Collegati con noi

Cronache

Desirèe Mariottini fu drogata, violentata e lasciata morire. Restano in cella i 4 immigrati arrestati. È caccia al pusher delle pasticche (Marco) e altri due clandestini

Pubblicato

del

Forse Desirée poteva essere salvata.Quando era incosciente, stordita da droghe e psicofarmaci che le avevano fatto assumere, i suoi aguzzini hanno anche impedito i soccorsi.
“Meglio lei morta che noi in galera”  hanno gridato a chi voleva aiutarla.
Tra loro anche tre donne, un’italiana e due straniere tossiche che frequentavano abitualmente il palazzo degli orrori occupato di San Lorenzo. Le loro testimonianze, così come quelle degli altri pusher e tossici che trascorrono le giornate in quel luogo infernale, ricostruiscono quanto accaduto tra il 17 e il 19 ottobre. L’indagine sull’assassinio di Desireè non è che agli inizi.

Ci sono altri tre ricercati, persone che in qualche modo sono implicate nella morte della ragazzina di Cisterna di Latina . Uno è italiano.
Si chiama Marco, era il pusher delle pasticche nel palazzo. Proprio quelle – antiepilettici e antipsicotici – utilizzate per “privare Desirée di capacità di reazione” e dunque ridurla “a un mero oggetto di soddisfazione sessuale”, come scrive la giudice nell’ordinanza che lascia in galera i tre extracomunitari fermati a Roma con l’accusa di omicidio volontario e violenza sessuale pluriaggravate.
Gli altri due stranieri – tuttora in fuga – potrebbero aver partecipato allo stupro. È stato uno degli arrestati a fare i loro nomi e la polizia sta cercando di rintracciarli. Ma non è finita. Perché tra i testimoni c’è anche una straniera che ha ammesso di aver “rivestito e poi aiutato gli altri a spostare Desirée” quando era ormai in fin di vita o forse già morta. Dettagli di un orrore che appare senza fine.
Si torna dunque al 18 ottobre quando la 16enne, che è arrivata nel palazzo già il giorno prima, è in cerca di droga. Non ha soldi, si rivolge ai tre stranieri che già conosce. I racconti di chi c’era ricostruiscono quanto accade. Narcisa “dice di essere giunta intorno alle 13,10 con due uomini e di aver visto la ragazza insieme a Ibrahim (Brian Minteh, ndr) steso su un giaciglio dove è stato poi rinvenuto il corpo della ragazza, nonché Youssef (Yusif Saila, fermato venerdì a Foggia, ndr) e Sisco (Chima Alinno, ndr). Quest’ultimo era intento a fumare, Desirée gli aveva chiesto eroina perché era in crisi di astinenza, ma lui aveva rifiutato”. Poi riferisce quello che le ha detto Muriel, straniera di circa 35 anni. Scrive la gip: “Muriel ha raccontato che a Desirée è stato somministrato un mix di gocce, metadone, tranquillanti e pasticche. Poi è stata violentata da Paco e Youssef, io li ho visti”.
Racconta ancora Narcisa: «Il giorno dopo ho incontrato Paco e gli ho detto “sei un pezzo di m…, hai dato i farmaci a Desirée per poterla stuprare. Lui ha ammesso che avevano fatto sesso, mi ha detto che le aveva dato solo pasticche”.
È Muriel ad ammettere di aver rivestito Desirée quando non era più in grado di muoversi, probabilmente morta. Lo fa con una lucidità che lascia agghiacciati. Poi indica un altro componente del gruppo, ancora in fuga. Scrive la gip: “Muriel racconta di essere giunta nel palazzo alle ore 20 del 18 ottobre chiamata da un certo Hyten che le chiedeva di rivestire una ragazza mezza nuda all’interno del container. Aveva trovato Desirée nuda dalla vita in giù e aveva provveduto trovando nei pantaloni una boccetta di Tranquillit mezza vuota. Riferiva di aver ritenuto che fosse stata violentata in quanto aveva pensato che nel caso in cui avesse avuto un rapporto consenziente avrebbe provveduto a rivestirsi da sola e che prima dello stupro le erano stati fatti assumere Tranquillit e Metadone”.

