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Economia

Pisani parla di condono bluff, norme contorte e contribuenti spremuti tra tasse e balzelli: ci salvi chi può!

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Sul decreto fiscale ed altre misure della manovra economica abbiamo chiesto una valutazione all’avvocato Angelo Pisani, presidente di Noi Consumatori nonché esperto in diritto tributario e fiscale.

Il tanto discusso decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2019 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 ottobre 2018. Il testo definitivo del DL n. 119/2018 firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella è pertanto entrato in vigore il giorno successivo ed oltre che  difficile anche da leggere sarà di ardua applicazione, non avendo la burocrazia italiana una grande macchina organizzativa a disposizione. 

Che dire del decreto fiscale in vigore dallo scorso 24 ottobre? Non sono molto ottimista. Mi aspettavo molto di più come molti.
Purtroppo il mio pessimismo in materia non è stato smentito . Non c’è stata nessuna riforma idonea del sistema della giustizia tributaria, dalla nascita affetto, anche, da un grave conflitto di interessi e da costi proibitivi per difendersi dalle tasse ingiuste.
Io in realtà ancora non ho compreso cosa intenda fare il Fisco: più leggo di questa rottamazione agevolata, di questa cosiddetta “pace fiscale” e più mi rendo conto che si continuano a prendere in giro i cittadini con meccanismi complicati e agevolazioni buone, ammesso che lo siano, solo per l’opinione pubblica. La nuova legge non regala molti sconti e soprattutto può considerarsi un bluff, è ingiusta per almeno due motivi: la questione dello stralcio delle cartelle esattoriali sotto i mille euro dall’anno 2000 al 2010, quindi tutte quelle già prescritte, e la finta – che poi è anche una discriminazione  – per i contribuenti che hanno aderito alla rottamazione bis per i quali il limite di pagamento del 31 ottobre e del 31 novembre è rinviato solo al 7 dicembre senza possibilità di altre dilazioni o sconti, come previsto invece con la rottamazione ter a vantaggio di chi non ha mai neanche tentato di pagare.
Coloro che avrebbero dovuto pagare la rottamazione bis e non potevano pagarla in due rate, come faranno allora a pagarla in un’unica soluzione entro il 7 dicembre? Nel momento in cui dovessero pagare tutto entro il 7 dicembre, anche se per molti è impossibile, a che cosa servirà questa Rottamazione Ter? Questo, a mio avviso, è uno degli aspetti diciamo più complicati e contraddittori. Più in generale però mi chiedo: ma è possibile che il legislatore e i politici non sappiano scrivere una legge in maniera semplice?.

 Credo che sia volontariamente che strategicamente si sia pensato di scrivere la legge con un linguaggio non chiaro e immediatamente comprensibile a tutti, in modo che non sia facilmente attuabile dai cittadini, in modo che, come spesso accade, la norma  sia interpretata per gli “amici” e imposta ai contribuenti, che ci perdono sempre. Sicuramente questa non è la pace fiscale, non è la flat tax, le tasse non vengono abbassate, l’Italia rimane un tassificio e non c’è nè trasparenza nella burocrazia, nè certezza nella giustizia dove si va avanti a sentenze della Cassazione o con la speranza di incappare in un “giudice giusto “! Queste non erano le promesse della politica, dobbiamo pretendere il rispetto dei nostri diritti primari e far sì che le promesse elettorali siano almeno in parte rispettate”, ridicolo sarebbe  l’andare avanti così . 

