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Tutti con Maresca, pm sotto attacco perchè vuole i boss mafiosi in carcere

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In Italia nelle ultime settimane 83 fra mafiosi, camorristi ed ‘ndranghetisti, ristretti in regime di 41 bis e Alta Sicurezza, hanno lasciato le patrie galere dopo aver ottenuto la concessione della detenzione domiciliare. Una notizia che è passata quasi in sordina, come se fosse un evento normale. Fra questi anche nomi altisonanti, come quello di Pasquale Zagaria, fratello del boss dei Casalesi Michele Zagaria. A fare da apripista era stato Francesco Bonura, influente mafioso siciliano, capomandamento e uomo fidato di Bernardo Provenzano. Negli ultimi giorni ci aveva provato anche Raffaele Cutolo, fondatore e capo della Nuova Camorra Organizzata; la sua richiesta di scarcerazione con differimento della pena è stata però respinta. 

A scatenare tutto ciò una circolare del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) emanata lo scorso 21 marzo e indirizzata ai direttori dei penitenziari. Con questa circolare, si prescrive ai direttori di richiedere al giudice la scarcerazione per i detenuti affetti da una serie di patologie, ritenute incompatibili con il regime carcerario ai tempi del Covid-19. La circolare aveva fatto seguito alle misure svuota carceri contenute nel decreto Cura Italia, approvato quattro giorni prima. 

Adesso il guardasigilli Alfonso Bonafede cerca di contenere i danni e ci mette una pezza. Ma arriva tardi. Il ministro della giustizia propone una serie di norme che vincolerebbero la concessione degli arresti domiciliari ai condannati al 41 bis al parere della Direzione nazionale antimafia e delle procure distrettuali. 

Sulla stessa lunghezza d’onda anche la Scuola di Formazione Antonino Caponnetto, che nelle ultime ore ha lanciato una petizione sulla piattaforma change.org, indirizzandola alle più alte cariche dello Stato: “Interrompiamo le scarcerazioni facili e la detenzione domiciliare dei boss mafiosi”. “I boss che tornano nelle loro case diventano simbolo della sconfitta dello Stato e della stessa organizzazione carceraria e sanitaria, riacquistano autorevolezza e controllo mafioso del territorio”, si legge nella descrizione. “Chiediamo che venga ritirata la circolare del D.A.P. del 21 marzo 2020 e che i provvedimenti carcerari relativi ai detenuti al 41 bis ed in generale ai capi mafiosi siano obbligatoriamente sottoposti al vaglio di più soggetti istituzionali: i Tribunali di Sorveglianza, la Procura Nazionale Antimafia e le singole Direzioni Distrettuali Antimafia, applicando quanto previsto dall’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario.

Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il ministro Bonafede con il capo del Dap Basentini, la crisi delle carceri ha messo a dura prova anche i rapporti personali tra i due

Fra i magistrati che hanno tempestivamente denunciato l’inadeguatezza dello svuota carceri, spesso anticipando ciò che poi si è puntualmente verificato, figurano i pm Catello Maresca e Nicola Gratteri, scortati da anni per il preziosissimo contributo fornito nella lotta alle mafie. Il dottor Maresca, a più riprese anche con editoriali sulle pagine di Juorno, aveva sottolineato come le misure svuota carceri, arrivate a pochi giorni dalle rivolte che avevano messo a ferro e fuoco i penitenziari italiani, lungi dal risolvere il problema del sovraffollamento, mostrassero uno Stato debole, che presta il fianco alle mafie e scende a compromessi con la criminalità organizzata.

Procuratore Gratteri. Anche per lui minacce e insulti nella rete

Il diritto alla salute dei detenuti andava garantito intervenendo sull’organizzazione delle carceri, senza compromettere gravemente l’altrettanto sacrosanto principio della certezza della pena.

“Dal carcere sono usciti pericolosi boss, contribuendo a rafforzare le organizzazioni mafiose sul territorio. Si stanno perdendo anni e anni di lotta al crimine organizzato in questo Paese. I magistrati in alcuni casi hanno le mani legate, sono costretti a scarcerare i detenuti per tutelare la loro salute; salute che dovrebbe essere tutelata invece all’interno del circuito carcerario”, aveva commentato su Juorno il sostituto procuratore generale Maresca.

Maresca aveva altresì sottolineato l’anomalia della procedura introdotta dalla nefasta circolare del Dap: la scarcerazione di solito può essere richiesta dall’imputato o dal pubblico ministero, non certo dal direttore del carcere, ancora meno dal Dap, un organo amministrativo.

