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Covid, l’infezione criminale nella analisi di Calleri: la mafia usa l’emergenza per affari e consenso sociale

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Le mafie stanno sfruttando l’emergenza sanitaria e socio-economica in atto per guadagnare terreno e acquisire un numero crescente di attività, non solo nel Mezzogiorno, ma anche nel centro-nord. Un virus sociale, pericoloso e infido, per cui non esiste vaccino e di cui in Italia si parla sempre meno. Per questo è fondamentale che lo Stato e l’Unione Europea mettano in campo importanti risorse economiche per riavviare l’economia e contenere l’avanzata delle mafie nel Paese. Abbiamo fatto il punto della situazione con Salvatore Calleri, analista, profondo conoscitore del fenomeno mafioso e presidente della Fondazione di studi sulla mafia Antonino Caponnetto.

Calleri, quale ruolo dovrebbe giocare l’Unione Europea per contenere il disagio sociale e riavviare l’economia dei paesi membri?

Purtroppo l’UE ha adottato un modello confederale, inadatto a gestire le crisi perché è una struttura dal funzionamento lento, complicato. L’Europa dovrebbe andare verso un modello federale, che consentirebbe di avere un unico esercito, un unico confine, un unico sistema sanitario e fiscale e di prendere decisioni in modo rapido. Gli Stati Uniti d’Europa, così come avrebbero dovuto essere in origine. Il modello attuale invece favorisce i nazionalismi. Dovremmo avere tante nazioni in un unico Stato, non tante nazioni e tanti Stati. È un passaggio epocale. 

La crisi può rappresentare dunque un momento per ripensare il sistema politico ed economico nel suo complesso?

Assolutamente sì, dobbiamo renderci conto anche di un’altra cosa. Siamo rimasti ancora al modello economico del liberismo degli anni Ottanta, una società, come la definiva la Tatcher, economicamente e socialmente individuale. Con la pandemia dovremmo invece sostituire il concetto di individuo con quello di persona. E dobbiamo muoverci verso una società più solidale, altrimenti non ne usciamo. In sintesi: un’Europa federale e non più confederale, un’Europa socialista-liberale invece che liberista. In questo momento manca però la consapevolezza politica di questa necessità, non solo in Italia ma anche in altri paesi dell’Unione.  

Se la liquidità non arriva dallo Stato o dall’Europa arriverà dalle mafie. È così?

Per sopravvivere alla crisi, molti finiranno strozzati dalle mafie e costretti a cedervi le proprie attività. Un meccanismo preesistente alla pandemia, ma che ora va velocizzandosi. Lo Stato ad oggi ha messo in campo risorse insufficienti per le imprese. Torno alla questione del sistema economico, perché la ritengo fondamentale. Se il privato chiede fondi allo Stato per rimanere in vita, il liberismo non esiste più. È la negazione di un sistema che, con la pandemia, è andato in tilt. Lo abbiamo visto tutti, è il momento di cambiare. 

Sull’infiltrazione delle mafie nelle proteste delle ultime settimane s’è detto di tutto e di più. Qual è la sua lettura di quegli eventi?

Partiamo dalla Campania. La camorra vuole controllare il proprio territorio, non può consentire forme violente di protesta senza il suo consenso; deve esserci anche lei. Nel centro-nord il comportamento delle cosche è più subdolo e raffinato. Magari si infiltrano più spesso nelle proteste non violente, per sondare il terreno e capire come muoversi. Le faccio un esempio. Prendiamo i ristoratori, una delle categorie più in sofferenza. Un ristoratore mafioso partecipa alla protesta, fa l’amico di tutti, cerca di capire le situazioni di maggiore debolezza; dopodiché fa l’offerta e rileva le attività in crisi. Questo modus operandi è proprio soprattutto dei mafiosi siciliani e calabresi.

Come si stanno muovendo le mafie nel centro-nord per guadagnare terreno durante la pandemia?

