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Cronache

L’ironia un po’ volgare della signorina De Mita su sequestro e presunta maternità di Silvia Romano

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La discussione si sviluppa su Facebook. L’argomento è la liberazione della cooperante italiana, Silvia Romano: è stato pagato un riscatto? È una chiacchierata tra amici che discettano sul fatto che pagare i sequestratori di un italiano all’estero potrebbe anche alimentare un mercato del sequestro di persona a scopo di estorsione. Qualcuno ricorda pure che in Italia c’è il blocco dei beni delle famiglie dei sequestrati e che Aldo Moro fu ucciso perché lo Stato non volle pagare il riscatto. Il riscatto doveva essere non in denaro ma la scarcerazione di terroristi delle Br. Insomma l’oggetto del post pubblicato da Umberto De Gregorio, un dirigente del Pd che oggi dirige anche l’Eav, la Holding del trasporto pubblico locale della Regione Campania, è il sequestro di Silvia Romano e il riscatto pagato.

Silvia Romano. L’abbraccio con il papà e la mamma

Fino a quando non entra nella discussione una donna. Lei si chiama Antonia De Mita. Che cosa ha da dire questa donna in una discussione ove i partecipanti misurano le loro idee sul sequestro e sul presunto riscatto pagato per la liberazione di Silvia Romano?
La sígnora Antonia De Mita scrive che “l’unica cosa che osservo è che la signora torna , convertita, scelta sua indiscutibile, ma incinta, rapita da non so quando, ‘non ho mai visto i rapitori in faccia’ quindi è il secondo caso dopo Betlemme? Lo Spirito Santo si impone…”. Per chi è cattolico le argomentazioni della signora De Mita intorno alla maternità di Maria sono talmente penose che te l’aspetti da un maschietto un po’ troglodita, certo non da una donna che possiede il dono di essere mamma, non di doverlo essere. Per chi è donna, come Silvia Romano, non deve essere facile sentirsi riversare addosso qualunque insulsaggine da haters (odiatori) dei social che si nascondono spesso dietro profili fake (falsi). Ma se a pontificare sulla presunta gravidanza di Silvia Romano è una donna, il disgusto è maggiore.
La sígnora Antonia De Mita gioca con le parole, gioca sulla conversione all’Islam di una donna sequestrata e tenuta ostaggio per due anni da criminali comuni kenioti prima e da terrositi di Al Shabab poi. Ma non contenta di ironizzare su una donna che ora è all’acme del suo dramma interiore, entra nella sua carne viva. La sígnora Antonia De Mita assume come vera la presunta maternità di Silvia Romano e la fa risalire all’intervento dello spirito santo come avvenne per Maria. Questa presunta ironia arriva da tale Antonia De Mita. Fai due conti, guardi un po’ di cose, riordini un po’ di appunti di articoli scritti e ti accorgi chi è questa sígnora frequentatrice di Facebook, che pubblica bandiere italiane, il Torrino del Quirinale, i saloni interni del Quirinale, scie tricolori delle Frecce Tricolori. Questa signora in poche  righe su Facebook è riuscita a dare fondo ai più retrivi e penosi argomenti da cantina sociale dove maschietti un po’ alticci dopo aver alzato il gomito si raccontano. La signora De Mita, meglio nota come Antonia dalle parti dell’alta borghesia dell’Alta Irpinia, è figlia del signor presidente Ciriaco De Mita, intellettuale della Magna Grecia oggi sindaco di Nusco. Perché questa donna è così smaccatamente volgare verso un’altra donna segnata da una tragedia? E perchè lo fa in un momento così delicato per Silvia Romano? E dire che questa sígnora De Mita (che nella vita si è costruita tutto quello che ha senza che nulla abbia fatto papà!) dovrebbe fare più attenzione alle sue esternazioni. Anche perché se è vero che ha un bel contratto di consulenza con l’uffico stampa del Quirinale (che ha incassato sicuramente a seguito di un bando dove hanno privilegiato competenza, sobrietà e costi non eccessivi), dovrebbe evitare queste esternazioni da cantina sociale. Non f0ss’altro perchè si mette in luce negativa e magari qualcuno vuol capire chi, come, dove, quando e perchè il nome di questa signora è associato alla Comunicazione del Quirinale. Anche se, a dire il vero,  a noi pare quasi impossibile che il Quirinale paghi la signora De Mita.

