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Fake news su elezioni, Bolsonaro finisce sotto inchiesta

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Tensione alle stelle tra potere esecutivo e potere giudiziario in Brasile: la Corte suprema ha deciso di indagare Jair Bolsonaro per “abuso di potere politico ed economico”, in seguito ai ripetuti attacchi al sistema elettorale, e il presidente della Repubblica, secondo cui l’inchiesta a suo carico “non ha fondamento giuridico”, ora minaccia di agire “al di fuori della Costituzione”. La risposta della magistratura alle provocazioni del leader di estrema destra e’ scattata all’inizio della settimana, quando il Tribunale superiore elettorale (Tse) ha approvato all’unanimita’ l’apertura di un’inchiesta amministrativa contro Bolsonaro per i continui attacchi alla legittimita’ delle elezioni. Ieri invece e’ stato il turno del giudice della Corte suprema (Stf), Alexandre de Moraes, il quale ha incluso il nome del capo dello Stato nel “processo sulle fake news” di cui e’ relatore e che indaga su uno schema di diffusione di notizie false, da parte dei sostenitori del presidente, per screditare gli avversari del governo. La reazione di Bolsonaro non si e’ fatta attendere: il giudice “Alexandre de Moraes ha aperto un’inchiesta basata sulla menzogna accusandomi di essere un bugiardo: e’ un’accusa molto grave, tanto piu’ che l’inchiesta non ha fondamento giuridico”, ha tuonato il presidente, che ha rincarato la dose, in tono minaccioso: “Questo tipo di indagine e’ prevista dalla Costituzione? No. Quindi anche l’antidoto non si trova tra le quattro righe della Costituzione”. Bolsonaro ha affermato varie volte che il prossimo anno non si potranno svolgere le elezioni presidenziali se l’attuale sistema di voto con urna elettronica non sara’ modificato in favore del voto stampato, a suo dire piu’ sicuro ed efficace, per evitare brogli. La tesi e’ stata abbracciata da decine di migliaia di suoi simpatizzanti, che anche domenica scorsa si sono riversati nelle piazze di numerose citta’ per ribadire il loro sostegno all’ex capitano dell’esercito. Le opposizioni pero’ accusano Bolsonaro di voler “incendiare il Paese” e di non aver finora prodotto alcuna prova sulle presunte frodi elettorali. Il Tse a sua volta ha garantito che il meccanismo del voto elettronico, in vigore dal 1996, e’ “sicuro”. Ma il presidente si dice convinto di una cospirazione nei suoi confronti, guidata proprio dal presidente del Tse, giudice Luis Barros, per “favorire” il suo avversario, l’ex presidente di sinistra, Luiz Inacio Lula da Silva (2003-2010), in vista delle elezioni del 2022. E per cercare di convincere l’opinione pubblica ha da ultimo presentato un’inchiesta della polizia federale, secondo cui il Tse ammette di aver subito l’invasione di un pirata informatico nell’aprile del 2018. Nell’occasione, l’hacker avrebbe avuto accesso al codice sorgente dell’urna per il voto elettronico. Per Bolsonaro questa sarebbe la prova che anche le elezioni di ottobre 2018, da lui vinte solo al ballottaggio, potrebbero essere state truccate.

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Abusi su bambini in case d’accoglienza, 355 arresti in Malesia

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La polizia malese ha annunciato l’arresto di 355 persone nell’ambito di un’inchiesta su centinaia di casi di bambini vittime di aggressioni fisiche e sessuali in case d’accoglienza in Malesia. L’ispettore generale della polizia, Razarudin Husain, ha spiegato che i sospetti sono stati fermati nel corso di un’operazione contro membri il gruppo Global Ikhwan Services and Business (Gisb) che gestisce le case e accusato di avere legami con la setta islamica Al-Arqam bandita dalle autorità nel 1994.

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Esercito Israele in sede Al Jazeera Ramallah, stop 45 giorni

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Militari dell’esercito israeliano hanno fatto irruzione nella sede di Ramallah di Al Jazeera per notificare la chiusura per 45 giorni. L’ingresso dei militari negli uffici della Cisgiordania è stato testimoniato in diretta dalla stessa emittente qatariota.

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Quad, preoccupati per situazione in Mar cinese meridionale

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I leader del Quad – Usa, Australia, Giappone e India – si dicono “seriamente preoccupati” per la situazione nel Mar cinese meridionale. Lo si legge nella dichiarazione conclusiva del summit ospitato da Joe Biden a Wilmington, in Delaware.

Joe Biden, il premier australiano Anthony Albanese, quello indiano Narendra Modi e il primo ministro giapponese Fumio Kishida si impegnano a sostenere “in maniera inequivocabile” il mantenimento “della pace e della stabilità nella regione dell’Indopacifico quale elemento indispensabile della sicurezza e della prosperità globali”, si legge ancora nella dichiarazione finale. I leader del Quad si oppongono “fermamente a qualsiasi azione destabilizzante o unilaterale che cerchi di cambiare lo status quo con la forza o la coercizione. Condannano i recenti lanci missilistici nella regione che violano le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ed esprimono seria preoccupazione per le recenti azioni pericolose e aggressive nel settore marittimo”.

“Cerchiamo una regione – affermano il presidente americano e i tre premier – in cui nessun Paese domina e nessun Paese è dominato, una regione in cui tutti i paesi siano liberi dalla coercizione e possano esercitare la propria influenza per determinare il proprio futuro. Siamo uniti nel nostro impegno a sostenere un sistema internazionale stabile e aperto, con un forte sostegno ai diritti umani, al principio di libertà, allo stato di diritto, ai valori democratici, alla sovranità e all’integrità territoriale, alla risoluzione pacifica delle controversie e al divieto della minaccia o l’uso della forza in conformità con il diritto internazionale, inclusa la Carta delle Nazioni Unite”.

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