Per aver espresso in maniera tecnica ed argomentata queste legittime perplessità, Maresca e Gratteri sono stati subissati di insulti, volgarità ed attacchi personali sui social network. Alcuni gruppi Facebook, apparentemente a sostegno dei diritti dei detenuti, hanno veicolato squallidi messaggi di violenza verbale nei confronti di due servitori dello Stato, uomini con un senso altissimo delle istituzioni.

Ancora, Maresca, invitato in tv domenica sera a “Non è l’Arena”, s’era sentito dire di non “conoscere le leggi” da Francesco Basentini, capo del Dap e responsabile del disastro annunciato della circolare. Maresca aveva solo chiesto a Basentini come mai Pasquale Zagaria non fosse stato trasferito in una struttura idonea per ricevere le cure, denunciando in tal modo la totale mancanza di progettualità messa in campo dal Dap per affrontare le criticità di salute dei mafiosi.  

Napoli. Il carcere di Poggioreale Ph. Mario Laporta Ag. Controluce / ITALY – Poggioreale jail in Naples.

Non sono mancati momenti di sconforto, per un magistrato che negli ultimi due mesi non ha mai smesso di lanciare l’allarme, spesso da solo e nel silenzio generale. “Ho fatto questa battaglia anche per troppo tempo, e ci ho messo il cuore. Ma stavolta ho perso. Sono stato lasciato solo. Minacciato e bistrattato da quattro ignoranti filomafiosi. Mi ha confortato solo la vicinanza e la solidarietà della gente perbene. Ma il palazzo è sordo”, scriveva Maresca pochi giorni fa su Juorno.

E anche in queste ultime ore, la gente perbene ha inondato il magistrato con messaggi di affetto e di sincera stima per il suo instancabile lavoro. Anche gli ordini professionali gli si mostrano solidali; fra questi l’UNGDCEC (Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili), che in un comunicato giudica la scarcerazione dei boss “una dolora umiliazione nei confronti di un Paese che da anni combatte questi personaggi (…). Un’offesa insanabile verso chi ha lottato per l’arresto e la condanna di questi criminali”. E tagga sui social Catello Maresca.

Secondigliano, Italia – 20 aprile 2012 – Il centro Penitenziario di Secondigliano Ph. Carlo Hermann Ag. Controluce
ITALY – Secondigliano’s jail in Secondigliano on April 20,2012.

Antonio Parisi, Presidente Nazionale di Unimpresa Nazionale Opere Sociali, ci tiene ad esprimere “apprezzamento e solidarietà indiscussa senza se e senza ma al Sostituto Procuratore Dottor Catello Maresca, in ordine alle sue dichiarazioni sulla assoluta inopportunità delle scarcerazioni di detenuti ristretti ai sensi dell’articolo 41bis”. 

Il gruppo Facebook “Noi siamo con Catello Maresca”, ha raggiunto quota di quasi 800 membri in appena 24 ore. “La luce in fondo al tunnel è rappresentata da persone come Catello Maresca – si legge in un post sul gruppo -, che ha raccolto gli insegnamenti di Falcone e Borsellino, proseguendo la loro battaglia in favore della giustizia”.

“Le vittime di mafia non tornano a casa • Flash mob virtuale” è un altro gruppo Facebook che difende a spada tratta il pm minacciato e insultato per le sue posizioni nette sulle scarcerazioni dei boss.

Infine ma non  per ultimo ci sono gli attestati di stima e di solidarietà a Maresca arrivati da ampi settori del Parlamento (decine di parlamentatri di ogni schieramento) e della magistratura. Tra questi c’è la solidarietà di un altro pm antimafia, Nino Di Matteo, oggi membro del Csm.

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Avellino, una donna e i suoi figli tratti in salvo da Polizia e Vigili del fuoco

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Ad Avellino l’intervento congiunto dei Vigili del Fuoco e della Polizia di Stato hanno portato al salvataggio di una donna e dei suoi figli da una situazione critica.

Il delicato intervento si è svolto ad Avellino, in via Circumvallazione, dove i Vigili del Fuoco sono intervenuti su richiesta della Polizia di Stato per affrontare una grave situazione di emergenza familiare. Un uomo, armato di coltello, minacciava la sua compagna, una donna di origini senegalesi, e i loro tre figli: due bambine e un maschietto.