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Cronache

Polizia scopre nel Milanese l’arsenale della Curva Nord

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Un deposito di armi, che si reputa possa essere l’arsenale della Curva nord interista, è stato scoperto dalla Polizia a Cambiago, nel Milanese. In un capannone, indagando su un ultras che sarebbe legato ad Andrea Beretta, l’ultrà nerazzurro in carcere per l’omicidio di Antonio Bellocco, altro capo della Curva, sono stati sequestrati pistole, kalashnikov, bombe a mano e molti proiettili.

Secondo quanto si apprende, all’arsenale gli investigatori milanesi sono giunti la scorsa notte, seguendo la traccia di una proprietà immobiliare di Beretta che però era nella disponibilità di una altra persona, un ultras a lui vicino.

La questura di Milano non commenta, non conferma e non smentisce le notizie relative all’operazione di Polizia che ha portato alla scoperta di un arsenale in un deposito nel Milanese che sarebbe riconducibile alla Curva Nord nerazzurra.

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Cronache

“Bomba Sinner”: un’invenzione giornalistica che alimenta il mito dei botti illegali

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La “bomba Sinner”, il nuovo ordigno di Capodanno sequestrato dai carabinieri in un appartamento di Pozzuoli, è solo l’ultima trovata di un fenomeno mediatico e sociale che va ben oltre la cronaca. Il nome, che richiama il tennista altoatesino Jannik Sinner, si unisce alla lunga lista di fuochi d’artificio illegali battezzati con appellativi accattivanti come “Maradona”, “Scudetto” o “Kvara”. Ma mentre questo genere di denominazioni richiama una sorta di “marketing” dei botti, è impossibile non notare come perpetui luoghi comuni pericolosi e pregiudizi su Napoli e il suo rapporto con l’illegalità.

La realtà dietro la “bomba Sinner”

Il nome non ha nulla a che vedere con il campione di tennis, ma sfrutta l’immaginario di esplosività associata al suo talento sportivo. La realtà, però, è ben diversa: si tratta di un ordigno pericoloso e illegale, capace di causare mutilazioni o peggio. L’ordigno, insieme ad altri 486 petardi illegali, è stato sequestrato dai carabinieri nell’abitazione di un 24enne incensurato a Pozzuoli, trasformata in una vera santabarbara. Materiale esplosivo per un totale di 50 chili era conservato in condizioni precarie, mettendo a rischio non solo l’incolumità del giovane, ma anche quella dei suoi vicini.

Un marketing pericoloso e la complicità dei media

La “bomba Sinner” e altri ordigni illegali sono promossi su piattaforme come Telegram, TikTok e Instagram, dove la vendita e distribuzione si sviluppano con logiche da e-commerce. I nomi accattivanti, però, non sono solo una trovata degli stessi produttori, ma trovano amplificazione nei media, che trasformano questi episodi in sensazionalismo, anziché sottolinearne i rischi. È qui che si insinua una responsabilità più ampia: invece di denunciare con forza il pericolo dei botti illegali, si finisce per rafforzarne la “fama”, perpetuando un’attrazione malsana verso questi prodotti.

Il perpetuarsi dei pregiudizi su Napoli

La narrazione che emerge da episodi come quello della “bomba Sinner” alimenta stereotipi radicati su Napoli e la Campania come luoghi di illegalità e anarchia diffusa. I nomi dei botti – da Maradona a Kvara – sono spesso legati a simboli locali, trasformando un problema grave in un racconto folkloristico che fa leva su luoghi comuni. In realtà, Napoli è una città con un tessuto sociale e culturale straordinario, che spesso lotta contro queste narrazioni riduttive. Collegare automaticamente l’illegalità a simboli della cultura partenopea non fa che danneggiare l’immagine di un territorio già troppo spesso vittima di pregiudizi.