Le porto il caso della mia Regione, la Toscana, che molti potrebbero ritenere esente dal problema, ma così non è. In Toscana il 60-70% delle nuove acquisizioni è a rischio riciclaggio, un dato che ho reso noto anche al neo governatore Giani lo scorso 5 settembre, al centenario della nascita di Caponnetto. Fra i business in cui si è inserita la mafia, vi è senza dubbio la complessa gestione dei rifiuti, penso ai casi di incendi dei capannoni, ai rifiuti sversati. Con i rifiuti la mafia fa affari d’oro. C’è poi il sempreverde traffico di droga. Molti i porti utilizzati, fra cui Genova e Livorno, di cui si sono storicamente servite le organizzazioni mafiose. Arrivano tonnellate di cocaina. Dobbiamo stare attenti anche ai porti minori, di cui non si parla mai. 

Mafie e sanità: in che modo le cosche hanno lucrato su questo settore approfittando dell’emergenza?

Anzitutto aggiudicandosi gli appalti, al Sud anche la gestione degli ospedali è un aspetto rilevante. Una gestione che in alcuni casi è totale, in altri meno. Ora sta scoppiando il caso Calabria, la ‘ndrangheta ha sempre fatto il bello e il cattivo tempo negli ospedali. Dobbiamo capire che la mafia è un virus più forte del Covid; ma se quest’ultimo fra un anno sarà sconfitto dal vaccino, la mafia è un virus che rimane, anzi si rafforza, anche perché stiamo vivendo il periodo più buio degli ultimi trent’anni nella lotta alla mafia. 

Qual è, secondo lei, il vaccino più efficace contro le mafie?

Anzitutto bisogna parlarne, perché abbiamo smesso di farlo. Poi non bisogna lasciare da soli quelli che denunciano, come avviene molto spesso. Si fa presto a dire “dovete denunciare”, ma quante volte poi chi lo fa rimane da solo, abbandonato al suo destino? I testimoni di giustizia non se la passano molto bene. Allora mi domando: perché in tutti questi decreti e provvedimenti non abbiamo affrontato il tema mafia? Si parla, a ragione, del rischio di una recrudescenza del terrorismo, ma l’emergenza mafia è quanto mai concreta e rimane sempre sullo sfondo, se ne parla poco e niente. 

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A Pompei via al numero chiuso, guerra ai bagarini

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“Pompei non può essere associata al turismo di massa, ma deve avere come obiettivo quello della qualità”. Gabriel Zuchtriegel stringe tra le mani il suo biglietto nominativo, quello che da oggi è obbligatorio per entrare negli scavi che dirige dal febbraio 2021. È una delle novità introdotte all’interno del parco archeologico. La più importante riguarda il numero chiuso per gli ingressi giornalieri, che non potranno mai superare quota 20mila. Nel periodo di maggiore afflusso (dal primo aprile al 31 ottobre), poi, saranno anche previste specifiche limitazioni a seconda delle fasce orarie: dalle 9 alle 12 massimo 15mila ingressi; altri 5mila da mezzogiorno alle 17.30. L’acquisto dei ticket è consentito sul posto e online. “Alla base – spiega ancora Zuchtriegel – ci sono soprattutto motivi di sicurezza, sia dei visitatori, sia di tutela del patrimonio. Partiamo in questo periodo di bassa stagione per sperimentare tale misura, i cui numeri saranno poi esaminati con calma in vista delle giornate di maggiore afflusso”.

Obiettivo è anche combattere il fenomeno del bagarinaggio, che portava i turisti ad acquistare biglietti rivenduti a prezzi maggiorati e con l’aggiunta di “servizi” già compresi nel costo abituale del ticket. Altro proposito è puntare a distribuire i visitatori anche sugli altri siti del parco (Boscoreale, Torre Annunziata, Villa dei Misteri, Civita Giuliana e Stabia). Gli scavi di Pompei introducono le novità del numero chiuso e del biglietto nominativo dopo un’estate da record, che ha fatto registrare flussi mai visti in passato, con oltre quattro milioni di visitatori e punte di oltre 36.000 presenze in occasione di una delle prime domeniche del mese (quelle a ingresso gratuito). Questa mattina Zuchtriegel ha deciso di seguire personalmente l’avvio del cambiamento insieme con Prefettura, vigili del fuoco e consulenti dei lavoratori insieme ai quali è stata ravvisata la necessità di prevedere una gestione in piena sicurezza del sito Unesco.