Se davvero il Governo avesse voluto avere rispetto dei contribuenti doveva prima di tutto cancellare tutte le procedure esecutive come le ipoteche, i fermi e i pignoramenti che invece con questa legge rimarranno accesi e dovranno essere comunque oggetto di folli contenziosi con costi ingiustificabili e decisioni contrastanti a dispetto del giudice adito. Non mette fine al calvario che da anni ossessiona i contribuenti e rovina l’economia a vantaggio dei poteri forti e degli usurai di turno che approfittano dei soggetti sottoposti a procedure esecutive.
Non so se la pace fiscale o il condono  arriveranno realmente o resteranno un’illusione per i contribuenti .
Chi vivrà vedrà . Sulla cosiddetta pace fiscale Matteo Salvini e Luigi Di Maio pare abbiano trovato il loro compromesso, ma naturalmente senza tenere minimamente in conto le esigenze dei cittadini. Il leader del Movimento 5 Stelle si distingue per aver preteso la cancellazione totale dello scudo penale unico interesse degli imprenditori e quella della sanatoria per i beni all’estero, oltre a un tetto più stringente, 100 mila euro ad annualità, delle somme sanabili (contro i precedenti 100 mila euro per anno e per imposta). Ma vantandosi di aver mantenuto le promesse elettorali Salvini tenta di portare a casa una sorta di “saldo e stralcio” delle cartelle Equitalia, ovvero il condono al quale il Movimento 5 Stelle si era opposto, obbligando la Lega ad accettare una sanatoria solo su sanzioni e interessi come quella del governo Gentiloni. Il condono, precisiamo, sarà introdotto, con tutte le sue incertezze e tutti gli strascichi del caso, con un emendamento durante la fase di conversione del decreto. Anche se il testo di fatto è già pronto, nel frattempo potrebbe accadere qualsiasi cosa. Intanto i contribuenti vessati continuano a soffrire e l’economia a fallire.
Il consiglio che sento di dover dare a tutti è di rivolgersi sempre ad un esperto e fare un check-up fiscale prima di decidere di richiedere una rottamazione e rischiare di pagare al Fisco anche somme di fatto non più dovute. Non solo. Intendo rivolgere un invito a tutti: date il vostro contributo, confrontiamoci sulla nuova legge, meglio informarsi e parlarne che fare scelte sbagliate. Il mio augurio è che in questi 60 giorni di conversione possa esserci qualche tutela e modifica a vantaggio dei cittadini contribuenti. Occorre una vera riforma del fisco e del sistema contribuente / giustizia con una legge scritta in italiano e comprensibile a tutti , ma in primis si devono eliminare le speculazioni sia politiche che affaristiche e finanziarie sulle  tasse proibitive imposte ai cittadini .
Così come è la situazione ci guadagnano e si organizzano solo i soliti e grandi evasori amici degli amici . 

Dimenticavo il 12 novembre secondo quanto previsto dal decreto sarà reso disponibile il modello per accedere alla pace fiscale, il governo rispetterà l’impegno? Oppure preferirà glissare in attesa della conversione a danno di coloro i quali avrebbero interesse a farla veramente questa pace fiscale? Ovviamente la mia delusione viene anche dalla previsione di nuove tasse, addirittura sulla pesca sportiva. Speriamo che prima o poi non si tasserà anche l’aria che respiriamo .

Ecco poi altri  effetti della prossima legge di bilancio giallo verde che inizierà il suo iter alla Camera la prossima settimana e sulla quale ci sarà ancora battaglia non solo con l’Europa ma anche con le opposizioni che finiscono per confondere e complicare il quadro economico lasciando sul campo le solite vittime ossia i contribuenti .
Per fare cassa il governo riparte  dal rincaro delle sigarette, che andrebbero a mio avviso completamente bandite anche per i danni prodotti  oltre che sulla salute ricadranno poi sempre sul costo del servizio sanitario.

Per quanto si legge nella relazione tecnica che accompagna la manovra “l’incremento della fiscalità potrebbe essere recuperato dai produttori con un aumento dei prezzi di vendita di circa 10 centesimi a pacchetto, per tutte le fasce di prezzo”. Nella legge di Bilancio sono previsti per il 2019 rincari della tassazione per le sigarette di 108 milioni, altri 22,5 milioni per il tabacco trinciato, circa 1,8 milioni per i sigari, per un totale di 132,6 milioni.

Dalle previsioni si prospetta , anzi è più che una paura, il  rischio aumento per addizionali locali e Imu sulle seconde case. Quindi altre tasse . Una manovra che, come ogni anno, da parte prevede qualche vantaggio e dall’altra nasconde qualche cara e triste sorpresa, cambierà il suonatore ma la musica rimane uguale i cittadini dovranno pagare per far andare avanti il sistema che spesso non restituisce servizi  .

 Previste nel testo la stretta su banche, assicurazioni e giochi che porteranno una dote di circa 4 miliardi e mezzo tra risparmi e nuovi incassi.

Una notizia buona e una norma necessaria la troviamo in materia Sanità e Università.  A proposito della classe medica si prevedono 900 nuovi contratti di formazione specialistica per i medici, a partire dal 2019. È l’effetto dell’incremento previsto in legge di bilancio dei fondi per gli specializzandi, secondo quanto spiega la Al finanziamento complessivo già previsto di 708 milioni se ne aggiungeranno «22,5 per il 2019, 45 milioni per il 2020, 68,4 milioni per il 2021, 91,8 milioni di euro per il 2022 e 100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2023».