Un problema nazionale, non locale

È importante sottolineare che il fenomeno dei botti illegali non è un problema esclusivamente napoletano. Gli ordigni sequestrati a Pozzuoli erano destinati anche al mercato tedesco, dimostrando che si tratta di un commercio organizzato su scala ben più ampia. Ridurre la questione a un “problema di Napoli” non solo ignora la complessità del fenomeno, ma ostacola una reale presa di coscienza e interventi efficaci.

L’urgenza di un cambiamento culturale

Il fenomeno dei botti illegali rappresenta un rischio concreto per la sicurezza pubblica e un problema culturale. Ogni anno, questi ordigni causano gravi ferite, amputazioni e persino vittime. Serve un cambio di paradigma: da una narrazione che esalta nomi e appellativi dei botti, si deve passare a una comunicazione che ne evidenzi i pericoli, senza alimentare inutili sensazionalismi.

La “bomba Sinner” non è solo un ordigno pericoloso: è un simbolo di come il sensazionalismo e la superficialità possano alimentare pregiudizi e ignorare il vero problema. Napoli merita una narrazione diversa, che metta in evidenza la lotta quotidiana di tanti cittadini contro l’illegalità, piuttosto che ridurla a un cliché. Allo stesso tempo, occorre un impegno collettivo per contrastare la produzione e la diffusione di fuochi illegali, puntando su una cultura della sicurezza e della responsabilità.

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Rischio disagi nel weekend per lo sciopero dei treni

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Treni a rischio per chi viaggia nel weekend. Scatta stasera alle 21 lo sciopero nazionale di 24 ore nel trasporto ferroviario, fino alla stessa ora di domenica, proclamato dai sindacati autonomi. La protesta coinvolgerà “tutto il personale delle aziende che operano nel settore ferroviario”, informa il sindacato di base Usb e quindi Fs, Italo e Trenord. Fs già da ieri ha avvertito che “lo sciopero potrebbe avere un impatto significativo sulla circolazione ferroviaria e comportare cancellazioni totali e parziali di Frecce, Intercity e treni del Regionale di Trenitalia”, con gli effetti, in termini di cancellazioni e ritardi, che “potranno verificarsi anche prima e protrarsi oltre l’orario di termine della protesta sindacale”. Il gruppo invita, quindi, i passeggeri “a informarsi prima di recarsi in stazione e, se possibile, a riprogrammare il viaggio”.

L’agitazione di questo weekend “si colloca dentro la vertenza per il rinnovo contrattuale nazionale delle attività Ferroviarie, portato avanti da un fronte ampio di sigle di base” spiega l’Usb. Ma dopo questo stop i treni non saranno coinvolti dallo sciopero generale di Cgil e Uil in programma venerdì 29 novembre. A parte il trasporto ferroviario, lo sciopero coinvolgerà, infatti, tutto il resto del personale dei trasporti: aereo, marittimo, bus, tram, filobus. Sullo sciopero generale indetto dalla Cgil e dalla Uil per il 29 novembre “abbiamo rispettato tutte le norme e le leggi che ci sono”, ripete intanto il leader della Cgil, Maurizio Landini, a margine della tappa di Bologna della terza marcia mondiale per la pace.

“Invito tutti i lavoratori a esserci”, è l’appello del segretario generale, che spiega come si sia deciso di “esentare i ferrovieri semplicemente perché c’è uno sciopero già oggi e domani, quindi non era possibile proclamarlo e abbiamo rispettato quella regola. Per il resto, abbiamo rispettato le norme e le leggi che ci sono”. “Ai lavoratori di tutte le altre categorie e settori chiediamo di partecipare, perché la condizione che ci ha portato allo sciopero parte da cose molto precise. Landini il 29 sarà alla manifestazione a Bologna. Nella stessa giornata il leader della Uil, Pierpaolo Bombardieri, sarà invece a Napoli.

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