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Pace fatta e tutti in pizzeria dopo le offese razziste al baby calciatore del Bibbiena che aveva reagito e beccato 5 giornate di squalifica

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È finita a tarallucci e vino, anzi a pizza e strette di mano, la brutta vicenda  che aveva visto protagonisti i ragazzini delle squadre allievi dell’Arezzo Football Academy e del Bibbiena. Con un 15 enne senegalese che dopo aver subito offese razziste per buona parte della gara aveva reagito aggredendo un avversario e beccando il cartellino rosso e 5 giornate di squalifica.

Il ragazzo era entrato in campo nei minuti finali  ed aveva messo in difficoltà con i suoi dribbling i difensori dell’Arezzo Football Academy , qualche contrasto deciso, molte parole fuori posto e dopo il fischio finale il baby del Bibbiena aveva reagito male finendo sul taccuino dell’arbitro. Ma l’allenatore aretino dispiaciuto per il comportamento dei suoi ragazzi li aveva mandati negli spogliatoi a chiedere scusa. “Comportamento ineccepibile del tecnico e della società, ha commentato l’allenatore del Bibbiena Alberto Larghi – noi più che allenatori dobbiamo aiutare questi ragazzi a diventare uomini”.

Una punizione severa ma con la squalifica al baby calciatore sono arrivate anche le scuse degli avversari. E per chiudere definitivamente la faccenda è stata decisa un’amichevole fra le due squadre, giovedì prossimo alle 15,30: in palio non ci sono punti né coppe ma una cena a base di pizza tutti insieme.

 

 

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Economia

La spesa per le pensioni cresce, +19% in 4 anni

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La spesa per le pensioni è cresciuta tra il 2019 e il 2023 del 19,4%, soprattutto grazie al recupero dell’inflazione e a un tasso quasi tre volte maggiore di quello dell’aumento dei salari. A dare un quadro sull’andamento dei redditi da lavoro e da pensione negli ultimi quattro anni è stato il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, nel corso di un’audizione davanti alla Commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali. Fava ha spiegato come le retribuzioni monetarie, cresciute solo del 6,8%, abbiano, a fronte di un’inflazione nel periodo del 15-17%, perso quasi il 10% del loro potere d’acquisto.

Ma di fatto questo ha pesato anche sui conti dell’Inps, con i contributi che insieme ai salari non hanno recuperato appieno la crescita dei prezzi. In pratica l’istituto ha fatto fronte a questa crescita della spesa, non compensata dall’aumento delle entrate contributive, con la crescita dei trasferimenti dello Stato. Nel solo 2023 l’aumento della spesa per pensioni è stato del 7,4% rispetto all’anno precedente, spesa che si è attestata al 15,3% del Pil, uno dei livelli più elevati d’Europa. Dovrebbe superare il 17% nel 2036 con l’uscita della gran parte dei baby boomers.

Per Fava, dunque, non è più possibile aumentare i requisiti di accesso alla pensione al di là della speranza di vita, ma bisogna piuttosto agire sulla base occupazionale, coinvolgendo soprattutto donne e giovani, e sulla produttività aprendo la strada a retribuzioni più alte. “Il controllo della spesa – ha detto – è difficilmente realizzabile in ragione della sua dipendenza da fattori demografici influenzati da dinamiche di lungo periodo. Inoltre, non è percorribile la scelta di incrementare ulteriormente i requisiti di accesso alla pensione che sono tra i più alti d’Europa, salvo l’adeguamento alla speranza di vita”. Le tendenze demografiche in atto “rappresentano un fattore di rischio per la sostenibilità della maggioranza dei sistemi previdenziali pubblici” basati su un sistema finanziario a ripartizione nel quale si pagano le pensioni con i contributi delle persone che lavorano.

Al momento il tasso di sostituzione della pensione (la percentuale rispetto all’ultima retribuzione), è uno dei più elevati d’Europa, al 59% medio, anche grazie all’elevato peso dell’aliquota di contribuzione. Ma presto, con l’entrata a regime per tutti del calcolo contributivo per l’intero assegno, sarà ancora più importante l’apporto della previdenza integrativa, ancora troppo poco utilizzata. “Le potenzialità di questo secondo pilastro – ha detto Fava – necessitano di interventi di promozione che il Piano strutturale di bilancio introduce tra le iniziative mirate alla sostenibilità del sistema pensionistico”.

