progetti occupazionali, ambientali e industriali” che verranno presentati.

“Le nostre priorità indissolubili restano ambiente, tutela occupazionale non a tempo, come previsto nel bando, per tutti i lavoratori diretti, dell’appalto e in Ilva AS e produzione ecosostenibile”, ha precisato il leader sindacale. Intanto le aziende dell’indotto ex Ilva, creditrici nei confronti del gruppo, che hanno i requisiti previsti dalla legge, “stanno cominciando a ricevere i primi bonifici nella misura del 70 o 80 % del dovuto”, ha reso noto Dario Iaia, deputato FdI e presidente provinciale del partito a Taranto.

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La manovra entra nel vivo, Bonus di Natale su richiesta

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Cento euro netti in più nelle tredicesime dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 28mila euro e almeno un figlio. Il beneficio però non sarà automatico, ma bisognerà farne richiesta. E’ così che prende forma il Bonus Natale pensato dal governo per dare un sollievo ai redditi più bassi, in attesa delle misure della manovra. I cui contorni inizieranno ad essere più chiari in settimana, con il rush finale sul Piano strutturale di bilancio da inviare a Bruxelles. Al Mef gli occhi sono puntati sull’appuntamento di lunedì, quando l’Istat diffonderà la revisione generale delle stime annuali che dovrebbe riservare qualche notizia positiva per il Pil. Un dato cruciale, che servirà a completare Psb, il cui schema è stato già presentato in cdm la scorsa settimana. E che ora, una volta recepiti i nuovi dati, dovrebbe richiedere un nuovo passaggio in cdm prima dell’invio al Parlamento per l’esame.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha già anticipato che dall’Istat arriverà una correzione “al rialzo”, seppur “modesta: rispetto agli obiettivi da presentare all’Ue, dunque, qualcosa cambierà, anche se “non sarà la soluzione dei problemi”, frena Giorgetti. Che torna a ripetere: “Tesoretti non ce ne sono”. Una cautela che il ministro tornerà sicuramente a ribadire mercoledì incontrando con le parti sociali sul Psb. A Palazzo Chigi lo schema del Piano verrà presentato dal titolare del Tesoro, insieme al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, prima ai sindacati e successivamente alle imprese. Che sicuramente approfitteranno dell’occasione per ribadire al governo le priorità in vista della manovra, dalle pensioni agli investimenti. Al momento le certezze della prossima legge di bilancio sono la conferma del taglio del cuneo e la nuova Irpef a tre aliquote. Nel menù ci sono anche anche l’estensione del bonus mamme alle lavoratrici autonome e l’assegno unico, con qualche ritocco. Tutto il resto dipende dalle risorse.

ù”Soldi non ne abbiamo”, scherza il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini: “Stiamo ragionando con Giorgetti, già replicare cuneo e Irpef è “ambizioso”. La Lega in particolare lavora per alzare ulteriormente il tetto della flat tax, ripete Salvini, che ci tiene anche al dossier casa. Forza Italia insiste sulle pensioni minime. Mentre FdI ha tirato nuovamente in ballo le banche, intercettando l’apertura degli azzurri su un ipotetico contributo di solidarietà, da allargare magari anche ad assicurazioni e imprese energetiche. Prende forma intanto il Bonus Natale, destinato ai redditi bassi. La misura è nero su bianco in un emendamento del governo al decreto omnibus, su cui da lunedì le commissioni Bilancio e Finanze del Senato inizieranno a votare. L’indennità da 100 euro nette, per un onere complessivo di 100,3 milioni, è destinata ai dipendenti con reddito fino a 28mila euro e con coniuge e almeno un figlio fiscalmente a carico, oppure con almeno un figlio in un nucleo monogenitoriale: arriverà nelle tredicesime, ma il lavoratore dovrà farne richiesta. Sul fronte delle risorse, infine, entra nel vivo la partita del concordato preventivo biennale per gli autonomi, da cui il governo conta di racimolare le risorse necessarie ad estendere la riduzione dell’Irpef anche ai ceti medi, fino a 50-60mila euro. Con l’obiettivo di sensibilizzare i contribuenti su vantaggi e rischi, forfetari e soggetti Isa (sottoposti agli indici sintetici di affidabilità) hanno a disposizione da ieri sui loro cassetti fiscali una nota sintetica dell’Agenzia delle entrate in cui sono spiegati gli effetti dell’adesione. Si ricordano i benefici, come la possibilità di optare per un’imposta sostitutiva e le imposte congelate per due anni. Ma anche il rischio di incorrere nei controlli, per chi non aderisce.

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