La donna, temendo per la propria vita e quella dei suoi figli, si era rifugiata in una stanza chiusa a chiave. In cerca di aiuto, aveva portato i bambini sul balcone, attirando così l’attenzione delle forze dell’ordine e dei soccorritori. La tempestività dei Vigili del Fuoco, intervenuti con un’autoscala, ha permesso di mettere subito in salvo le due bambine, che sono state portate in un luogo sicuro.

Mentre l’operazione di soccorso continuava per raggiungere la madre e il figlio, l’uomo è riuscito a sfondare la porta della stanza, aumentando ulteriormente il rischio per i presenti. È stato in quel momento che gli agenti della Polizia di Stato, già sul posto, sono intervenuti con prontezza, riuscendo a bloccare e neutralizzare l’aggressore prima che potesse ferire qualcuno.

Completata la messa in sicurezza dell’uomo, i Vigili del Fuoco hanno riportato le bambine al fianco della madre, concludendo con successo l’intervento. Nessuno tra i coinvolti ha riportato ferite, e la donna e i suoi figli sono stati affidati alle cure dei servizi sociali per il supporto necessario.

 

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Il mercato dei cimeli: una ciocca di capelli di Diego Maradona all’asta per 50mila euro

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Il mercato dei cimeli legati alle grandi leggende del passato non smette di stupire, e anche Diego Armando Maradona ne è protagonista. Tra ciocche di capelli, maglie storiche e pezzi unici, la passione per il Pibe de Oro continua a ispirare collezionisti e fan in tutto il mondo.

Capelli da record: Elvis Presley e Maradona

Il mercato delle ciocche di capelli ha visto protagonisti nomi leggendari, come Elvis Presley, la cui ciocca fu venduta nel 2002 per la cifra record di 100mila euro. Ora è il turno di Maradona: il 15 dicembre, la casa d’aste Aguttes di Parigimetterà in vendita una ciocca dei capelli del campione, tagliata nel 2018 a Dubai quando allenava il Fujairah. La ciocca è custodita da Stefano Ceci, assistente e amico di Maradona, ed è stimata tra i 35mila e i 50mila euro. «L’ho conservata e ora la propongo per beneficenza», spiega Ceci, che gestisce anche i diritti d’immagine di Diego.

La maglia della Mano de Dios

Tra i pezzi pregiati messi all’asta, spicca una maglia commemorativa della Nazionale argentina, realizzata nel 2006 per celebrare i 20 anni dal trionfo ai Mondiali di Città del Messico del 1986. Sul retro, la maglia reca l’autografo di Maradona e l’impronta in oro della sua mano sinistra, simbolo del celebre gol contro l’Inghilterra, la “Mano de Dios”. Stimata tra i 40mila e gli 80mila euro, è accompagnata da un video che documenta Diego mentre lascia la sua impronta.

Cimeli contesi e maglie milionarie

Il mercato dei cimeli di Maradona ha visto altre aste straordinarie. Nel 2022, Sotheby’s ha venduto per 8,8 milioni di eurola maglia indossata da Maradona contro l’Inghilterra, il pezzo sportivo più costoso mai venduto. Altrettanto clamoroso è stato il caso del Pallone d’Oro “non ufficiale” ricevuto da Maradona nel 1986, finito all’asta da Aguttes. Tuttavia, la vendita fu bloccata dagli eredi del campione e dalle autorità per indagare sul sospetto percorso che il trofeo aveva seguito.

Iniziative a Napoli per ricordare Diego

Napoli, città che con Maradona ha un legame unico e profondo, si prepara a commemorare il Pibe de Oro con una serie di eventi in occasione del quarto anniversario della sua scomparsa. Tra questi:

  • Una partita a Scampia tra gli amici di Ciro Esposito e i tifosi del Boca Juniors.
  • Un “murale umano” organizzato all’Edenlandia.
  • Fiaccolate davanti allo Stadio Maradona e al murale nei Quartieri Spagnoli.
  • Selfie con Dieguito, il pupazzo dedicato al campione, in piazza Plebiscito.

Il legame di Maradona con il popolo

Diego era ben consapevole dell’impatto che aveva sui suoi tifosi. Quarant’anni fa, Napoli fu invasa da bancarelle che vendevano parrucche ispirate ai suoi capelli. «Se queste persone vivono grazie a me, io ne sono felice, perché sono stato povero come loro», diceva Maradona, con il sorriso che lo ha reso eterno nei cuori dei napoletani.