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Dal 2018 raddoppiati i farmaci a rischio carenza

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Dal 2018 sono raddoppiati farmaci a rischio carenza, ma per otto su dieci esiste l’equivalente, ovvero il medicinale senza brevetto, che ha lo stesso principio attivo. E proprio grazie a questi farmaci, meno costosi degli originator ma intercambiabili, sono derivati oltre sei miliardi di risparmi alla sanità pubblica dal 2012 ad oggi. Ma questo settore produttivo è in sofferenza, stretto tra il rialzo dei costi di produzione, le gare a ribasso e gli oneri regolatori. Arriva da Egualia, l’associazione che riunisce i produttori dei cosiddetti ‘generici’, l’appello al Governo nel momento in cui la manovra, appena approvata si appresta a iniziare l’iter parlamentare: “Senza equivalenti il servizio sanitario non reggerebbe, ma servono misure urgenti per salvare il settore”.

Tra queste una revisione del payback farmaceutico. Occasione di confronto tra istituzioni e industria è stata la presentazione dell’Osservatorio Nomisma 2024. Negli ultimi cinque anni, ricorda il rapporto, la carenza di farmaci è diventata un problema sempre più pressante e l’Italia è tra i Paesi più colpiti. Secondo i dati dell’Agenzia italiana del farmaco nel periodo 2018-2024 il numero di farmaci a rischio carenza è passato da poco più di 1.600 a oltre 3.700. Quasi la metà (44%) delle carenze registrate nel 2024 è dovuta alla cessazione definitiva della commercializzazione dei farmaci con brevetto, mentre poco più di un quarto a problemi di produzione.

“I produttori degli originator spesso non trovano vantaggioso produrre farmaci per trattare malattie meno redditizie, anche per questo equivalenti sono sempre più essenziali per la cura delle patologie croniche complesse”, si legge. Inoltre sono sempre più essenziali per la sostenibilità della sanità pubblica, perché, “facendo spendere meno in farmaceutica, consentono di spendere meglio in altro”, ha sottolineato anche il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato. Basti pensare che, se tutte le confezioni di equivalenti interamente rimborsati dispensate nel 2023 fossero state vendute ai prezzi dei brand, la spesa farmaceutica sarebbe aumentata di 460 milioni di euro. E dal 2012 ad oggi la cifra avrebbe raggiunto i 6,2 miliardi. Il rapporto mette però in guardia dal rischio di ‘take for granted’, ovvero di dare per scontato questo comparto. “Il quadro è più allarmante rispetto al passato – ha spiegato Lucio Poma, chief economist di Nomisma – . Una settantina di aziende sono state interessate da chiusure o fusioni, con una diminuzione della concorrenza. E un indebolimento del sistema – ha proseguito Poma – si tradurrebbe nell’aumento delle carenze e nell’impossibilità di sostenere le cure di alcune malattie croniche”.

Il presidente di Egualia, Stefano Collatina, chiede di “invertire la rotta, già in questa legge di Bilancio”, a partire dal “rivedere le procedure di gara orientate al massimo ribasso” e “togliere oneri impropri sulle imprese. In quest’ottica va ripreso il confronto sulla governance ed eliminato il payback farmaceutico”, ovvero il meccanismo di ripiano in base al quale, in caso di superamento del tetto della spesa farmaceutica, le aziende devono contribuire a ripianare l’eccedenza insieme alle Regioni: “una distorsione tutta italiana e che abbiamo ereditato dai altri governi”, per usare le parole di Gemmato. E su questo una novità arriva dalla conferenza delle Regioni, dove è stato trovato un primo accordo per una nuova ripartizione, in base alla quale tutte le Regioni che sforano il tetto di spesa saranno tenute a farsi carico del 50% della spesa, a fronte del fatto che alcune, negli anni passati, avevano dovuto contribuire fino al 75%. Ma niente di nuovo per quanto riguarda le aziende. Resta invece acceso il dibattito sulle risorse per la sanità in manovra. Dopo le polemiche dei sindacati dei medici, il sottosegretario alla Salute Gemmato torna sul tema. “La legge di bilancio, non solo conferma il livello di spesa che i governi avevano dato al Servizio sanitario nazionale a partire dalla pandemia Covid, ma mette sopra altre risorse”.