Poi la novità è dettata dal nuovo “bonus eccellenze” cioè avrà chance di posto fisso un “cervellone” su 10. È quanto emerge dalla relazione tecnica che accompagna la legge di Bilancio. Lo sconto fino a 8mila euro è previsto per incentivare l’assunzione di laureati in corso con 110 e lode con meno di 30 anni e dottori di ricerca entro i 34 anni, che abbiano conseguito il titolo tra gennaio 2018 e giugno 2019. I giovani “eccellenti” sono stati, in analogo periodo (tra 2017 e 2018) circa 60mila. Ci dovrebbero essere risorse stanziate per almeno «6.000» assunzioni.

La mancata conferma del blocco degli aumenti di tributi e addizionali locali fa lanciare l’allarme alle opposizioni di rincari praticamente «inevitabili». Le imposte locali erano congelate dal ‘2016’ per volere dei governi Renzi prima e Gentiloni poi. Ma senza il rinnovo della norma Regioni e Comuni, che non l’avevano già fatto in precedenza, potranno aumentare le aliquote fino ai livelli massimi. Cioè il 3,3% per l’addizionale Irpef regionale, lo 0,8% per quella comunale (con l’eccezione di Roma dove è già allo 0,9%) e il 10,6 per mille per Tasi e Imu sulle seconde case.
Poi ci sono tagli da 435 milioni alla spesa ai ministeri. E un calo della spesa in conto capitale, che finanzia gli investimenti, da 822 milioni, che salgono a circa 1,6 miliardi se si sommano 790 milioni di «riprogrammazioni». Sono le cifre per il 2019 che emergono dalla relazione tecnica alla legge di bilancio. Secondo le tabelle complessivamente i fondi per la spesa corrente saliranno nel 2019 di 206 milioni (con 646 milioni di rifinanziamenti) e la spesa per investimenti di 342 milioni (con un rifinanziamento di 1,9 miliardi).

Un risparmio viene previsto in campo finanziario  ed assicurativo . La stretta su banche e assicurazioni potrebbe permettere allo stato di risparmiare, nel 2019, oltre 4,2 miliardi.

 La relazione tecnica allegata alla manovra conferma le previsioni già indicate dal governo nel Draft Budgetary Plan (Dbp). L’aumento degli acconti per le assicurazioni, che nel 2019 passa dal 59% all’85% assicurerà 832 milioni mentre dal comparto del credito provengono invece oltre 3 miliardi. La rimodulazione delle Dta, cioè il differimento delle deduzioni sulla svalutazione dei crediti, porta a un recupero di gettito di 950 milioni. Quasi 1,2 miliardi arriveranno invece dalla dilazione in 10 anni della deducibilità delle perdite attese in sede di prima applicazione dei nuovi principi contabili Ifrs 9. Oltre 1,3 miliardi arriveranno poi dall’intervento sulla deducibilità in 11 anni (dal 2019 al 2029) delle quote di ammortamento del valore dell’avviamento e di altri beni immateriali che interessano per la «quasi totalità» operatori bancari e finanziari.

Poi si pensa di spingere i cittadini a spendere di più, riproponendo le già provate promozioni fiscali . Ci sarà infatti  la proroga dei vari bonus, dalle ristrutturazioni ai giardini, fino all’ecobonus, che dovrebbe produrre secondo le previsioni circa 5/6 miliardi di spese in più, che senza agevolazione non si sarebbero messi in cantiere, anche perché è ancora la paura di un futuro sempre più nero e il fantasma della tassazione il vero blocco dello sviluppo dell’economia.

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Al Nord stipendi talvolta quasi il doppio rispetto al Sud

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Dalla Lombardia alla Calabria l’Italia resta divisa in due anche negli stipendi, che al Nord sono mediamente più alti del 35% rispetto a quelli del Sud. I conti in busta paga li ha fatti la Cgia di Mestre, elaborando dati Inps e Istat: se gli occupati nelle regioni settentrionali hanno una retribuzione media giornaliera lorda di 101 euro, i colleghi meridionali ne guadagnano solo 75. Una differenza, afferma l’ufficio studi mestrino, dovuta alla maggiore produttività del lavoro al Nord, che supera del 34% il dato delle regioni meridionali. Il confronto in termini assoluti rende chiarissima questa disparità: la retribuzione media annua lorda di un lavoratore dipendente in Lombardia è pari a 28.354 euro; in Calabria ammonta a poco più della metà, 14.960 euro. Ma se nel primo caso la produttività del lavoro è pari a 45,7 euro per ora lavorata, nel secondo è di 29,7.

