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La complice di Epstein denuncia “abusi in carcere”

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Ghislaine Maxwell e’ “l’ombra di se stessa”: in carcere sta “appassendo”. La complice di Jeffrey Epstein sta “perdendo peso e capelli” ed ha subito abusi fisici da un agente penitenziario nel corso di una perquisizione corporale. A denunciare le condizioni in cui e’ detenuta l’ex socialite britannica e’ la sua legale, Bobbi Sternheim, che in una lettera al giudice di New York, Alison Nathan, parla di una situazione insostenibile per la sua assistita, ormai completamente “alla merce’ delle guardie” che si alternano per sorvegliarla. Maxwell non dorme la notte a causa della luce nella sua cella che si accende ogni 15 minuti. Il cibo che le viene consegnato quotidianamente non e’ commestibile, cosi’ come l’acqua e’ imbevibile. Circostanze che con il passare del tempo la stanno rendendo “l’ombra di se stessa”, scrive l’avvocato. “E’ de facto in isolamento in carcere da 225 giorni ed e’ tenuta sotto osservazione da un gruppo di due-sei agenti, 24 ore al giorno, tramite una telecamera che monitora ogni sua mossa, eccetto i comportamenti inappropriati di alcune delle guardie”, aggiunge Sternheim nella missiva in cui aggiorna il giudice Nathan, come precedentemente richiesto, sulle condizioni carcerarie di Maxwell. “Di recente, lontano dalla telecamera di sicurezza, Maxwell e’ stata messa nella sua cella di isolamento e abusata fisicamente nel corso di una perquisizione. Quando ha chiesto che la telecamera venisse accesa, la guardia le ha risposto no”, riferisce Sternheim. “Dolorante” per la violenza – scrive ancora la legale – la sua assistita “ha detto alla guardia che avrebbe denunciato il trattamento subito” e, in tutta risposta, si e’ sentita minacciare di “un’azione disciplinare”. Maxwell e’ stata arrestata nel luglio del 2020 e da allora e’ rinchiusa nel Metropolitan Detention Center di New York, dove e’ sottoposta a una stretta sorveglianza nel tentativo di scongiurare un nuovo caso Epstein, il finanziere newyorchese accusato di pedofilia, morto suicida in cella e di cui Maxwell e’ stata per anni il braccio destro. Un suicidio, quello di Epstein, che ancora fa discutere e che per molti continua a essere una messa in scena. Secondo alcuni, infatti, il finanziarie non si sarebbe tolto la vita ma sarebbe stato ucciso per volere di alcuni dei suoi “amici potenti” spaventati dai segreti che avrebbe potuto rivelare. Segreti che ora sono nelle mani di Ghislaine. La figlia dell’ex controverso editore e deputato britannico Robert Maxwell, secondo gli investigatori, non solo avrebbe gestito la rete di abusi su minori messa in piedi da Epstein, ma avrebbe anche partecipato a festini organizzati per soddisfare gli appetiti sessuali del finanziere e dei suoi illustri ospiti. Da qui la sorveglianza costante, eccessiva secondo gli avvocati dell’ex socialite di 59 anni, costretta in una piccola e spoglia cella dopo anni da regina della vita mondana tra Londra, Parigi, New York e i Caraibi. Non e’ ancora chiaro se la descrizione dettagliata e cruda delle condizioni carcerarie di Maxwell si tradurra’ in una sua possibile uscita su cauzione, che i suoi legali hanno gia’ chiesto due volte e per due volte si sono gia’ visti negare.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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