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Le ore folli del One Direction Liam Payne prima di precipitare dall’albergo di Buenos Aires

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Sesso, droga e alcol. Una follia da girone dantesco ha accompagnato le ultime ore di vita della pop star britannica Liam James Payne, ex membro del gruppo One Direction, precipitato dal terzo piano dell’hotel Casa Sur, nel quartiere di Palermo, a Buenos Aires. E mentre negli Stati Uniti sui social infuriano indignazione e polemiche per la decisione del sito di gossip Tmz di pubblicare le foto del corpo privo di vita della star, emerge che la compagna, Kate Cassidy, l’aveva lasciato solo nella capitale argentina. Forse il motivo scatenante del delirio psichedelico del musicista di 31 anni, che solo poche ore prima di morire aveva pubblicato sul suo profilo Snapchat foto in compagnia dell’influencer.

Riavvolgendo il film della giornata di furore fino al suo epilogo più tragico, in un mosaico di rivelazioni degli inquirenti ai media argentini, emerge che prima della caduta di Payne dal balcone della sua suite Deluxe, dalla lobby dell’albergo era partita una richiesta di intervento al numero dell’Emergenza integrata 911. “Un ospite imbottito di droga sta distruggendo la camera”, dice la voce di un uomo alla centralinista. Ma all’arrivo degli agenti della stazione di polizia 14B al 6092 di Costa Rica, la star è già al suolo priva di vita, nel cortile interno dell’hotel. Payne presentava “lesioni gravissime incompatibili con la vita”, secondo il medico di guardia Alberto Crescenti.

“Non c’era alcuna possibilità di rianimazione”. Una diagnosi confermata dagli esiti dell’autopsia, che indica “politrumatismi” con “emorragia interna e esterna” e una morte istantanea. Poco prima, nella sua stanza, l’ex One Directiion aveva scatenato il pandemonio. Tra le immagini pubblicate sui portali, si vede un televisore con lo schermo in frantumi. Accanto una coppa di champagne mezza vuota. Una scrivania coperta dai resti di una candela, un accendino, la scatola di una saponetta, una mezza lattina bruciata, e polvere bianca che potrebbe essere cocaina. Altri resti di candele e fogli di alluminio sono stati trovati nel bagno. E poi blister di medicinali, tra cui il tranquillante Clonazepam, e pillole energizzanti.

A vendergli la droga, secondo il programma argentino Mañanísima, è stato un impiegato dell’hotel, già identificato dalla polizia. Prima ancora, il musicista aveva bevuto, come testimonia anche una bottiglia di whisky trovata nella stanza. Un altro impiegato del Casa Sur, ha raccontato che Payne aveva voluto “due prostitute” con cui aveva avuto una discussione “perché non le voleva pagare”. La polizia cercherà ora di stabilire se la morte di Payne sia stata accidentale o se si sia trattato di un suicidio. Nel frattempo molti dei suoi fan si sono riuniti davanti all’albergo a Buenos Aires, lasciando fiori, messaggi e foto.

E il cordoglio si è riversato sui social. Un tributo è arrivato anche dal premier britannico, Keir Starmer, che ha ricordato la boy band come una delle più importanti della storia. Poche ore prima di morire, il cantante aveva postato su Snapchat una serie di foto e video con la sua ragazza, l’influencer Kate Cassidy, che proprio oggi ha fatto sapere di averlo abbandonato per tornare negli Usa. Insieme erano arrivati in Argentina per assistere ad uno spettacolo di un altro ex One Direction, Niall Horan, l’ex compagno di band di Payne, ma nei giorni scorsi aveva deciso di tornare a casa in Florida. Su TikTok ha scritto che non voleva più “restare in quel posto”.

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