Squilibri retributivi che del resto, osserva la Cgia di Mestre, si riscontrano anche tra le diverse aree del Paese, quelle urbane e quelle rurali. Tema che le parti sociali hanno tentato di risolvere, dopo l’abolizione delle cosiddette gabbie salariali avvenuta nei primi anni ’70 del secolo scorso, attraverso l’impiego del contratto collettivo nazionale del lavoro. L’applicazione, però, ha prodotto solo in parte, per la Cgia, gli effetti sperati. Le disuguaglianze salariali tra le ripartizioni geografiche sono rimaste. Anche perchè nel settore privato le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie (che tendenzialmente riconoscono ai dipendenti stipendi più elevati) sono ubicate prevalentemente nelle aree metropolitane del Nord.

A pesare inoltre è il lavoro irregolare, molto diffuso nel Mezzogiorno, che da sempre provoca un abbassamento dei salari contrattualizzati dei settori che tradizionalmente sono investiti da questa piaga sociale (agricoltura, servizi alla persona, commercio) Quanto alle città con gli stipendi più alti, spicca su tutte Milano, con 32.472 euro annui, seguita da Parma (26.861 euro), Modena (26.764 euro), Bologna (26.610), Reggio Emilia (26.100). I lavoratori dipendenti più poveri, invece, si trovano a Trapani dove percepiscono una retribuzione media lorda annua di 14.365 euro, a Cosenza (14.313 euro), Nuoro (14.206 euro). Negli ultimi posti della classifica vi sono i lavoratori dipendenti di Vibo Valentia, con una busta paga media di 12.923 euro l’anno contro una media italiana di 22.839 euro.

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Economia

Assicurazioni,utili su nei 6 mesi,12 miliardi per 4 big

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Dopo un 2023 da record, continua il periodo di crescita per il settore assicurativo. Nel primo semestre del 2024 bilanci ancora nel segno più con 4 grandi protagonisti internazionali del settore, ovvero Generali e Unipol dalle radici italiane, insieme ad Allianz e Axa, che da soli hanno chiuso il periodo con oltre 12 miliardi di utili, in crescita del 4,4% rispetto ai primi 6 mesi dello scorso anno. A rilevarlo è un report dell’Ufficio Studi e Ricerche della Fisac Cgil condotto sui bilanci delle quattro grandi compagnie assicurative europee. Complessivamente, i quattro grandi gruppi hanno superato i 204 miliardi di euro di premi (Danni e Vita) con un incremento di oltre il 9% rispetto all’anno precedente.

La crescita nei Rami Danni, che hanno presentato un utile operativo tecnico di 9,1 miliardi è stata del 3%, mentre i Rami Vita hanno rilevato un utile operativo tecnico di 6,5 miliardi con un incremento più marcato del 7%. Il campione italiano, Generali e Unipol, ha registrato utili a 2,6 miliardi di euro di utili nel primo semestre, rispetto ai 2,8 miliardi registrati nei primi sei mesi dello scorso anno. La leggera diminuzione è principalmente imputabile a utili non ricorrenti e one-off di Generali lo scorso anno, in assenza dei quali l’utile normalizzato sarebbe risultato stabile a 2 miliardi di euro, mentre Unipol è passata da 517 milioni di euro al semestre 2023 a 555 milioni di euro al 30 giugno 2024, con un incremento del 7%.

L’utile di Allianz migliora del 13,9% passando dai 4,6 miliardi di euro del 2023 ai 5,3 miliardi del 2024, mentre Axa conferma sostanzialmente l’utile del primo semestre dell’anno passato, pari a 4,1 miliardi di euro, a 4,2 miliardi nel 2024. Il settore assicurativo, conclude lo studio, si è quindi confermato nel complesso ancora una volta molto solido e, come riporta la Fisac Cgil con indici di solvibilità in deciso incremento. Gli ottimi risultati del comparto vengono evidenziato dalla ricerca della Fisc Cgil anche nell’ottica dei prossimi rinnovi di contratto: “Ancora una volta registriamo risultati estremamente positivi sul fronte della redditività e della solidità del settore assicurativo. Risultati raggiunti grazie all’impegno delle lavoratrici e dei lavoratori del settore che meritano un significativo riconoscimento, a partire dai prossimi rinnovi contrattuali, di primo e secondo livello”, dice la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito. (

