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Politica

Sì del Cts a Franceschini, il mondo dello spettacolo ci riprova

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Cinema, teatri, concerti, musei. Dopo la falsa partenza del 27 marzo ci si riprova dal 26 aprile. E questa volta con numeri piu’ grandi, fino a 500 persone al chiuso, mille all’aperto. Con la possibilita’ per le regioni di autorizzare i grandi concerti o gli eventi culturali, purche’ in sicurezza, potendo contare sugli stessi numeri eventualmente consentiti allo sport. E’ sera e il premier Draghi ha gia’ parlato da un po’ quando arriva la notizia che il Comitato Tecnico Scientifico ha accettato in toto le richieste avanzate due giorni fa dal ministro della Cultura Franceschini. Con il via libera al raddoppio delle capienze e pure un accenno alla possibilita’, nel caso che le condizioni epidemiologiche migliorino, di superare questi nuovi paletti andando oltre al 50 per cento appena ottenuto. Soddisfatto, il ministro Pd lancia un segnale ai manifestanti che domani si riuniranno in Piazza del Popolo a Roma chiamati a raccolta dal movimento dei Bauli. “Ringrazio tutti quelli che saranno in piazza, i messaggi che arrivano dal mondo dei lavoratori dello spettacolo sono molto utili”, sottolinea dal palco di una kermesse sulla cultura organizzata proprio oggi dai democratici. Quindi ci si riprova, consapevoli che si tratta di un inizio, di un segnale nella speranza di tempi sempre migliori. A caldo arriva il ringraziamento delle industrie musicali con il ceo della Fimi Enzo Mazza che parla di un “risultato importante, soprattutto perche’ prevede anche il superamento dei limiti standard sulla base di specifiche situazioni e protocolli”. E il presidente di Assomusica Vincenzo Spera – molto critico qualche giorno fa – oggi applaude : “Siamo fiduciosi che questo primo passo vedra’ un progressivo ampliamento verso forme piu’ idonee ai luoghi in cui si terranno gli spettacoli”, scrive. Anche se sottolinea la necessita’ di un percorso progressivo che porti presto a lavorare “in sicurezza ma anche con maggiore sostenibilita’ economica”. Per il cinema e’ il presidente degli esercenti (Anec) Mario Lorini, a parlare di “un primo passo, un segnale” per il settore. Anche se certo, sottolinea anche lui, “in questi termini non si puo’ parlare di ripartenza. Per far ripartire il mercato ci vuole altro”. Tant’e’, e’ comunque un avvio, riconosce il rappresentante delle sale cinematografiche, “se questo sara’ l’inizio di un percorso, scandito da nuove date e nuove aperture, vedremo”. Tanti comunque rimangono alla finestra, in attesa che si chiarisca tutto un po’ meglio. I mal di pancia, le insoddisfazioni, i malumori, sono tanti. Anche perche’ le richieste e i protocolli messi a punto dalle categorie in queste ultime settimane prevedevano altro e di piu’. A partire da criteri diversi per fissare la capienza delle sale, senza numeri uguali per tutti. “Ogni luogo e’ diverso” ripetono un po’ tutti, dai teatri alla lirica, al cinema. “Non si puo’ mettere sullo stesso piano l’Arena di Verona e un teatro di Catania”. C’e’ il tasto dolente dello stop alla vendita di cibi e bevande, che rimane e costituisce un ulteriore aggravio per le imprese. E c’era la richiesta di aprire anche nelle zone arancioni, di consentire i flussi di pubblico da una regione all’altra. Senza dimenticare che tra i limiti che rimangono per tutti, c’e’ lo scoglio del coprifuoco, che viene confermato alle 22. Un paletto ulteriore e certo non da poco per cinema, teatri, concerti, che impone spettacoli serali programmati di fatto nel tardo pomeriggio, alle 19, 19.30. Insomma, e’ difficile, se non impensabile in questi termini che possano arrivare in sala i film piu’ importanti, i grandi titoli rimasti in panchina da mesi. “Il mercato riparte con altre condizioni”, ribadisce Lorini. Franceschini intanto ha segnato il primo punto, convinto ad andare avanti trascinando con se’ il settore che rappresenta. Nel prossimo decreto puntera’ a far inserire l’apertura dei musei (che attualmente potranno riaprire solo dal lunedi’ al venerdi’) anche nel fine settimana. “Non sono la vostra controparte”, ripete anche oggi ai lavoratori dello spettacolo in agitazione, come gia’ aveva detto giorni fa agli occupanti del Globe Theatre. “Sono con voi, il vostro rappresentante nelle istituzioni”. Il Paese ci spera, il ministro lo sa: “Abbiamo bisogno tutti di un’estate con piazze e strade pieni di spettacolo, musica, danza e prosa”.

