Come una manna dal cielo. Un vero e proprio tesoro – di quelli da storie di pirati con scrigni pieni di oro, argento e pietre preziose – e’ approdato da chissa’ dove sulle rive di un villaggio di pescatori sulla costa caraibica del Venezuela, Guaca, messo in ginocchio dalla crisi economica che da tempo attanaglia il Paese proprio mentre l’immagine del futuro veniva resa ancor piu’ cupa dell’impatto della pandemia globale da coronavirus. Ne scrive il New York Times e la vicenda fa il giro di siti e testate online. E’ una storia pero’ che va avanti da mesi, da settembre almeno quando Yolman Lares e’ il primo a trovare un medaglione d’oro con l’immagine della Madonna. “Ho cominciato a tremare. Ho urlato dalla gioia”, ha raccontato al New York Times il 25enne Lares, “era la prima volta che mi accadeva qualcosa di speciale”.
Ed e’ questo il punto: perche’ l”arrivo’ dei gioielli, come dal nulla, sembra un dono divino, o un segno del destino, per il villaggio che era una sorta di isola felice ma dove da troppo tempo non si lavora piu’, non si guadagna piu’, ci si arrangia. Al ritrovamento di Lares ne sono seguiti molti altri, nella vera e propria caccia al tesoro che l’evento ha scatenato, con decine di persone intente a scavare, cercare, rimestare nella sabbia. Alcuni hanno cercato notte e giorno, dormendo nelle barche dei pescatori in spiaggia, ormai da troppo tempo inattive. Cosi’ ad oggi sono decine i residenti di Guaca – circa 2mila anime in tutto – che possono dire di aver ricevuto uno di quei ‘doni del destino’. Per Ciro Quijada, che ha trovato un anello d’oro, c’e’ lo zampino di Dio. Ne e’ sicuro. Si tratta per la gran parte di anelli d’oro, ma anche monili d’argento e perfino pepite. Stando ad alcuni dei pareri raccolti alcuni dei preziosi sarebbero di provenienza e fabbricazione europea: Belgio, Gran Bretagna. Probabilmente commercializzati all’inizio del Ventesimo secolo. Poco importa pero’, ormai e’ leggenda e un regalo per un Natale con un po’ di speranza in piu’.
Gli Stati Uniti si aspettano che migliaia di truppe nordcoreane che si stanno radunando in Russia entreranno “presto” in guerra contro l’Ucraina: lo ha detto il capo del Pentagono Lloyd Austin durante una sosta alle isole Fiji durante una missione in Australia. “Si ritiene che circa 10.000 soldati nordcoreani siano di stanza nella regione di confine russa di Kursk – ha detto Austin – dove sono stati integrati nelle formazioni russe”.
“In base a ciò a cui sono stati addestrati, e alla loro integrazione con i militari russi – ha aggiunto – mi aspetto di vederli presto impegnati in combattimento”. Austin ha detto di non aver “visto segnalazioni significative” di truppe nordcoreane “attivamente impegnate in combattimento” fino ad oggi. Giovedì, funzionari del governo sudcoreano e un gruppo di ricerca hanno affermato che la Russia ha fornito a Pyongyang petrolio, missili antiaerei e aiuti economici in cambio di truppe. Kiev ha avvertito che Mosca, insieme ai soldati nordcoreani, ha ora radunato una forza di 50.000 uomini per riconquistare parti della regione di confine conquistate dalle forze ucraine.
Benjamín Villareal, sino a poche settimane fa vicedirettore della polizia di Culiacán, la capitale dello stato messicano di Sinaloa, è stato ucciso mentre pranzava con altre due persone nel bar ristorante Finca La Esperanza, nel quartiere di Montebello. Villareal è stato ucciso da un commando di uomini armati entrati nell’esercizio commerciale. Sono decedute anche le due persone che pranzavano con lui, un uomo ed una donna, al momento non ancora identificati. Sul sito ufficiale della Città di Culiacán, aggiornato al 6 novembre, Benjamín Villareal risulta ancora essere vicedirettore operativo della Polizia. Dallo scorso settembre la guerra esplosa tra due fazioni del cartello di Sinaloa ex alleate, quella de “Los Chapitos” che fa riferimento al Chapo Guzmán e quella de “Los Mayos” collegata al Mayo Zambada, hanno fatto aumentare la violenza a Culiacán.
Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.
UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE (FOTO IMAGOECONOMICA)
La dinamica dell’attacco
Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.
Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.
UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA
Le dichiarazioni del ministro Crosetto
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:
“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.
Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.
La solidarietà del Presidente Meloni
Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:
“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.
Unifil: una missione per la pace
La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.