Muriel racconta anche di aver visto “il Tranquillit qualche giorno prima nella disponibilità di tale Marco, italiano frequentatore del palazzo. Marco le aveva riferito che i medicinali erano psicofarmaci per sua madre, sostitutivi del Seroquel”. A confermare le sue dichiarazioni è Giovanna, una ragazza che sta spesso in quel complesso di San Lorenzo “che – come è scritto nell’ ordinanza – ha riferito come fosse possibile reperire qualsivoglia sostanza stupefacente o medicinale, precisando come gli psicofarmaci fossero procurati da Marco”. È proprio Giovanna, quando si accorge che Desirée è morta, a scagliarsi piangendo contro gli stupratori. Lo racconta Cheick, un altro testimone: “Piangeva e urlava. Diceva “voi l’ aveta uccisa, l’ avete violentata” rivolgendosi ai tre uomini presenti nel locale. Li chiamava per nome, Paco (Mamadou Gara, ndr), Sisco e Ibrahim”.
Sono gli stessi che impediscono a chiunque di aiutare la 16enne. Scrive la gip: “Sin dal pomeriggio del 18 ottobre, la ragazza manifesta lo stato di stordimento strumentalizzando il quale gli indagati abusano di lei. Ma esso si aggrava così da tramutarsi in una condizione di dormiveglia prima e incoscienza poi che viene immediatamente avvertita dai presenti allorché trasportano il corpo della ragazza dal container al capannone”.
Spiega ancora il giudice che “è in tale fase che Youssuf, Ibrahim e Sisco, che pure sono presenti, ridimensionano la gravità delle condizioni della ragazza e impediscono che vengano allertati i soccorsi, assumendo lucidamente la decisione di sacrificare la giovane vita per garantirsi l’ impunità o comunque qualsivoglia fastidioso controllo delle forze dell’ ordine”.
L’ ordinanza cautelare viene così motivata: “La pervicacia, la crudeltà e la disinvoltura con la quale i prevenuti hanno posto in essere le condotte contestate manifestano la sussistenza di un concreto e attuale pericolo di recidiva”. Inoltre, trattandosi di “tutti soggetti che hanno dimostrato una elevatissima pericolosità e irregolari sul territorio nazionale, rispetto al quale non presentano alcun tipo di legame familiare e lavorativo, si manifesta un altrettanto inteso pericolo di fuga, eludendo agevolmente qualsivoglia controllo”.

Advertisement

Cronache

Mai così tante famiglie operaie in povertà assoluta

Pubblicato

del

Essere o diventare poveri in Italia non è un’esperienza riservata a pochi. Nel 2023, con quasi 6 milioni di “poveri assoluti”, esattamente 5,69 milioni di residenti, si è toccato il record storico del numero di indigenti dal 2014, anno in cui si è cominciato a fare questo tipo di rilevazione. Dati alla mano, in Italia essere poveri è una condizione che riguarda più di una persona su dieci (10,6%), e i minori in condizioni di povertà sono arrivati a 1,29 milioni, anche questo un triste primato. La probabilità di essere povero aumenta ovviamente se si è disoccupati ma, meno ovviamente, aumenta anche se un lavoro ce l’hai e sei un operaio, un lavoratore dipendente, se vivi in una famiglia numerosa, se sei straniero e se vivi al Sud, benché anche al Nord stiano aumentando le famiglie in povertà.

Dal rapporto Istat, emerge che il disagio economico si aggrava per gli operai la cui quota in “povertà assoluta” è in continuo aumento. Le famiglie operaie in povertà nel 2023 hanno toccato il livello record di 16,5%, cioè un balzo di quasi due punti in più rispetto al 14,7% del 2022, stesso balzo anche per le famiglie operaie considerate in “povertà relativa” che passano dal 16,8% del 2022 al 18,6% del 2023. Il dato non stupisce considerando che la produzione industriale italiana ha segnato ad agosto il suo diciannovesimo mese di calo consecutivo mentre gli annunci di tagli, chiusure, cassa integrazioni, si susseguono con un bollettino senza tregua.