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Meloni stoppa Salvini ma avverte, Israele non come Hamas

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Discutere della sentenza della Corte penale internazionale sull’arresto di Benjamin Netanyahu al tavolo del G7 e provare a concertare assieme agli alleati una linea comune. Nelle stesse ore in cui 4 soldati italiani restano feriti nella base Unifil in Libano dopo un lancio di missili di Hezbollah, il governo cerca di gestire il nodo della decisione dell’Aja sul leader israeliano – e sul suo ex ministro della Difesa Gallant – coinvolgendo i partner europei e occidentali. E’ l’input che Giorgia Meloni affida ad Antonio Tajani (che tra l’altro rivendica su questi temi il ruolo di palazzo Chigi e della Farnesina) dopo le divisioni emerse nell’esecutivo che di certo non le avranno fatto piacere, anzi.

Le fughe in avanti dei ministri irritano palazzo Chigi che, invece, sui dossier delicati vorrebbe che il governo si esprimesse con un’unica voce. Ecco perchè di fronte al susseguirsi di dichiarazioni la premier, in vista del vertice di maggioranza convocato per lunedì, decide intanto di mettere nero su bianco quella che deve essere la linea di tutto il governo. La premessa è che sulla sentenza della corte dell’Aja vadano fatti degli approfondimenti per capirne le motivazioni che, sottolinea, “dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”.

Ma “un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas”. Una presa di posizione che ha come obiettivo anche quello di mettere a tacere i distinguo e le voci in libertà nella compagine. Accanto alla posizione prudente di Antonio Tajani, c’era stata infatti la dichiarazione più netta di Guido Crosetto. Il ministro della Difesa, pur criticando il pronunciamento della Cpi, aveva aggiunto: “La sentenza andrà rispettata”. Ma soprattutto, a pesare è quanto detto da Matteo Salvini. Il leader della Lega è quello che si è spinto più avanti, arrivando ad invitare il premier israeliano in Italia dandogli il “benvenuto” perchè, avvisa, “i criminali di guerra sono altri”.

Parole che pesano negli equilibri internazionali alla vigilia del G7 dei ministri degli Esteri in programma a Fiuggi lunedì. Non è un caso infatti (forse anche dopo contatti con Chigi) che il leader della Lega cerchi poi di ammorbidire i toni invocando la condivisione delle decisioni: “Troveremo una sintesi – confida Salvini – il problema è a livello internazionale”. Chi sceglie di non esprimersi è la Santa Sede. Il Vaticano si affida alle laconiche parole del segretario di Stato Pietro Parolin: “Abbiamo preso nota di quanto avvenuto, ma quello che a noi interessa è che si ponga fine alla guerra”. Intanto, le dichiarazioni dei ministri e dei leader della maggioranza finiscono sotto il fuoco di fila delle opposizioni che vanno all’attacco.

Ma le tensioni sulla politica estera sono solo l’ultimo punto che si aggiunge ad una lista di nodi che Meloni dovrà sciogliere con i due alleati di governo nel vertice in programma per lunedì 25, prima della riunione del Consiglio dei ministri. Il ‘caso’ Netanyahu sarà uno dei temi che i tre leader del centrodestra dovranno discutere, ma altrettanto dirimenti, sono le decisioni da prendere sul versante interno. La sconfitta alle regionali ha alzato il livello dello scontro e, di conseguenza, le richieste di Lega e Forza Italia da inserire nella legge di Bilancio. Ufficialmente tra i partiti di maggioranza regna la concordia: “Ci incontreremo e risolveremo i problemi nel miglior modo possibile”, è la convinzione di Tajani a cui fa eco il vicepremier leghista: “Siamo in sintonia su tutto”.

Ma il taglio dell’Irpef, la flat tax per i dipendenti e la riduzione del canone Rai sono tre temi su cui da giorni è in atto un vero e proprio braccio di ferro. E la mancanza di un accordo ha fatto slittare alla prossima settimana le votazioni sul decreto fiscale. Alle richieste dei partiti si aggiungono i desiderata dei ministri. Un elenco impossibile da realizzare (visti i fondi a disposizione) su cui la premier dovrà dire una parola definitiva. In stand by invece resta la decisione sul successore di Raffaele Fitto.L’idea della presidente del Consiglio pare sia quella di tenere le deleghe a palazzo Chigi fino a gennaio, scavallando quindi la sessione di bilancio. Nessuna fretta anche anche perchè, raccontano nella maggioranza, per la prossima settimana è attesa anche la decisione dei giudici se rinviare o meno a giudizio la ministra per il Turismo Daniela Santanchè.

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