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Giustizia, stretta sulle toghe politicizzate e sui reati informatici: il decreto del governo in arrivo

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La riforma della giustizia torna al centro del dibattito con il nuovo decreto che il governo si appresta a varare lunedì prossimo in Consiglio dei Ministri. Tra le novità principali, spiccano due misure destinate a far discutere: l’introduzione di sanzioni per i magistrati che non rispettano il dovere di astensione in casi di conflitto di interesse e una stretta sui reati informatici e sul dossieraggio illegale.

Sanzioni per le toghe politicizzate

Il decreto introduce una nuova norma che obbliga i magistrati a astenersi dal giudicare su questioni rispetto alle quali si sono già espressi pubblicamente attraverso editoriali, convegni o social network. In caso di violazione, il Consiglio Superiore della Magistratura potrà adottare sanzioni che vanno dall’ammonimento alla censura, fino alla sospensione.

Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, questa norma intende tutelare il principio di imparzialità della magistratura, un obiettivo che la maggioranza considera fondamentale per garantire l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

La misura ha già suscitato polemiche tra le toghe e riacceso il dibattito sulla presunta politicizzazione della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazione per quella che definisce un’“invasione di campo” da parte del governo.

La questione delle migrazioni e il caso Silvia Albano

La norma sulle toghe politicizzate sembra trarre origine da recenti tensioni tra il governo e alcune sezioni della magistratura, in particolare sui temi legati all’immigrazione. Emblematico il caso della giudice Silvia Albano, che aveva criticato l’accordo tra Italia e Albania sui migranti, trovandosi poi a giudicare direttamente su questa materia.

Albano, presidente di Magistratura Democratica, è stata bersaglio di critiche da parte della maggioranza per la sua posizione pubblica contro il “decreto Paesi sicuri”. La sua decisione di non convalidare il trattenimento di 12 migranti nel centro italiano in Albania ha sollevato ulteriori tensioni.

Stretta sui reati informatici e dossieraggi

Il decreto affronta anche il problema dei reati informatici, introducendo nuove misure per contrastare l’accesso abusivo ai database pubblici. Tra le novità principali:

  • Arresto in flagranza per chi viola sistemi informatici di interesse pubblico, militare o legati alla sicurezza nazionale.
  • Trasferimento delle indagini sui reati di estorsione tramite mezzi informatici alla procura Antimafia, guidata da Giovanni Melillo.

Queste misure arrivano in risposta a recenti scandali legati al dossieraggio illegale, come l’indagine della DDA di Milano sulla “centrale degli spioni” che trafugava dati sensibili da banche dati governative, coinvolgendo figure politiche di primo piano come la premier Giorgia Meloni.

Un antipasto per la riforma delle carriere

Questo decreto rappresenta solo l’inizio di un più ampio progetto di riforma delle carriere di giudici e pm che il governo sta portando avanti in Parlamento. La maggioranza intende ridefinire i rapporti tra i poteri dello Stato, nonostante le inevitabili polemiche con la magistratura.

Secondo il ministro Nordio, l’obiettivo è garantire un sistema giudiziario più equo e trasparente, ma l’ANM e altre voci critiche temono che queste misure possano indebolire l’autonomia delle toghe.

Un Natale caldissimo per la giustizia italiana

Le nuove norme, che toccano temi delicati come la gestione dell’immigrazione, i reati informatici e l’imparzialità dei magistrati, promettono di accendere il dibattito politico e giudiziario. Il governo va avanti, ma il confronto con le toghe e le associazioni di categoria si preannuncia acceso.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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