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Ambiente

L’Italia pensa al nucleare, 50 miliardi l’impatto sul Pil

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Il tema del nucleare di ultima generazione irrompe al forum Teha di Cernobbio con con gli imprenditori e operatori del settore che chiedono di “fare presto” per evitare di perdere l’opportunità per gli investimenti. Una tecnologia che porterebbe benefici alla crescita economica del Paese un impatto sul Pil di 50,3 miliardi al 2050. La posizione del governo non si fa attendere con il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin che annuncia l’arrivo “entro fine anno” di un “disegno di legge, che conterrà la normativa primaria e dove saranno previsti i soggetti regolatori”.

L’Italia, di fatto, rientrerebbe nel nucleare. Da Villa d’Este, sul lago di Como, sono Edison e Ansaldo Nucleare ad illustrare l’impatto dell’atomo sulla decarbonizzazione energetica e sull’economia italiana. Il nucleare di ultima generazione, secondo una analisi illustrata a Cernobbio, può abilitare al 2050 un mercato potenziale fino a 46 miliardi di euro, con un valore aggiunto attivabile pari a 14,8 miliardi di euro. Ma c’è di più perché considerando anche i benefici indiretti e dell’indotto, sarà possibile creare oltre 117.000 nuovi posti di lavoro. Il nuovo nucleare non è soltanto una “risorsa preziosa per raggiungere gli obbiettivi di transizione energetica ma costituisce una vera e propria occasione di rilancio industriale per il Paese”, spiega Nicola Monti, amministratore delegato di Edison.

“L’Italia ha l’occasione – aggiunge – di essere protagonista, se da subito viene definito un piano industriale di medio-lungo periodo”. Sui tempi è il ministro Pichetto a fissare dei punti fermi. Per fine anno arriverà “l’analisi complessiva sul nucleare e su ciò che bisognerà introdurre come norma primaria che deve trasformarsi in disegno di legge”. I tempi li detterà il “parlamento, ma auspico che nel corso del 2025 che si possa chiudere quello che è il processo di valutazione normativa”. E sull’ipotesi di un nuovo referendum, “non faccio il mago di conseguenza la libertà di raccogliere firme e fare i referendum c’è”. In passato gli italiani si sono espressi su una “tecnologia di 60 anni fa, quella di prima e seconda generazione”, prosegue il ministro, ribandendo che “guardiamo al nuovo nucleare, che non prevede la costruzione di grandi centrali.

Pensiamo invece ai agli Small modular reactor e agli Advanced modular reactor”. In Italia c’è grande fermento tra i principali protagonisti del settore dell’energia per essere pronti ad affrontare la sfida del nuovo nucleare. Da mesi, infatti, sono stati siglati numerosi accordi di programma finalizzati allo ricerca ed allo sviluppo della tecnologia nucleare. Tra le ultime intese, ma solo in ordine di tempo, c’è quella tra Edison, Federacciai e Ansaldo Energia per decarbonizzare le acciaierie italiane. Per l’Italia si riapre una nuova “riflessione sul ruolo benefico che le nuove tecnologie nucleari disponibili o in via di sviluppo possono giocare nel mix energetico italiano”, spiega Daniela Gentile, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. Il nucleare di nuova generazione conta attualmente, a livello globale, oltre 80 progetti in via di sviluppo.

Nello sviluppo del nuovo nucleare, secondo l’analisi di Edison, Ansaldo Nucleare e Teha, l’Italia può contare su competenze lungo quasi tutta la catena di fornitura e su un sistema della ricerca all’avanguardia. Lo studio, inoltre, ha identificato 70 aziende italiane specializzate nel settore dell’energia nucleare che confermano una “forte resilienza di questo comparto a tre decenni dall’abbandono della produzione in Italia”. Il valore strettamente legato all’ambito nucleare generato dalle aziende di questa filiera si attesta nel 2022 a 457 milioni di euro, con circa 2.800 occupati sostenuti, e l’Italia che si posiziona quindicesima a livello globale e settimana in Ue-27 per export di reattori nucleari e componenti tra il 2018 e il 2022.

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