Una settimana per “celebrare una vita rimarchevole”, poi un funerale in stile: senza pompe cerimoniali da esequie di Stato, secondo le dettagliatissime volonta’ del defunto, e con una presenza ristretta di familiari e poche altre persone imposta anche dalle cautele dell’emergenza Covid. Sara’ sabato 17 il giorno dell’ultimo addio al principe Filippo, consorte della regina Elisabetta II e testimone di un secolo per lui tutt’altro che breve, spirato ieri quasi centenario nel castello di Windsor. E fra i presenti, con Elisabetta e i quattro figli in testa, ci sara’ spazio per il prediletto nipote-ribelle Harry, in arrivo dall’autoesilio californiano, ma non per sua moglie Meghan, fermata ufficialmente dal veto dei medici per lo stato di gravidanza avanzato e il precedente dell’aborto spontaneo di un anno fa. Il programma e’ stato formalizzato oggi dalla corte, dopo l’approvazione della regina e il via libera del governo di Boris Johnson, sullo sfondo di una giornata di lutto nazionale – la seconda di otto, stando alle consuetudini – in cui l’omaggio piu’ suggestivo e’ giunto dalle forze armate, con le 41 salve di cannone di rito sparate dalla Torre di Londra e da basi e unita’ militari sparse fra l’isola e i territori d’Oltremare in memoria del principe-reduce di guerra. Il feretro di Filippo sara’ trasportato su una Land Rover modificata ad hoc su progetto dello scomparso e seguito per il breve tragitto fra il castello e l’adiacente cappella di St George da un piccolo corteo guidato dal principe Carlo, suo primogenito ed erede al trono della regina Elisabetta. La quale ultima – “incredibile” nella sua forza d’animo alla soglia dei 95 anni, come assicura d’averla trovata oggi la nuora Sofia, contessa di Wessex, in barba a chi paventa scenari di abdicazione – aspettera’ invece in chiesa. Vi sara’ un minuto di silenzio nazionale, osservato in tutto il Regno in contemporanea con l’inizio del rito, ma nessuna camera ardente, espressamente rifiutata dal duca, la cui bara verra’ coperta solo dallo stendardo personale, da una corona di fiori e dal suo berretto e dalla sua spada di ufficiale veterano della Royal Navy, la Marina britannica: all’insegna del richiamo a quel “no fuss” (niente clamore) di cui Prince Philip aveva fatto un marchio di vita. Un’assenza di clamore che le restrizioni della pandemia contribuiscono del resto a suggellare. Obbligando la Royal Family – pur decisa in questo “momento di tristezza” ad esaltare “il vasto contributo” alla nazione del principe e “la sua durevole eredita’” per la monarchia e la nazione – ad invitare i sudditi a restare a casa. Visto che il funerale si svolgera’ “su scala ridotta” e senza “accesso del pubblico”. Nella cappella, dove la liturgia sara’ officiata dall’arcivescovo anglicano di Canterbury e dal rettore di Windsor, le linee guida attuali sulle cautele Covid permetteranno del resto l’ingresso solo a una trentina di persone: i familiari stretti e il fedelissimo segretario privato del duca, Archie Miller Bakewell. Mentre gli altri ospiti ammessi assisteranno dall’esterno. Il tutto nel segno della rigorosa adesione ai desideri di un uomo che fino all’ultimo ha voluto essere se’ stesso. Come confermano le testimonianze dei suoi giorni conclusivi partorite dai media d’oltremanica in profusione quasi monotematica. Le testimonianze su un uomo che e’ riuscito a morire nel suo letto, come voleva, e non in ospedale, rifiutandosi di restare ricoverato come pare gli suggerissero i medici sperando di permettergli magari di arrivare al 10 giugno e di girare la boa dei 100 anni in clinica. E che sembra abbia trascorso in uno stato di serena lucidita’ le ultime tre settimane a Windsor, dopo aver rifiutato con un’autoritaria battuta delle sue (“portate via quel dannato affare dalla mia vista”) la sedia a rotelle che un valletto aveva osato offrigli. Settimane durante le quali e’ stato vegliato costantemente della regina – presente anche in effigie accanto al suo letto, assieme alla madre del duca -, ha potuto ricevere uno per uno e “distanziati” i quattro figli e ha salutato per telefono i nipoti (non ancora vaccinati). Ma soprattutto si e’ congedato fra le sue cose dalla donna della quale per 73 anni e’ stato il marito e “la roccia”: Sua Maesta’ la Regina per tutti, ‘Lillibet’ per lui.
Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.
UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE (FOTO IMAGOECONOMICA)
La dinamica dell’attacco
Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.
Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.
UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA
Le dichiarazioni del ministro Crosetto
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:
“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.
Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.
La solidarietà del Presidente Meloni
Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:
“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.
Unifil: una missione per la pace
La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.
La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.
Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.
E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.
La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.