Ma la povertà inizia a erodere anche le categorie sociali considerate privilegiate. Nel 2023 sono aumentate le famiglie di “dirigenti, quadri e impiegati dipendenti” in “povertà assoluta”, passate dal 2,6% del 2022 al 2,8% del 2023 come quelle di “imprenditori e liberi professionisti” (da 1% all’1,7%). Migliora invece il tenore di vita delle famiglie di lavoratori autonomi: in questo segmento si registra una diminuzione delle famiglie in povertà assoluta che scendono dall’8,5% del 2022 al 6,8% del 2023. Meno prevedibile, e per questo più preoccupante, è l’aumento della povertà riscontrata nelle regioni del Nord Italia. Se l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si mantiene ancora più alta nel Mezzogiorno, dove coinvolge oltre 859mila famiglie cioè più del doppio delle famiglie in povertà assoluta nel Nord-Est (413mila), al Nord e al Centro la fetta di famiglie in povertà assoluta è in aumento: rispettivamente al Nord dal 42,9% del 2022 al 45,0% e al Centro dal 15,6% al 16,2%.

Mentre nel Mezzogiorno la percentuale diminuisce dal 41,4% al 38,7%. Stesse dinamiche si riscontrano nelle famiglie in “povertà relativa”. Nel report l’Istat segnala un “aumento dell’intensità in tutto il Nord (sia nel Nord-est che nel Nord-ovest, dove è pari a 19,4% e 19,9%, rispettivamente), e al Centro (20,2%), mentre il Mezzogiorno segnala una riduzione che porta i valori dell’intensità al 20,9%”. Viene considerata dall’Istat in “povertà relativa” una famiglia di due persone che abbia una spesa per consumi pari o al di sotto la soglia mensile di 1.210,89 euro. Se la famiglia è di quattro persone la soglia sale a 1.973,75 euro. Mentre viene considerato in “povertà assoluta” un single di 30-59 anni che vive nell’area metropolitana della Lombardia e spende 1.217,10 euro al mese, o se vive in Sicilia spende 756,16 euro al mese.

Continua a leggere

Cronache

Uccide la zia nel negozio e si barrica in casa

Pubblicato

del

Un’altra donna vittima di violenza, stavolta vicino a Firenze dove un giovane ha ucciso la zia nel negozio e poi, ancora armato, si è fatto arrestare dai carabinieri nell’orto. La vittima è Laura Frosecchi, 54 anni, sposata, due figli. Le ha sparato il nipote Mattia, 22 anni, disoccupato, stamani a Chiesanuova (Firenze), un paese di collina poco distante dalla città. Una cliente andata a fare la spesa ha trovato la vittima in una pozza di sangue, ha chiamato soccorso e una parente ha dato l’allarme al 118. Intanto il presunto omicida, fuggito verso la sua abitazione che è appena al di là della stessa strada, la provinciale Volterrana, ha contattato più o meno negli stessi momenti per telefono in un forte stato di agitazione i carabinieri di San Casciano Val di Pesa, che lo hanno riconosciuto e hanno avvisato il comando in città.

Per la donna, che lavorava col marito Stefano nell’alimentari di famiglia, un panificio ben avviato, i sanitari del 118 hanno subito constatato la morte. Invece, la presenza di una persona armata nel paese ha fatto scattare un piano di emergenza per isolare parte dell’abitato e cercare il colpevole. Sono stati inviati a Chiesanuova carabinieri protetti da caschi e giubbotti antiproiettile pronti per un’irruzione. In forze hanno raggiunto la casa del 22enne che con la pistola poteva diventare pericoloso per gli altri e per sé. Si era nascosto nel terreno retrostante, in un orto e qui lo hanno trovato dopo una prolungata trattativa. Grazie all’intervento di un negoziatore dell’Arma lo hanno convinto a consegnarsi. L’intervento, spiegano i carabinieri, è stato tale da “farlo desistere da ogni ulteriore iniziativa, anche autolesionistica”. La pistola è stata sequestrata, lui è stato portato in caserma a Firenze.

Quando l’auto con il fermato a bordo è transitata davanti al gruppo di residenti, sbigottiti per l’accaduto, alcuni lo hanno offeso. Un parente della vittima ha urlato “Sei un pezzo di m…’. Laura Frosecchi lavorava nell’alimentari dei suoceri, gestendolo insieme al marito Stefano. Il suo omicidio è un fatto eclatante per zone solitamente esenti da fatti di sangue. Subito tra i residenti è girata la voce che le avesse sparato il nipote, qualcuno lo avrebbe visto mentre si allontanava dal negozio. Secondo gli abitanti il 22enne girava armato di pistola e sarebbe coinvolto in “brutti giri”, pure il parroco è a conoscenza del fatto che aveva “difficoltà”. Le ricostruzioni sono in corso, a partire dal motivo per cui avrebbe ucciso la zia.

