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Caos totale nel M5s, Conte vuole rompere il Governo sulla Giustizia ma Grillo e Di Maio glielo impediscono

Conte si fa baluardo della battaglia identitaria sulla prescrizione e attacca il governo: “Torna un’anomalia italiana”, è lapidario. Ma per l’intesa si è speso Grillo: ha parlato con Draghi, ha sentito ministri per convincerli a votare a favore in Cdm. E così dentro il M5S è caos nei gruppi parlamentari.

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E’ una polveriera il Movimento 5 stelle, il giorno dopo il via libera in Consiglio dei ministri alla riforma della giustizia. Tornano a spirare venti di scissione, perche’ riemerge con forza la contrapposizione tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte. Insorgono i parlamentari, che annunciano barricate in Aula. Alessandro Di Battista e Alfonso Bonafede guidano un fronte di attacco contro i ministri M5s. Conte si fa baluardo della battaglia identitaria sulla prescrizione e attacca il governo: “Torna un’anomalia italiana”, e’ lapidario. Ma per l’intesa si e’ speso Grillo: ha parlato con Draghi, ha sentito ministri per convincerli a votare a favore in Cdm. E in un Movimento gia’ allo sbando per la mancanza di una leadership, si attira le ire di chi questa volta non voleva cedere e adesso dice apertamente che e’ il momento di uscire dalla maggioranza. In questo clima, si fa piu’ difficile il via libera in Parlamento alla riforma approvata dal governo: non solo M5s annuncia di voler cambiare il testo, anche FI e Iv preparano proposte speculari e contrarie, con un impianto piu’ garantista. E i tempi rischiano di allungarsi non poco. Il giorno dopo il Cdm che da’ il via libera alla riforma, emerge un dettaglio importante: il premier Mario Draghi giovedi’ ha sentito Grillo, con cui tiene rapporti fin dalla formazione del governo. Non poteva permettere, il premier, che una riforma cruciale per il Recovery plan passasse con l’astensione del partito piu’ numeroso in Parlamento. E Grillo lo rassicura: si spendera’ con i ministri perche’ la proposta di mediazione avanzata da Cartabia, con una prescrizione piu’ lunga per i reati come la corruzione, dopo essere stata respinta piu’ volte al mittente nelle ore che precedono il Cdm, venga alla fine accolta. Ma e’ questo il passaggio che spiazza e irrita le truppe parlamentari del M5s, a partire dai “contiani”. La proposta sulla corruzione era stata respinta e si era optato per la linea dell’astensione: perche’ cambiare idea in Cdm?, chiede piu’ d’uno nelle chat interne. Poco piace l’intervento di Grillo, anche se fonti M5s si affrettano a precisare che “nessuno ha dettato la linea ai ministri”. Lo stesso Conte e’ stato costantemente informato, sottolineano fonti ministeriali irritate per gli attacchi ai membri del governo. Ma nel Movimento e’ gia’ “tutti contro tutti”. L’ex premier decide di rompere il silenzio degli ultimi giorni e, a un convegno dei giovani imprenditori di Confindustria, va giu’ dritto. Assicura di non essere “contro Draghi”, di non voler far cadere il governo, di non volerlo destabilizzare. Dice di “apprezzare” il lavoro della ministra Cartabia. Ma poi attacca: “Mi dispiace, ma io non canterei vittoria, sulla prescrizione siamo ritornati a una anomalia italiana che era nel passato e lo sara’ nel futuro”, afferma. Nel merito spiega che altre mediazioni erano state offerte (ad esempio sconti di pena per eccessiva durata dei processi) e invece si e’ scelta la tagliola dell’improcedibilita’ dopo due anni in appello e uno in Cassazione, che non rispetta i principi dello stato di diritto. Bisogna “trovare soluzioni per mettersi in linea con l’Europa”, sibila, preannunciando “legittimi” tentativi di modifica in Parlamento. E’ un “dovere verso gli elettori M5s”. Il Movimento “si e’ calato le braghe” e i ministri sono stati “incapaci e impavidi”, dichiara dal Sud America Di Battista. “Timorosi e ossequiosi”, li definisce Alfonso Bonafede. “Che schifezza”, dice l’ex sottosegretario Vittorio Ferraresi, annunciando “lotta” in Parlamento. Sul blog si difende la linea: gli altri partiti volevano smantellare la prescrizione e invece i ministri hanno tenuto il punto: ora “difenderemo la linea in Parlamento”, anche con emendamenti. Ma tra i deputati semplici c’e’ chi, come Giulia Sarti, invoca l’uscita dal governo. Per sedare la rivolta, i ministri Di Maio, Patuanelli, D’Inca’ e Dadone domenica riuniranno deputati e senatori. Ma trapela l’irritazione per essere diventati bersaglio con tale durezza. Hanno assunto una decisione, afferma un “governista”, mentre intorno regnava l’incertezza. Per mettere ordine nel caos ci vorrebbe quell’intesa sulla leadership (i 7 mediatori tornano a riunirsi in giornata) che ora si fa un po’ piu’ difficile. Conte – osserva uno dei sette – con la sua uscita chiede di far presto, ma non facilita il lavoro perche’ il patto con Grillo era che nessuno dei due parlasse in pubblico fino alla fine della trattativa. E invece l’ex premier torna a ribadire le sue condizioni: nessuna diarchia, “restino alcuni principi o non ci sto”, dichiara. Se la distinzione di poteri tra presidente e garante non sara’ chiara, si aprira’ insomma la via alla scissione. Sul fronte giustizia intanto la commissione guidata dal barricadero Cinque stelle Perantoni dovrebbe riunirsi mercoledi’, ma non e’ detto che il termine per i subemendamenti all’emendamento di 18 articoli con le proposte del governo venga fissato in tempi brevi. Vorrebbe dire non approvare il testo in tempo per portarlo in Aula il 23 luglio: tutto sarebbe rinviato a settembre (con il rischio poi di incappare nella sessione di bilancio a ottobre). Matteo Renzi sminuisce i problemi: “Macche’ Vietnam parlamentare, M5s e’ morto e senza piu’ la riforma Bonafede mi sento meglio”. Ma Iv, come Fi, gia’ annuncia proposte di modifica: “Si puo’ correggere qualcosa, accogliere le richieste dei sindaci” su temi come l’abuso di ufficio, dice Antonio Tajani. E i Cinque stelle si irritano ancora di piu’.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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