“Abbiamo avuto in autunno, estate e primavera – sottolinea ancora il direttore – giornate in cui il limite dei 20.000 ingressi è stato superato: ci siamo resi conto di dover garantire a tutti i visitatori una esperienza di qualità. Pompei non deve essere un sito per il turismo di massa. Abbiamo un territorio meraviglioso e ci impegneremo a canalizzare maggiormente i flussi, ma anche gli investimenti, la ricerca e la valorizzazione di questi luoghi. Questo non è una misura contro la crescita. Anzi, noi puntiamo sulla crescita”. Nessuna gara sui numeri, come avviene in particolare in occasione delle domeniche ad ingresso gratuito: “La nostra priorità è la sicurezza – conclude Zuchtriegel -. E in caso di emergenza, abbiamo pensato di assicurare uscite controllate ai visitatori. Attenzione, siamo orgogliosi dei dati che abbiamo raggiunto in questi anni: spesso eravamo al primo posto nelle giornate di ingressi gratuiti. Questa classifica è carina, ma logica ci impone di scegliere la conservazione del nostro patrimonio: non vorremmo mai che qualche classifica finisca per danneggiarlo”.

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Casi di Covid in calo, 8.660 in 7 giorni e cresce la variante Xec

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Calano i contagi da Covid-19 in Italia. Nella settimana dal 17 al 23 ottobre si registrano 8.660 nuovi casi rispetto ai 11.433 della rilevazione precedente mentre i decessi sono 116 a fronte di 117. Il maggior numero di nuovi casi è stato registrato in Lombardia (2.693), Veneto (1.206), Piemonte (998) e Lazio (928). Mentre continua la corsa della variante Xec. E’ quanto emerge dal bollettino aggiornato e dal monitoraggio settimanale a cura del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Nell’ultima settimana sono stati effettuati 89.792 tamponi, in calo rispetto ai 94.880 della precedente rilevazione, e scende anche il tasso di positività, da 12% a 9,6%.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero, al 15 ottobre è pari a 0,84 rispetto a 1,06 del 9 ottobre. È in lieve diminuzione, in quasi tutte le regioni, l’incidenza settimanale: la più elevata è stata in Lombardia (27 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (con 0,2 casi per 100mila abitanti). Al 23 ottobre, si legge, “l’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 3,7%, stabile rispetto alla settimana precedente (3,8% al 16 ottobre). In lieve diminuzione l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 0,9% (76 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (1,0% al 16 ottobre)”. In base ai dati di sequenziamento nell’ultimo mese si osserva la co-circolazione di differenti sotto-varianti di JN.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di KP.3.1.1. In crescita, inoltre, la proporzione di sequenziamenti attribuibili a Xec (17% nel mese di settembre contro il 5% del mese di agosto).

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Salgono del 30% i casi di Covid, in 7 giorni 11.164

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Dopo il calo delle ultime settimane, tornano a salire i contagi da Covid-19 in Italia. Dal 19 al 25 settembre sono stati 11.164 i nuovi positivi, rispetto agli 8.490 della settimana precedente, pari a un aumento di circa il 30%. La regione con più casi è la Lombardia (3.102), seguita dal Veneto (1.683) e Lazio (1.302). E a crescere sono anche i decessi settimanali, passati da 93 a 112. Stabile l’impatto sugli ospedali mentre cresce la variante Xec.

Questi i dati dell’ultimo bollettino settimanale pubblicato dal ministero della Salute e del monitoraggio a cura dell’Istituto superiore di Sanità. Ad aumentare sono stati anche i tamponi, passati dai 81.586 del 12-18 settembre a 85.030, mentre il tasso di positività è passato dal 10% al 13%. Stabile invece il numero di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti di area medica (pari a 3% con 1.885 ricoverati), così come quelli occupati in terapia intensiva (0,7% con 62 ricoverati). I tassi di ospedalizzazione e mortalità restano più elevati nelle fasce di età più alte.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero, è pari a 0,9, in lieve aumento rispetto alla settimana precedente. Mentre l’incidenza è di 19 casi per 100mila abitanti, anche questa in aumento rispetto alla settimana precedente (14 casi per 100mila abitanti). L’incidenza più elevata è in Veneto (35 casi per 100mila abitanti) e la più bassa nelle Marche (1 per 100mila). In base ai dati di sequenziamento genetico, nell’ultimo mese circolano insieme differenti sotto-varianti di Jn.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di Kp.3.1.1 (68%). In crescita, e pari a circa il 5%, i sequenziamenti del lignaggio ricombinante Xec, appartenente alla famiglia Omicron.

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