Continua a leggere

Cronache

Carabiniere ucciso nel 1987, Corte d’Assise vuole perizia fonica

Pubblicato

del

Nella tarda mattinata la Corte d’Assise d’appello di Bologna ha dato incarico per una perizia fonica sulla voce del telefonista che da una cabina del litorale ferrarese ai familiari chiese il riscatto di 300 milioni di lire per la liberazione di Pier Paolo Minguzzi, 21enne studente universitario di Alfonsine (Ravenna), figlio di imprenditori dell’ortofrutta e carabiniere di leva a Bosco Mesola, nel Ferrarese, rapito e subito ucciso nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1987 mentre, in un periodo di licenza pasquale, rincasava dopo avere riaccompagnato la fidanzata. I suoi aguzzini infine lo gettarono nel Po di Volano da dove il corpo riaffiorò l’uno maggio successivo. In totale sono tre gli imputati: tutti assolti in primo grado il 22 giugno 2022, dopo poco più di un’ora di camera di consiglio a fronte di altrettante richieste di ergastolo, per non avere commesso il fatto.

Si tratta di due ex carabinieri al tempo in servizio alla caserma di Alfonsine: il 59enne Angelo del Dotto di Ascoli Piceno (avvocato Gianluca Silenzi) e il 58enne Orazio Tasca, originario di Gela (Caltanissetta) ma da anni residente a Pavia (avvocato Luca Orsini). E dell’idraulico del paese: il 67enne Alfredo Tarroni (avvocato Andrea Maestri). Parte civile, oltre ai familiari del defunto, figura il nuovo sindacato carabinieri (Nsc) con l’avvocato Maria Grazia Russo. In particolare la Corte bolognese vuole capire se chi aveva realizzato le telefonate estorsive alla famiglia Minguzzi, possa o meno essere identificabile in Tasca attraverso la comparazione delle registrazioni della voce dell’imputato provenienti dal processo per la tentata estorsione, sempre da 300 mila euro, a un altro imprenditore ortofrutticolo della zona, Contarini.

La Corte ha in particolare chiesto espressamente di indicare quali siano i criteri che i periti utilizzeranno. Il nuovo presidente della Corte, il giudice Domenico Stigliano, ha invitato i periti e i consulenti di parte alla massima collaborazione e lealtà al fine di raggiungere il fine ultimo comune a tutti: che è quello del perseguimento della verità. Le operazioni inizieranno il 4 novembre, data entro la quale anche Nsc avrà facoltà di nominare propri consulenti tecnici. I periti individuati dalla Corte sono l’ingegnere informatico Sebastiano Battiato (università di Catania) e la professoressa Chiara Meluzzi (università statale di Milano), linguista.

La scelta di quest’ultima è stata dettata dalla volontà della Corte di esplorare anche la possibile individuazione del dialetto di provenienza dell’estorsore, già indicata, genericamente nelle perizie di primo grado, in quella siciliana. Il termine per il deposito della perizia è di giorni 90. L’udienza per l’esame dei periti è stata fissata per il 10 febbraio. Ulteriore udienza istruttoria è stata fissata per il 17 febbraio. Nelle motivazioni di assoluzione, l’allora presidente della Corte d’Assise di Ravenna, il giudice Michele Leoni oggi in pensione, aveva scritto che si era trattato di “un omicidio di stampo mafioso”, un “classico esempio di lupara bianca”.

Tanto che l’eliminazione del ragazzo “avvenne con un rituale simbolico e tipico delle vicende di mafia”. E in quanto al riscatto, la spiegazione poteva celarsi dietro alla volontà di “infliggere alla famiglia un ulteriore pregiudizio” o a mero sciacallaggio. Di sicuro chi aveva rapito Minguzzi, aveva continuato per tutti il tempo a chiedere il riscatto ben sapendo che il ragazzo fosse già morto. Durante il processo di primo grado, il consulente nominato dal pm Marilù Gattelli, l’ingegnere Sergio Civino, era giunto alla conclusione di una forte corrispondenza tra la voce del telefonista e quella di Tasca. Il perito nominato dalla Corte d’Assise, il professor Luciano Romito, si era invece espresso escludendo categoricamente Tasca.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto