“IO SONO”, storie di vita vissuta, storie di un passato recente, storie di un presente da costruire, storie di fughe e storie di riscatto, storie raccontate con la fotografia.
IO SONO è la mostra fotografica di Luisa Menazzi Moretti che si tiene al PAN (Palazzo delle Arti di Napoli) fino al 23 Novembre 2018.
Venti ritratti fotografici di grandi dimensioni di rifugiati e richiedenti asilo, sbarcati in Italia, affiancati da testi che ne raccontano le drammatiche storie personali, raccolte dalla stessa artista, che per mesi li ha incontrati e ascoltati nei centri italiani dove oggi risiedono.
Sono venti ritratti dove i protagonisti posano con oggetti per loro particolarmente evocativi.
Scelti dagli stessi soggetti fotografati, oggetti che raccontano più delle parole di corredo alle foto, la loro storia, dal sasso dipinto di Muhamed, sfuggito alla lapidazione, alla candelina azzura di Joy, che celebra il primo compleanno di suo figlio, salvando il suo piccolo dalla persecuzione di Boko Haram, ad un curriculum vitae che assicuri una vita diversa fino alla Bibbia negata in passato ad Ariam.
Venti foto, venti storie raccontate in fotografia e con un testo che accompagna i ritratti dei rifugiati e richiedenti asilo che che Luisa Menazzi Moretti per mesi ha incontrato e ascoltato nei centri italiani dove oggi risiedono.
Afghanistan, Pakistan, Siria, Nepal, Libia, Gambia, Nigeria, Senegal, Egitto, Congo, Mali, Costa d’Avorio, Eritrea ed Etiopia: vengono da diverse parti del mondo i protagonisti di questo lavoro realizzato nel 2017, che ha coinvolto le persone accolte nei progetti SPRAR della Basilicat
“Ho incontrato persone arrivate nel nostro Paese alla ricerca di una vita migliore – spiega Luisa Menazzi Moretti – Insieme a moltissime altre sbarcano e si confondono nell’indistinto afflusso di uomini e donne senza volto e senza storia. Non sappiamo nulla di loro. Da dove vengono, chi sono? Li vediamo da lontano. In televisione, su internet, paiono tutti uguali”.
“E’ difficile riuscire a concepire il loro essere innanzitutto individui prima che migranti” – l’autrice aggiunge – “Le persone che ho incontrato in Basilicata, grazie al lavoro svolto dagli operatori sociali, sono state messe nella condizione di poter costruire per sé stessi e con le comunità locali, una nuova vita”.
A Luisa chiediamo ora la storia del perché ha voluto cosi fortemente affrontare questo progetto fotografico e la risposta è come le sue foto, asciutte, precise, dirette: “ ho affrontato questo progetto per curiosità, curiosità non politica, il motivo è stato proprio il voler toccare con mano e conoscere le loro vite e le loro ragioni, per capire da dove arrivava un pezzo di storia e di futuro che ci riguarda, non posso non immaginare che i miei figli, i miei nipoti e tutte le generazioni future non abbiano rapporti, contatti, vite comuni con chi arriva da lontano e vive con noi.
Si sposeranno, avranno figli, ci saranno storie d’amore e di amicizia, è inevitabile, checché se ne dica e si pensi, qualsiasi sia l’accoglienza che riusciremo ad offrire.
Questa e la ragione che mi ha convinto, il capire come sono accolti e come dovrebbero esserlo.
La mostra, promossa dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, è stata prodotta da Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata, Cooperativa Sociale il Sicomoro e Arci Basilicata